Una bicicletta. Una bicicletta nuova, con un telaio cromato luccicante, un sellino nero e ampio, e pneumatici larghi e rossi a bassa pressione. Era il 1939: Edith fuggì dalla Germania di Hitler e si trasferì in Inghilterra, la sua bicicletta le fu spedita qualche tempo dopo. E lei, per sicurezza, le attaccò una targhetta. Finché la guerra le separò. Alla fine del 1945 Edith ricevette una cartolina con il sigillo della polizia, con la quale veniva invitata a recarsi al commissariato, e qui fu interrogata. “Ha mai posseduto una bicicletta?”. Edith la descrisse, e solo quando menzionò gli pneumatici larghi e rossi, i funzionari gliela riconsegnarono. Ma quegli pneumatici erano riconoscibili: tedeschi. E per il quieto vivere, Edith la vendette a un collezionista di cimeli di guerra.
E un monociclo. Gordon Lee, un restauratore di pianoforti, si separò dalla sua bellissima ragazza, andò in crisi, smise di lavorare, cominciò a viaggiare per gli Stati Uniti, treno e autostop, conventi e sacco a pelo, al verde. Spettatore di una strage stradale, invocò Dio: “Se avessi un monociclo…”. Il giorno dopo tornò sul luogo dell’incidente e trovò un monociclo. Ringraziò, lo prese e partì. Ma dopo un centinaio di metri aveva le caviglie già così torturate e sanguinanti che fu costretto a fermarsi e, preoccupato di essersi impadronito di qualcosa che non gli apparteneva, riportò il monociclo dove lo aveva trovato. Il monociclo rimase là tre giorni, poi sparì. E lui salì su un treno.
Le storie della bicicletta di Edith e del monociclo di Gordon Lee abitano fra le 126 di “Ho pensato che mio padre fosse Dio”, il libro in cui Paul Auster (“Trilogia di New York”, per dirne solo uno) ha raccolto, selezionato e riscritto testimonianze di vita dal cuore dell’America. Storie ai confini con la realtà, dove la realtà supera la fantasia, tra coincidenze astrali e incroci esistenziali, segnali fatali e regali divini, peripezie belliche e acrobazie postali, incontri miracolosi ed equivoci esilaranti. Il libro non è recente (Einaudi, 2001), ma queste storie non hanno scadenza, non conoscono limiti, non prevedono copioni. Trattasi di fatti eccezionali, anche se le eccezioni sono così numerose – almeno una, si direbbe, nella vita di ciascuno di noi – da dover essere riconsiderate, se non normali, almeno sempre possibili.
Tutto cominciò quando Auster, che teneva un programma radiofonico, chiese agli ascoltatori di spedirgli una storia. Ne ricevette quattromila e “quasi tutte le quattromila storie che ho letto si sono dimostrate avvincenti quanto bastava per farmi arrivare fino all’ultima parola”. Merito di “trame incredibili, svolte impreviste, eventi che rifiutano di obbedire alle leggi del buon senso”. Anche quella di una bicicletta tedesca dagli pneumatici rossi, larghi, a bassa pressione. Anche quella di un monociclo americano invocato, trovato, rubato, restituito e poi sparito. Storie, vite, racconti – questi - a pedali.
Marco Pastonesi