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SLONGO. «VEDREMO UN NUOVO VINCENZO»
di Giulia De Maio | 30/01/2020 | 08:10

Dietro a due grandi campioni come Vincenzo Nibali ed Elisa Longo Borghini, le punte azzurre per gli im­portanti appuntamenti di questa stagione olimpica, da anni c’è lo stesso preparatore: Paolo Slongo. Il tecnico trevigiano, da quest’anno in forza alla Trek Sega­fredo, è fiducioso in vista di un anno impegnativo quanto importante per i due assi di casa nostra.

La prima impressione che hai avuto del nuovo team?
«Molto positiva. Ho avuto conferma dell’impressione che avevo dall’esterno: è una squadra che funziona bene, nella quale non ci sono invidie ma ognuno sa bene qual è il suo ruolo e lavora per l’interesse del gruppo. En­trare a farne parte fa piacere. Con Luca Guercilena e Josu Larrazabal, lo storico allenatore del team, ci conoscevamo già ma non avevamo mai lavorato as­sieme prima».

Con Vincenzo invece, vacanze a parte, non hai mai smesso di lavorare.
«Da metà ottobre, quando abbiamo di­sputato le ultime corse con la Bahrain, abbiamo staccato, soprattutto a livello mentale. Siamo stati negli Stati Uniti a novembre per gettare le basi della stagione e iniziare a pensare alla programmazione di un anno non facile, con un’Olimpiade e un mondiale adatti a scalatori e atleti di fondo. E prima c’è il Giro a cui partecipiamo per vincere. Far combaciare tutto è difficile, per riuscirci abbiamo valutato che alcune gare ci “serviranno” per arrivare pronti ad altre, bisogna fare delle scelte, non si può essere competitivi in tutte».

Come si trova lo Squalo con i nuovi ma­teriali?
«Bene. A inizio dicembre abbiamo svolto dei test in pista ad Apeldoorn, in Olanda. Abbiamo lavorato in primis per trovare la giusta posizione. I ri­scontri sono stati positivi e le pro­ve su strada ci hanno confortato sulla bontà delle intuizioni avute. L’obiettivo di trovare la miglior posizione anche con la bici da crono è stato centrato: resterà praticamente uguale a come era ma con le mani 3-4 millimetri più in alto. Questo mese torneremo in pista, a Maiorca, per un ultimo check prima di attaccare il numero alla schiena. Nelle varie aziende in passato esisteva un servizio corse, che fungeva da cuscinetto tra produttore e squadre, qui esiste ancora ed è un vantaggio non indifferente. Alla Trek c’è un gruppo di ingegneri che vogliono proprio avere il feed­back da atleti e tecnici, per poi fare migliorie concrete ai prodotti. Vincen­zo è curioso di testare nuove soluzioni e gli piace lavorare sugli aspetti tecnici, essere partecipe dello sviluppo è stimolante».

Come cambia il tuo lavoro in questa nuo­va realtà?
«Non molto, ma sicuramente posso confrontarmi con professionalità di eccellenza. Avere la consulenza per i test fisici dei tecnici del Centro Ri­cer­che Mapei Sport è un supporto in più e un’occasione per mettersi in gioco su nuove metodologie. Già con Luca, anche se ha cambiato ruolo, essendo nato come allenatore, ci si confronta spesso così come con Josu. Più teste insieme funzionano meglio che una so­la. Nel ritiro in Sicilia a dicembre ab­biamo svolto con Andrea Morelli e Mat­teo Azzolini dei primi test fisici importanti, che ci aiuteranno a valutare e migliorare il più possibile la forma degli atleti nel corso della stagione. Il confronto è sempre costruttivo».

Seguirai ancora più da vicino Elisa Longo Borghini.
«Sì. Rispetto al passato potrò essere ancora più presente e disponibile per lei, facendo parte della stessa “famiglia” sarà più semplice esserle di supporto. Se per esempio mi serve un’ammiraglia per raggiungerla per farle un test dovrò semplicemente incastrare i miei impegni con i suoi, la collaborazione sarà ancora più diretta».

C’è differenza nel lavorare con un atleta uomo o donna?
«Elisa ha un carattere forte e una spiccata sensibilità, forse con lei rispetto a Vincenzo devo essere più attento al lato psicologico, a cosa dico e faccio perché recepisce di più, mentre a un ragazzo a volte basta una pacca sulla spalla e via andare. Storicamente, per il “motore” che ha, la ritengo una delle migliori atlete di sempre. Magari non ha vinto tantissimo perché non è dotata di uno spunto veloce, ma sopporta bene grandi carichi di lavoro. A me piace far lavorare gli atleti, quindi ci troviamo bene».

Come sta Vincenzo? Ci è parso entusiasta della nuova avventura.
«L’appproccio con il nuovo team è sta­to super positivo, lui è entusiasta e di riflesso lo siamo anche noi. Trovare nuovi stimoli a 35 anni è importante. Quest’inverno l’ho lasciato più tranquillo, si è allenato in palestra con gli elastici e a corpo libero in un centro a Lugano a cui già si era rivolto nella passata stagione, prima del tempo non gli sono stato addosso con tabelle vere e proprie. Ormai sa come allenarsi. Dopo le feste abbiamo iniziato a lavorare con più metodo. Durante l’anno faremo più richiami in palestra con i pesi».

Ogni anno cambiate qualcosina, qual è la novità per la preparazione del 2020?
«La scelta di andare in ritiro in al­tura a Tenerife, nella zona del vulcano Teide, per due settimane proprio in questi giorni. In un primo momento io avevo pensato di non inserire lavori in quota all’inizio di stagione ma è stato lo stesso Vincenzo a chiedermi di prevederla. A ottobre, durante un lungo volo per Chicago, ha lasciato la business per sedersi tra me e il diesse Adriano Baffi in classe economica, approfittando di un posto libero tra noi. Avevamo un foglio bianco davanti e abbiamo ragionato insieme sui programmi. Ha visto che febbraio era un po’ troppo “libero” e ha chiesto un ritiro in più. Un segnale importante per far capire che ci tiene. Che è pronto a mettersi in gioco ancora una volta».

Il calendario è ormai definito: Giro, Olim­piade e Mondiale nel mirino.
«Il debutto sarà alla Volta Algarve, in Portogallo, dal 19 al 23 febbraio, che non ha mai disputato. Ci aspetta una stagione tutt’altro che banale, nella quale gli obiettivi sono spalmati lungo tutto il corso dell’anno. Nella prima parte ci concentreremo sulla corsa ro­sa, a metà sono in programma le Olim­piadi e alla fine i Mondiali. Come si fa ad affrontare così tanti impegni di altissimo livello? Pensando a una cosa per volta. Il Giro va preparato al meglio perché per essere competitivi lungo le tre settimane non si può lasciare nulla al caso. Gli altri due cerchietti rossi sono altrettanto im­portanti ma trattandosi di corse di un giorno “basta” essere in condizione e non pensare di doverla tenere a lungo. Ci sarà un’alternanza di forma, dopo il Giro bisognerà staccare un po’, per poi avvicinarsi tramite altre gare all’Olim­pia­de, seguirà quindi un’altra caduta di forma che verrà ri­presa per la Vuelta e il mondiale. Sarà una stagione di su e giù».

Rassicuraci, nonostante l’età avanzi sarà ancora competitivo?
«Sì, non ho dubbi. Il livello che ha dimostrato al Giro dell’anno scorso è raggiungibile e con un po’ di fortuna e una squadra ancora più forte... Con il passare degli anni il problema non lo vedo nel fisico, ma nella testa. Magari tra un anno e mezzo o due Vincenzo mi chiederà di correre più libero, come fa Valverde. A un certo punto della sua carriera dovrà tornare un po’ a come era agli inizi, un “cavallo pazzo”. Ci sarà un secondo o terzo Nibali che sarà sempre competitivo, ma non avrà l’assillo degli ultimi 10-11 anni in cui non è mai uscito dal podio dei grandi giri. Per lo spirito che ha, ora dimostra de­cisamente meno dei 35 anni che ha ».

da tuttoBICI di gennaio

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