Un innaffiatoio per reclamizzare il negozio di un ferramenta. Una forbice e un pettine, incrociati come se fossero una falce e un martello, per segnalare il salone di un barbiere. Un enorme rubinetto per valorizzare la bottega di un idraulico.
Insegne: simboli, immagini, icone. Spulciando in biblioteca ho rinvenuto “Insegne pittoresche”, un libriccino del fotografo tedesco Wolfgang Lauter (EdiCart, 130 pagine, nell’anno della pubblicazione – 1980 – costava 28500 lire) dedicato a quella forma minima di pubblicità, ma massima di creatività.
Perché le insegne servono a richiamare, aiutano a fermarsi, spingono a entrare. Sono un po’ come gli specchietti per le allodole, come i “trailer” per i film, come le fascette per i libri.
Lauter aveva esplorato Germania e Svizzera, Inghilterra e Austria, Danimarca e Olanda, e fissato il busto di Napoleone per rappresentare una locanda austriaca, il disegno di un leone per caratterizzare una panetteria svizzera, il volto di una donna con cappello per illuminare una boutique tedesca. Sono arrivato, speranzoso, fino alle pagine 118 e 119, dove ho trovato, finalmente, le insegne di due negozi di biciclette: un uomo su velocifero per una bottega a Oxford, in Inghilterra, e una bici nuda per una fabbrica di biciclette a Faborg, in Danimarca.
La storia delle insegne prende una lunga rincorsa stramillenaria: egizi, ebrei, fenici, greci. Poi i romani: Cicerone menzionava una taverna, forse mal frequentata, con un’insegna che raffigurava un barbaro. Con gli alti e bassi dovuti ai successi commerciali e alle crisi economiche, ma anche alle mode, alle tendenze, alle tradizioni, allo spirito di iniziativa e agli slanci di fantasia, le insegne hanno continuato la loro opera di attrazione e seduzione, di allegria e allegoria. Botteghe di bici comprese.
PS Nella foto, l’insegna del negozio di bici (riparazioni e vendite) di via Solari a Milano. Era quello di Valeriano Zanazzi, ereditato da Filippo Zanazzi, adesso gestito da Rossignoli. Una bici che entra, una bici che esce, un viavai di manubri, un andirivieni di pedivelle, un traffico di copertoncini, un incrocio di storie, la vita a colpi di pedale.
Marco Pastonesi