“Fuori dal normale” è una delle espressioni che Carlo Beretta, presidente dello Swatt Club, ha usato ai nostri microfoni domenica commentando quanto compiuto dal suo team in quel di Gorizia. “Fuori dal normale” o, se vogliamo più sinteticamente “folle”, è anche come sarebbe stato etichettato chi, nel 2013, avesse provato a predire allo stesso Beretta che in una giornata di fine giugno, dodici anni dopo, una squadra di ciclismo con lui a capo avrebbe conquistato il titolo italiano su strada tra i professionisti.
Prima del 2013, infatti, la squadra oggi élite tesserata come club (a tutti gli effetti riconosciuta dall’UCI e autorizzata a disputare gare internazionali di livello .2) non esisteva e lo Swatt Club non aleggiava ancora nei pensieri di Beretta e Francesco De Candido (conosciuto con il soprannome di Kaiser) che però insieme, da appassionati di ciclismo e soprattutto compagni di discese con gli sci ai piedi, a quel tempo aprirono un blog chiamato Solowattaggio.
Sfornando fin da subito pensieri senza filtri, pareri taglienti e opinioni decise, i due sono riusciti in fretta a creare una folta community di appassionati che, in maniera viscerale e calorosa, hanno sposato la filosofia veicolata attraverso i post e gli articoli della loro pagina, una filosofia imperniata attorno all’agonismo e alla competizione come stile di vita.
Raccogliendo così sempre più seguaci e con l’idea di provare a rendere il mondo delle gare meno esclusivo e l’accesso a esso meno complicato, quattro anni dopo è nata l’Asd Swatt Club (dove Swatt è l’abbreviazione di Solowattaggio e va letto così come è scritto, ndr) che ha aperto l’universo delle manifestazioni endurance ai suoi affiliati permettendogli di sperimentare in prima persona l’ebbrezza e l’adrenalina delle competizioni.
In breve, i body e i completi marchiati Swatt Club, contraddistinti oggi come allora da linee essenziali, pulizia stilistica e un design minimal, sono diventati sempre più una costante sulle linee di partenza di granfondo, gare ultra, prove di triathlon e atletica certificando con questa presenza la dimensione di un fenomeno dai tratti assolutamente non locali e in continua espansione.
Tutto ciò, venendo ad anni a noi più vicini, ha portato lo Swatt Club a essere tra le prime squadre amatoriali del Paese per numero di tesserati e a vantare al suo interno anche atleti dal profilo di un certo rilievo. Su quest’onda, due anni fa, è sorto il pensiero di fare uno step ulteriore, un passo questo che l’anno scorso si è definitivamente concretizzato con la composizione di una formazione élite per prendere parte alle gare del calendario gravel.
Ritrovandosi però al proprio interno con elementi come l’ex Lidl-Trek Asbjørn Hellemose e il finalista della Zwift Academy Mattia Gaffuri e non potendo resistere al richiamo della strada, a metà 2024 vengono messe le basi per ampliare l’attività l’anno successivo. Tale intendimento non viene abbandonato nemmeno quando, a luglio, il danese ritrova un posto nel World Tour firmando con la Jayco-AlUla: Beretta e soci, infatti, vanno avanti reclutando tramite un form i futuri componenti dello Swatt Club 2025.
In questa fase, si decide di puntare volutamente su ragazzi in cerca di rilancio e non per forza Under 23 poiché chi ha in mano le redini del team è fermamente convinto che si possa fare sport di alto livello anche oltre i 24 anni e che si debba dare comunque una chance a chi possiede i numeri per gareggiare ad un certo livello.
Con un budget stimato per l’annata attorno ai 90 mila euro, si delinea quindi un roster internazionale di 16 ragazzi di età compresa fra i 18 e 33 anni che si dividono fra strada, gravel e mountain bike: ne fanno parte il campione europeo juniores 2020 Kasper Andersen (poi vincitore in primavera della Torino-Biella), l’ex TDT-Unibet Jordy Bouts, il due volte campione africano di cross country Alex Miller, l’ex Lotto e Q36.5 Filippo Conca e il già citato Gaffuri che, avendone le competenze, si prende carico della preparazione di quasi tutti i compagni.
Come dimostrato dai vlog che documentano le vicende della squadra (che, ricalcando alla lontana le orme della Tour de Tietema, decide di investire su un certo tipo di comunicazione ricorrendo alla presenza di videomaker in loco), il clima che si crea è fin da subito affiatato e familiare. Ciò che traspare dai ragazzi guidati in ammiraglia da Giorgio Brambilla (sì, quello diventato un volto noto grazie ai contenuti per GCN Italia prodotti assieme ad Alan Marangoni) è, a seconda dei casi, l’assoluta voglia di emergere, il dispiacere per non esser riusciti a centrare il risultato, l’esser esausti dopo aver sempre provato a dar tutto e, soprattutto, la passione per ciò che stanno facendo.
Non potrebbe essere altrimenti per ragazzi che corrono senza stipendio (alcuni di loro al massimo si terranno in dote la bici a fine anno) e che nel frattempo studiano o svolgono lavori part-time (il danese Oliver Knudsen, ad esempio, è impiegato in una ditta di saponi), ragazzi che non sono costretti a sfinirsi per star dietro a dei punti (e ciò consente loro di gestire meglio i blocchi di allenamento e arrivare più freschi ai pochi appuntamenti inseriti nel loro calendario), ragazzi che altrimenti abbandonerebbero la bici e i loro sogni: si corre per passione.
Quella passione che, in Swatt Club, si traduce in attenzione ai dettagli (l’equipaggiamento del team, sostenuto da partner come Giant, Lazer e Maurten, è di primissimo livello), scrupolosità nell’allenamento, serietà, ricorso agli studi scientifici e un supporto incondizionato da parte della propria fan base che più volte è stata additata come esagitata, montata e invasata (questi i commenti più comuni circolati a riguardo) ma che in realtà è animata da ciò che muove noi e tutti gli altri appassionati di ogni genere e età, l’amore per il ciclismo, declinato semplicemente in modalità differente.
Avrà sorpreso i più dunque il trionfo dello Swatt Club ai campionati italiani, qualcuno avrà anche storto il naso di fronte a una squadra definita di amatori che si porta a casa la maglia tricolore ma la verità è che il successo dell’ultimo weekend, meritato sul campo, poggia le basi su un progetto che non è nato settimana scorsa e che, per quanto piccolo possa essere, è tanto serio e professionale quanto animato da nobilissimi intenti (far sì che i ragazzi che ne fanno parte riescano a trovare un contratto e un posto al livello più alto) e sostenuto da un entusiasmo onesto e genuino.
Con queste qualità, che sicuramente non saranno sfuggite a chi da casa o in loco avrà visto gli uomini Swatt piangere, esultare e commuoversi per la vittoria di Conca, il team di Carlo Beretta e i suoi ragazzi hanno raggiunto vette (forse) irraggiungibili in futuro ma sicuramente sono riusciti a far passare il messaggio che “lo sport possa essere una marcia in più per la vita di tutti i giorni”. Quella marcia che, domenica, è valsa un’affermazione senza precedenti.