Due amici al bar, in bici, nel confessionale. Due amici a ricordare, raccontare, confidare. Due amici a tavola, al tavolo, al computer. Due amici ad ammettere, spiegare, lubrificare. Due amici colleghi, giornalisti, bergamaschi, uniti da una passione, il ciclismo, e separati dalla nascita, quarantanove anni, che per uno vale il Novecento, per l’altro il Duemila.
Due amici, Ildo Serantoni e Federico Biffignandi. Due amici che pedalano su e giù dalla tastiera, e che scrivono su e giù dalla bici. Ildo e Federico, tutti e due ammaliati dalla passione rotonda dei loro papà. Ildo, del 1940, fra Fausto Coppi e l’Atalanta, e Federico, del 1989, fra la favola di Franco Bitossi e la folgorazione di Marco Pantani. Ildo fra “Giringiro”, “Tuttosport” prima della “Gazzetta dello Sport”, e il settimanale “Lo Sport Illustrato” che durante Giro e Tour raddoppiava i numeri, e Federico fra tv e smartphone. Ildo sulla strada già nei Trofei Baracchi del 1950 e del 1951, e Federico in una tappa a Bergamo, sorprendendo se stesso nell’istinto di scippare il cappellino a un corridore, forse Laurent Jalabert. Ildo sedotto da Felice Gimondi nella tappa di Tirano al Giro del 1967, e Federico ammaliato da una notte in tenda sul Mortirolo al Giro del 2006. Ildo, che se il ciclismo fosse una montagna, allora lo Stelvio, e se fosse un luogo, allora Rocca di Papa, e Federico, che allo Stelvio aggiunge il Gavia e il Mortirolo.
E’ così che la maglia rosa diventa “La magia rosa”. Una cronocoppie, una fuga a due, una prova di inseguimento, o forse un’americana con i cambi a lancio. Serantoni resuscita Giancarlo Astrua, e Biffignandi ritrova Damiano Cunego, Serantoni rispolvera la maglia biancoceleste della Bianchi, e Biffignandi si emoziona davanti a quella gialla della Mercatone Uno, Serantoni recupera Egidio Marangoni, e Biffignandi esalta Paolo Savoldelli, Serantoni cita il Santuario di San Girolamo di Somasca sopra Vercurago nel Lecchese, e Biffignandi autocertifica il camino del salotto della casa del Falco, Serantoni rivela un panino imbottito di stracchino per Gimondi, e Biffignandi si concentra sul polpaccio di Ivan Basso tirato e di bronzo e sul labbro di Gibo Simoni che sporgeva in fuori. In questo ping pong cicloletterario - educato, affettuoso, popolare -, Gino Cervi detta i giusti tempi (Bolis Edizioni, 128 pagine, 14 euro).
Post scriptum. Quando si parla di scrittura, Ildo elenca le sue fonti: dalle radiocronache di Mario Ferretti ai pezzi di Emilio De Martino, dalla rivoluzione di Gianni Brera alla classe di Gianni Mura. Federico passa da Indro Montanelli a Fabio Genovesi passando per Marco Pastonesi. Pagine 71 e 72. Qui sussulto, rileggo, mi commuovo. Mi sento orgoglioso e inadeguato, fiero e colpevole, responsabile e incosciente. Poi decido di incassare: queste sono soddisfazioni vere, impagabili.
Marco Pastonesi