C’è una squadra che non ha sponsor né patrocini, che non ha team manager né mental coach, che non ha addetto alla comunicazione né alle pubbliche relazioni, che non ha medici né massaggiatori, che non ha neanche le maglie, e quanto alle bici, se le fa da sola. C’è una squadra che non corre i giri né le classiche, ma corre la corsa di tutti i giorni: la corsa della vita. Si chiama Ciclofficina integrata e sta a Formigine, ma sì, la Formigine di Riccardo Riccò.
E’ una storia cominciata nel 2015, quando anche a Formigine furono assegnati – come altrove - profughi da accogliere, ospitare (in un albergo locale) e integrare. Formigine si spaccò in due, tra favorevoli e contrari, tra aperture e polemiche, tra dichiarazioni di solidarietà e manifestazioni di ostilità, finché il Comune, la parrocchia e la cooperativa che gestisce l’arrivo dei profughi hanno cercato di coinvolgere le associazioni locali, tra cui Rock No War e l’Unione sportiva Formiginese. E tra le idee, anche la bicicletta.
Perché la bicicletta? Perché la bicicletta è equilibrio e movimento, perché la bicicletta è tempo e spazio, perché la bicicletta è economia e risparmio. Perché la bicicletta non significa soltanto saperci andare, ma anche saperla riparare. Perché la bicicletta diventa autonomia, e anche lavoro. Perché la bicicletta è uno strumento di sport, di benessere e buonumore, di pace. Ed è a questo punto che – gennaio 2017 – è cominciata una specie di favola. E’ stato individuato un direttore sportivo: “Ciccio” Caluzzi, che ha passato la sua vita tra volontariato e bicicletta, e ora è pensionato. Sono stati scelti i corridori: una ventina di profughi, individuati dalla cooperativa e dal Comune. Sono stati trovati i collaboratori: i rivenditori di biciclette della zona, che hanno donato materiale per riparazioni, i cittadini, che superata la diffidenza iniziale hanno donato biciclette obsolete non più utilizzabili, e la canonica parrocchiale, che ha messo a disposizione un locale come officina.
Ed ecco la Ciclofficina integrata di Formigine, in cui i ragazzi sono artefici e fruitori, in cui restituiscono vita alle vecchie bici e con quelle girano, abitano, si spostano. E sorridono.
Marco Pastonesi