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CENTRO MAPEI. I segreti di Guarnieri
dalla Redazione | 31/03/2016 | 08:39

Per conoscere i segreti di Ja­copo Guarnieri, abbiamo in­contrato il suo preparatore Andrea Morelli. Quaran­ta­­duenne comasco di Cadorago, allievo di Aldo Sassi, al fianco del Professore sin dall’inizio dell’avventura Mapei, Morelli ha seguito durante la loro carriera campioni del calibro di Cadel Evans e Ivan Basso. Ricercatore e tecnico sportivo, responsabile del laboratorio di biomeccanica, al Mapei Sport Center si occupa in particolare delle analisi e dei processi di ottimizzazione della posizione in bicicletta e della pianificazione dell’allenamento.

Da quanto tu e Jacopo lavorate insieme?
«Dal 2012, questa è la quinta stagione. È venuto qui tramite Ivan Basso ed è il primo velocista con cui ho lavorato, pri­ma di lui avevo avuto a che fare solo con scalatori o uomini da corse a tap­pe. Collaborare con lui è una bella sfi­da, ho dovuto pensare ad un approccio diverso come preparazione e obiettivi, in base al modello fisiologico dell’atleta cambiano ovviamente i lavori specifici da svolgere e il suo feedback è fondamentale. Come quasi tutti gli atleti con le sue caratteristiche, si diverte facendo gli sprint ripetuti, non ama invece gli sforzi prolungati».

Che corridore è Jacopo?
«Passato professionista come velocista di riferimento, ha modificato nel tempo il suo modo di correre. Oggi è uno dei pochi lead out man che ha caratteristiche innate per svolgere questo compito. Sa leggere molto bene la corsa e pi­lotare in modo ottimale il suo capitano. Per allenarsi oltre a concentrarsi su fon­do e forza, svolgiamo lavori adatti al potenziamento più specifico delle ca­ratteristiche di un velocista, quindi sprint brevi e altri lavori intermittenti sulla forza massimale. Geneticamente è portato a ben sopportare sforzi anaerobici, ma anche questa qualità va allenata per produrre tanta energia in poco tempo».

Come si allena?
«Nei mesi invernali, nonostante la pau­sa dalle corse sia sempre più ridotta, dopo non più di quattro settimane si inizia la fase di fondo. Ci si allena in progressione per favorire il recupero e impostare le basi per iniziare a gennaio/febbraio lavori di intensità. La programmazione della preparazione di­pende dal calendario gare e dall’individualità. Kristoff per esempio lavora tanto, quando i suoi compagni si allenano con lui in ritiro possono rischiare di pagare le fatiche del training camp. Bisogna trovare un compromesso tra gli impegni di squadra e le reazioni personali, quello che piace fare a ciascun atleta e l’intensità dei lavori, per capire quando rallentare o aumentare il carico».

Come è cresciuto Guarnieri in questi anni?
«Ha caratteristiche fisiologiche importanti: ha una soglia superiore ai 400 watt e potenza di picco in volata superiore ai 1.500 watt, è alto 1 metro e 85 e il suo peso forma è di 78-80 chili. La sua percentuale di grasso si aggira tra il 4 e il 6%. Ma Jacopo è cresciuto anche dal punto di vista psicologico. Io sono molto esigente come preparatore, sono un rompiscatole, spingo molto sulle mo­tivazioni. Lavoro con pochi atleti alla volta proprio per poterli seguire bene. Jacopo ora ha acquisito maggiore consapevolezza nei suoi mezzi, sa che va forte e i dati dei test ce lo confermano: non ha mai iniziato una stagione così bene. Si è costruito un ruolo e lo svolge davvero bene, tanto che molte squadre lo tengono d’occhio».

Quali sono i suoi punti forti e deboli?
«È un ragazzo molto intelligente, gentile, professionale. Ormai sa come allenarsi e stare attento al peso. Lavora con il dottor Mondazzi, responsabile del Servizio di Nutrizione per lo Sport e del Servizio di Dietologia per il Wellness qui allo Sport Service Mapei, per quanto ri­guarda la nutrizione, ha imparato a gestirsi in corsa e fuori. In laboratorio non è stimolato a dare il massimo, vive un amore e odio con il test di massimo consumo di ossigeno, ma questo è un “difetto” che gli posso perdonare. A volte si pone dei limiti che non dovrebbe avere, ogni tanto se­condo me bisogna osare e sfruttare le occasioni che si presentano. Quando il leader non c’è. dovrebbe cercare di dare il massimo per fare in prima persona la corsa ma lui ha la mentalità ti­pica del gregario di lusso: deve sempre stare con il capitano, sia nelle giornate buone che in quelle no».

Dove può arrivare?
«Ha le caratteristiche per puntare a cor­se come la Roubaix, scherzando quando parte per il Belgio gli dico che si trasforma in “Van Prince”, visto che lo chiamavano Principe ed ama il nord. Potrebbe anche essere benissimo il velocista di punta di una squadra, ma ha scelto di lavorare per un campione sempre sul pezzo come Kristoff e questo lo spinge ad essere competitivo e costante a sua volta. La Katusha è una delle poche squadre che riesce a organizzare un vero treno e Jacopo, lo ha dichiarato più volte lo stesso Alex, è bravo nello svolgere il ruolo di ultimo uomo. Se uno ti lancia ai 70 km/h vuol dire che va forte».

Giulia De Maio, da tuttoBICI di marzo

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