Franco Vagneur, che caricava tutto sulla Fiat 850, compresa una cesta piena di mele per il viaggio, e dalla Valle d’Aosta arrivava al pronti-via di notte, dormiva in macchina, e quella volta che l’organizzatore gli disse di andare a fare la colazione in una mensa, fu cacciato forse perché scambiato per un barbone.
Vito Di Tano, che sulla sabbia correva come se fosse sull’asfalto, e allora pregava che la neve e il ghiaccio si trasformassero in fango, perché gli altri si impantanavano e invece lui volava, anzi, andava come un treno, essendo il suo lavoro proprio quello del ferroviere.
Alfredo Vittorini, che segnava il percorso con una carriolina piena di calce, tipo campo da calcio, e ogni 50 metri ficcava una bandierina, tipo calcio d’angolo, confidando nella lealtà dei corridori ché non tagliassero il percorso, e la fiducia era ben riposta. Proprio Vittorini che organizzò una corsa nel parco di un ospedale, considerato un lazzaretto perché vi si curavano le malattie infettive, e fu un successo, apprezzatissimo anche dai pazienti, tant’è che la quarta edizione ospitò addirittura il campionato italiano.
E Valentina Scandolara, che non sapeva neppure come e quanto gonfiare i tubolari, e tutti quegli anni passati a sgambare nel fango le sono stati preziosi per imparare a correre, a vincere e, soprattutto, a vivere.
“Pedalare nel fango” di Carlo Gugliotta (Alba Edizioni, 134 pagine, 14 euro) è stato presentato ieri a “W la bici”, l’evento che festeggia la nuova sede della Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza alla Casa del Parco a Roma, grazie al sostegno delle Biblioteche di Roma e al contributo di Castelli e Sportful. Ed è un tuffo nel ciclocross, fra i tempi eroici di Renato Longo e quelli moderni delle sorelle Arzuffi, fra piccoli templi come Silvelle di Trebaseleghe e Solbiate Olona e grandi circuiti come quelli in Belgio e Olanda, fra chiacchierate con tecnici e meccanici e confidenze con campioni e sfidanti. Gugliotta, che da anni abita in questo piccolo mondo antico e familiare come responsabile della comunicazione del Giro d’Italia Ciclocross, salta dagli allenamenti alle gare, dalle paure alle gioie, dagli imprevisti alle vittorie, dai segreti ai comandamenti. “Se sei innamorato degli sterrati ghiacciati o fangosi – scrive Gugliotta –, se sei stato parte di quella grande famiglia che è il ciclocross, non puoi sentirti un ex”. E Marco Aurelio Fontana: “La mtb è più adrenalinica, c’è più un senso di velocità, è più ludica. La bici da ciclocross, invece, la paragono a un’arte: sei in mezzo a uno sterrato su una bici molto semplice, dalle gomme strette, e su di essa provi a disegnare una linea in mezzo al campo”.
Disegni, linee, traiettorie. Tele e telai, quadri e schizzi. Anche di fango. I diamanti brillano soprattutto nella melma.
Marco Pastonesi