Alberto era del 1915, Angelo del 1919. Alberto cominciò a correre per l’Unione ciclistica Sandanielesi, Angelo pure. Alberto era uno scalatore, Angelo pure. Da dilettante, Alberto conquistò il Campionato friulano assoluto e il titolo di campione del Triveneto, Angelo trionfò alla Bassano-Monte Grappa del 1938 (quattro anni prima dominata da Gino Bartali) e due volte nella Schio-Monte Pasubio.
Polenta e ciclismo, a casa Degano. Ad Alberto e Angelo, i fratelli corridori di Attimis, a una quindicina di chilometri da Udine, è dedicata una mostra ricca eppure semplice, affettuosa, generosa: “Pedalando nella leggenda: i fratelli Degano” (a cura di Matteo Giordano con la Pro Loco, aperta fino al 29 maggio, ad Attimis in via Roma 6). Quando si pedalava per passione e anche per fame, quando le stelle erano Toni Bevilacqua veneziano di Santa Maria di Sala, Giordano Cottur e Guido De Santi triestini, quando nacque la Wilier Triestina e così battezzata come l’acronimo di W Italia LIbera E Redenta.
Poi la Seconda guerra mondiale: Alberto alpino, Angelo aviere, Alberto trasferito a Roma come attendente di un generale, Angelo spedito a Pola come meccanico dell’Aeronautica, ma tutti e due sempre con la vocazione e la passione per il ciclismo, tant’è che, finita la guerra, Alberto ricominciò, ma fra gli amatori, Angelo ripartì, ma fra i professionisti. E c’era anche lui al via del Giro d’Italia del 1946, quello della rinascita, nella Wilier, come gregario di Bevilacqua e Cottur. C’è una bellissima foto in cui Angelo è ritratto, in testa al gruppo allungato in fila indiana. E alla sua ruota, proprio Bevilacqua, più “Labròn” del solito.
Ma non fu un Giro fortunato. Angelo si ritirò nella undicesima tappa, la Roma-Perugia: forse la benedizione di Pio XII si spense prima di poterlo raggiungere. Tornò a Udine in treno, poi saltò sulla bici per andare a casa, ma venne investito da una macchina, cadde a terra, si rovinò un ginocchio. E addio bicicletta. Anche suo figlio Ermes, vincente fra i dilettanti, appena firmato il contratto tra i professionisti fu bloccato da un infortunio al ginocchio. Si vede che era un destino famigliare.
Maglie, bici, giornali, foto dei fratelli Degano, soprattutto – il merito è del collezionista Renato Bulfon di Mortegliano – il Garibaldi del Giro del 1946 e una lettera inviata dalla “Gazzetta dello Sport”, prima di quel Giro, in cui si chiede “cooperazione”. Settant’anni dopo, Attimis – e il Friuli – ancora si prodiga nel cooperare, cioè aiutare, sostenere, valorizzare il Giro, anche con questo ricordo dei fratelli Degano. La tappa sarà quella di venerdì 20 maggio, la Palmanova-Cividale del Friuli: 161 km nella bellezza.
Marco Pastonesi