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ASPETTANDO IL GIRO. LA VALTELLINA E IL CICLISMO, STORIE DI VETTE AQUILE E CAMPIONI - 3
di Giuseppe Figini | 17/05/2025 | 08:17

Una terra, quella di Valtellina, che ha ospitato storici momenti di ciclismo, legati soprattutto al Giro d'Italia. E proprio in attesa dell'ennesimo pèassaggio e arrivo di tappa della corsa rosa, vi proponiano un viaggio in quattro puntate alla scoperta della Valtellina, delle sue montagne, della sua natura e, naturalmente, delle sue storie di ciclismo.

E proseguiamo la storia del ciclismo in Valtellina, seguendo l'ordine cronologico degli arrivi di tappa del Giro d'Italia.

MADESIMO – 1965
Tappa lunga, km. 285, con partenza da Saas Fee, in Svizzera, dove conquistò la vittoria Italo Zilioli, quella con arrivo a Madesimo che prevedeva il superamento dei passi Furka, il Gottardo, il San Bernardino e infine lo Spluga. In questa frazione l’elegante Vittorio Adorni, già in rosa da varie tappe, pose il sigillo per la sua vittoria finale per quel suo Giro dominato giungendo solitario al traguardo di Madesimo con distacchi rilevanti su Taccone e Bitossi che completarono il podio di giornata.

Lo Spluga è un passo storico, percorso due volte dalla corsa rosa, sempre dal versante elvetico, nel 1965 e poi nel 2021, che unisce la Valtellina, specificamente, la Valchiavenna alla Svizzera, con comune di Splugen che dà il nome al passo a quota m. 2.115. È situato nella zona di Thusis, nella valle del Reno, importante snodo viabile nell’ambientazione dell’antica Via Mala. La strada nella versione attuale è opera dell’ing. Carlo Donegani fra gli anni 1818 e 1821, “autore” anche dello Stelvio. Il versante italiano, con partenza da Chiavenna misura km. 30,2 e offre paesaggi suggestivi, con 54 tornanti, strette gole, e una pendenza media del 5,9% mentre quello svizzero, con 30 tornanti, presenta una lunghezza di km.8,8 e pendenza media del 7,4%. Madesimo è stata, in seguito, sede d’arrivo della corsa rosa nel 1987 con vittoria del francese Jean-François Bernard e, nel 2021, all’Alpe Motta, il siciliano Damiano Caruso.

BORMIO – 1960
I fari dell’attenzione spasmodica di corridori e appassionati si concentrano nel 1960 su un passo inedito, il Passo di Gavia, a quota m. 2618. Collega Ponte di Legno, in provincia di Brescia, nella Valle Camonica, a Valfurva, in provincia di Sondrio, nell’omonima valle, a est della conca di Bormio.
In origine era un impervio sentiero nella zona del gruppo Ortles-Cevedale ma, con il primo conflitto mondiale, per ragioni tattiche-strategiche, fu costruita una strada (si fa per dire…) con fondo sterrato, stretta carreggiata, caratteristiche che delineavano e definivano una notevole pericolosità.
Dopo gli anni 1950 iniziarono lavori di miglioramento e asfaltatura – a tratti – della strada ma spesso senza alcuna protezione a valle. Nel 1954, lungo il versante bresciano, il cedimento della carreggiata al passaggio di un camion militare, causò diciotto morti fra gli alpini a bordo e due lapidi ricordano i caduti.

Nei giorni precedenti il primo passaggio il cartografo del Giro d’Italia per oltre 50 anni, Cesare Sangalli, il mitico “C.San:” con Carlo Sironi, figura oltremodo schiva ma prezioso e strettissimo collaboratore di patron Torriani, rimasero sul posto diversi giorni per assistere all’avanzamento dei lavori che impegnarono pure, giorno e notte – letteralmente - anche molti valligiani volontari camuni e valtellinesi oltre al personale delle amministrazioni competenti.

Furono imposte molte restrizioni al passaggio dei veicoli a livello “corsa” trattandosi pure di vari veicoli con cilindrate non molto potenti e la consegna tassativa agli alpini e volontari disseminati lungo la salita che qualsiasi auto in difficoltà che ostruisse la carreggiata fosse fatta scivolare a valle senza molti indugi. La foto, iconica, del passaggio al GPM di Imerio Massignan, primo in vetta, è quella della seicento Fiat con a bordo il torinese Tino Rolle, presidente di giuria, proprio sotto il triangolo sventolante del GPM. Percorso con pioggia, nebbia e nevischio.

La strada ha un percorso tortuoso, carreggiata assai stretta, pendenze elevate e scarse protezioni per il lato a valle. Il versante di Ponte di Legno è stato completamente asfaltato negli anni 1990. Il versante valtellinese è più lungo ma con pendenze meno “cattive”. Il Passo è un agognato banco di prova per gli amanti della bicicletta adeguatamente preparati per affrontare un percorso oltremodo impegnativo, per spiriti forti e non facilmente impressionabili, in uno spettacolare paesaggio montano tuttora praticamente incontaminato con rilevanti peculiarità proprie per morfologia, flora e fauna.

Però la discesa, prevalentemente sterrata così come la salita, tradì, con due forature, “Gambasecca” Massignan che non era assistito dalla sua ammiraglia dato che era rimasta bloccata da seri problemi meccanici ancora prima dell’inizio del Gavia e fu superato nel finale dal lussemburghese Charly Gaul con il francese Jacques Anquetil che riuscì a salvare la maglia rosa per 28” dall’attacco portatogli con una discesa “a tomba aperta”, come dicono i francesi, del grande specialista Gastone Nencini. Anquetil vinse così il primo dei suoi due Giri d’Italia, l’altro lo conquistò nel 1964 prevalendo su Italo Zilioli. Le lacrime del “grimpeur” in maglia verde ramarro della Legnano ancor prima del traguardo furono assai giustificate.
Anche il Giro 1961 prevedeva il Gavia ma le condizioni atmosferiche fecero dirottare il percorso sullo Stelvio.

È però il 1988, il 5 giugno, quattordicesima tappa, breve, da Chiesa di Valmalenco-Bormio, che consegna il Gavia alla storia che non è esagerato definire drammatica del ciclismo etichettato come “epico”. I segnali di neve lungo il percorso erano già ben percepiti dalla partenza e una classifica assai “aperta” ai piani alti, con Franco Chioccioli in maglia rosa, alimentavano speranze in molti pretendenti. L’olandese Johan Van der Velde, in maglia ciclamino, andò in fuga all’inizio dell’ascesa, sotto la pioggia, che ben presto si tramutò dapprima in nevischio, poi neve fitta e, poco più in alto, una vera e propria bufera. Fu inseguito a salita iniziata dallo statunitense Andrew Hampsten della 7-Eleven i cui corridori, al contrario di molti altri, erano preparati a sopportare i disagi del freddo con adeguato abbigliamento e punti d’assistenza lungo la salita con vari indumenti asciutti e ristori caldi preparati dalla squadra. E quei disagi che diversi corridori non adeguatamente protetti seppero gestire e attenuare in salita, almeno in parte, lo pagarono con il sovraccarico d’interessi in discesa con strada innevati e gli arti praticamente congelati che non riuscivano più a governare la bici. Fu un susseguirsi di crisi improvvise, paralizzanti, che sconvolsero la classifica e di notevole confusione dello svolgimento di gara con vetture e moto alla ventura, senza gli abituali controlli esercitati da direzione corsa e giuria, che diedero adito al fiorire di molte e disparate “voci” al riguardo di quanto successe nelle retrovie soprattutto.

Hampsten, grazie anche alle misure preventive di protezione, giunge a Bormio con l’olandese Erik Breukink che vince la tappa ma il sorridente statunitense veste la maglia rosa che conserverà fino a Milano. È il primo extra-europeo che vince la corsa rosa.

La salita dal versante di Ponte di Legno, quella maggiormente impegnativa è stata scalata da un grande appassionato delle due ruote con tanti amici nel ciclismo, il rimpianto imprenditore parmense Tarcisio Persegona che, nel 2017, un anno prima della sua scomparsa nel 2018, all’età di 80 anni, frequentatore da una vita di Ponte di Legno, stabilì il record di 550 scalate del Gavia (e parecchie volte con andata a Bormio e relativo ritorno), oltre 250 volte il Mortirolo e – più o meno – 1000 scalate al Tonale, per scaldarsi la gamba.

Gli archivi ciclistici ricordano altre varie volte che il Gavia è stato inserito nella corsa rosa ed elle variazioni di percorso avvenute in corso d’opera per le condizioni atmosferiche soprattutto.

Ora la strada, sempre stretta comunque, è completamente asfaltata ma la storia e la leggenda l’hanno costruita i due primi passaggi che rimandavano al ciclismo antico, con drammi, avventure e disavventure connesse.

La cittadina di BORMIO, per valenze proprie, per strategica collocazione geografica, per lunga e articolata storia, per notevole patrimonio monumentale, per attrattive paesaggistiche e turistiche, oltre a numerosissimi passaggi di tappe è stata sede d’arrivo, oltre al 1953, 1960, anche nel 1961, nel 1988, nel 2000, nel 2004 e nel 2017, con costanza di vincitori ed episodi agonistici di primo rilievo.

Giro 1967 – 21a tappa TRENTO-TIRANO
Le condizioni meteo avverse costrinsero gli organizzatori a modificare la tabella di marcia prevista con passaggio dallo Stelvio o dal Gavia ma entrambi i passi risultarono intransitabili. La soluzione di riserva fu il passaggio del passo del Tonale (m. 1884) e poi dell’Aprica, quota m.1181, certamente non paragonabili per difficoltà a quelli in origine previsti.

La tappa si rivelò comunque determinante con Felice Gimondi che riuscì a isolare Anquetil, leader della generale, nel falsopiano fra i due passi e salendo l’Aprica, ascesa non impossibile ma di rapporto, gli strappò la maglia rosa che gli valse il suo primo successo nella corsa rosa. Al traguardo di Tirano, importante centro di varie attività nel fondovalle, con il suo noto santuario dedicato alla Madonna, vinse il toscano Marcello Mugnaini sui compagni di fuga.

Il passo dell’Aprica, a m. 1181, nel rinomato omonimo centro turistico invernale ed estivo che si allunga nel solatio altopiano, con molteplici possibilità di vacanze attive. Soprattutto dalla parte bresciana di Edolo, presenta pendenze assai morbide mentre da quello valtellinese sono maggiormente accentuate con due “accessi” dal fondovalle. La corsa rosa ha posto qui il traguardo dieci volte più un grande numero di passaggi, a motivo della sua strategica collocazione. È da ricordare in questa zona anche il passo di Santa Cristina, a quota m. 1429, inizia nella località di Stazzona e dopo km. 12,7 giunge al passo assommando una pendenza media che supera di poco l’8% e dal 1994, anno del suo esordio rosa, è stata strada di varie sfide di valore specifico, come già nel 1994, da corridori protagonisti di autentiche “imprese”.

3 - continua

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