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BASTIANELLI & GUDERZO. «IL NOSTRO SOGNO E' TOKYO»
di Carlo Malvestio | 26/02/2021 | 07:50

Gli anni passano ma Marta Bastianelli e Tatiana Gu­der­zo non perdono la vo­glia di lottare per la maglia azzurra della Nazionale, quella della Alé BTC Lju­bljana e quella delle Fiamme Azzurre, il Gruppo Sportivo della Polizia Pe­ni­ten­ziaria di cui fanno parte. Anzi, ogni stagione che passa si ripropongono con sempre maggiore convinzione ad altissimi livelli. D’altronde sono due ex campionesse del mondo. Marta, 33enne romana di Lariano e ora residente in Abruzzo, lo ha vinto addirittura a Stoccarda nel 2007, quando aveva appena 20 anni, scegliendo il miglior modo possibile per farsi conoscere dal mondo del ciclismo. Tatiana, invece, marosticense di 36 anni, si è presa la maglia arcobaleno nel 2009, a Men­drisio.

Le due sono accomunate da una carriera ricca di allori, da una lunga militanza nelle Fiamme Azzurre e dal nuovo so­dalizio nella squadra della presidente Alessia Pic­colo. C’è però una grande differenza tra le due veterane: Tatiana ha partecipato a ben quattro edizioni dei Gio­chi Olimpici, da Atene 2004 a Rio 2016, mentre Marta è ancora alla ricerca della prima partecipazione. Ec­co quindi che Tokyo 2021 diventa un grande obiettivo per entrambe, una storica quinta Olimpiade per Guderzo e il meritato debutto a cinque cerchi per Bastianelli. «Il Mondiale o la me­daglia olimpica? Non saprei proprio scegliere» ammette Tatiana, che nel 2008 vinse il bronzo a Pechino. L’unica cosa certa è che anche quest’anno le vedremo vendere cara la pelle e rendere la vita dura alle colleghe più giovani.

Cosa vi resterà di questo travagliato 2020?
Marta: «Non è sicuramente stato un anno eccezionale. Oltre ai motivi che tutti conoscono, nel momento in cui so­no rientrata alle gare mi son beccata due virus, la mononucleosi e il citomegalovirus, che mi hanno costretta a saltare Giro d’Italia e tante corse importanti, e poi il covid in Belgio ha bloccato tutta la squadra. Insomma, un anno da dimenticare ed è anche per questo che non vedo l’ora di ripartire. Se ho smaltito i virus? Prima di volare in Spagna per il ritiro del team ho fatto delle analisi del sangue specifiche per vedere se erano rimaste tracce di mo­nonucleosi o citomegalovirus, e sembrava di no. Devo però dire che quando faccio carichi di lavoro importanti, di due o tre giorni, avverto un senso di stanchezza un po’ anomalo. I dottori mi hanno detto comunque di restare tranquilla e io mi fido, le prime gare dopo un lungo stop mi daranno le ri­sposte che cerco».
Tatiana: «Ah, perché è finito il 2020? A me sembra non sia ancora cambiato nulla. Personalmente il covid è stata una bastonata arrivata appena dopo un’altra bastonata, ovvero una brutta caduta al Tour Down Under 2020. Basta questo per dire quanto quello appena concluso sia stato un anno difficile. Però sono orgogliosa di come ho reagito, sia fisicamente che mentalmente, e stare un po’ a casa non mi è di­spiaciuto. Pecca­to che questo 2021 non sia cominciato tanto meglio, i primi giorni dell’anno mi è venuta una colica renale con infezione dei calcoli e sono appena ripartita. Sto facendo allenamenti differenziati per ritrovare la for­ma. Diciamo che con gennaio non ho un bel feeling».

Dopo tanti anni in gruppo, la voglia di andare in ritiro, di fare sacrifici, è sempre la stessa?
Marta: «La voglia è sempre tanta, spero che il mio fisico la assecondi e risponda presente. Ogni anno mi pongo degli obiettivi, cerchio di ros­so determinate gare e do tutta me stessa per arrivare pronta. Penso sia l’unico modo per non far pesare la distanza dalla famiglia e trovare sempre le motivazioni giuste. È stato così per il Giro delle Fiandre e il Campio­nato Italiano nel 2019. L’anno scorso, per esempio, sono stata quasi sollevata di non correre il Fiandre, perché nelle condizioni in cui ero sarei sprofondata subito come successo alla Liegi-Bastogne-Liegi, e proprio non mi andava. Certo, partire col numero 1 al Fiandre sarebbe stata una cosa più unica che rara, ma purtroppo è andata così. Quest’anno, neanche a dirlo, il grande obiettivo è andare ai Giochi di Tokyo. La mia prima Olimpiade...».
Tatiana: «Quando ero giovane, prima di andare in ritiro ero sempre agitata, avevo paura di prendere legnate in allenamento dalle atlete più mature. Adesso invece sono molto più tranquilla, ci vado con entusiasmo, e mi piace pensare di poter dare una ma­no alle ragazze emergenti. Mi hanno sempre detto che per imparare bisogna osservare chi ne sa più di te, e tutto ciò che ho appreso voglio metterlo a disposizione delle più giovani. Poi se sia brava in questo ruolo di chioccia non te lo so dire, bisogna chiederlo alle mie compagne...».

Sarà, si spera, l’anno delle Olimpiadi. Che sensazioni vi evoca questo evento?
Marta: «Il sogno di una carriera, l’ho inseguita per tanti anni e questa volta spero proprio di poter riuscire ad es­serci. Sarebbe una grandissima gioia per me, i miei cari, la mia squadra e le Fiamme Azzurre. Volevamo fare una ricognizione a Tokyo questa primavera, ma vista la situazione la vedo dura, visto che non so nemmeno se possiamo girare in Europa. Il percorso comunque mi sembra bello, aperto a molte soluzioni, per atlete resistenti, con una lunga salita al Mon­te Fuji che però è abbastanza lontana dal traguardo, quindi potrebbe arrivare anche un gruppetto in volata».
Tatiana: «La mia carriera sportiva si può dire stia quasi giungendo al termine e uno degli ultimi sogni è quello di partecipare alla quinta Olimpiade, sa­rebbe la chiusura di un cerchio cominciato addirittura ad Atene 2004, quando avevo 20 anni. Ci vorrebbe qualche bella prestazione nella prima parte di stagione per convincere il CT a convocarmi, anche perché i posti sono solo quattro. Dicono che alla maglia azzurra ci si abitui, ma non è affatto vero: io ogni volta che partecipo ad un Mon­dia­le o ad un Olimpiade sono emozionata come la prima volta. Con l’esperienza riesci a nascondere un po’ i tuoi sentimenti, ma l’adrenalina è sempre altissima. Le Olimpiadi, poi, sono indescrivibili, uniche, rappresentano lo sport e il sogno di tutti. E lo dico anche se non sempre si sono concluse in maniera positiva per me. La cosa più spettacolare è il villaggio olimpico, ti trovi a condividere lo spazio con Michael Phelps, Usain Bolt, le sorelle Williams. Tutti allo stesso livello. Magico».

La nuova generazione avanza: come si è evoluto il movimento femminile rispetto a quando voi eravate agli esordi?
Marta: «Credo ci siano stati dei buoni passi avanti. L’aspetto più importante, secondo me, è che molti team World Tour maschili abbiano aperto anche al ciclismo femminile, e questo ha fatto sicuramente bene a tutto l’ambiente. Io, personalmente, mi sento fortunata a far parte di un Gruppo Sportivo co­me quello delle Fiamme Azzurre, che ti copre le spalle che tu corra nel World Tour o meno. In più, mi sento fortunata a correre in una formazione World Tour e, di fatto, ho i diritti e i doveri di un professionista. Ciò che mi auguro è che queste formazioni WT abbiano progetti a lungo termine e lancino sempre più giovani, e allo stesso modo che i Gruppi Sportivi possano accogliere ancora più ragazze e ampliare il bacino del nostro movimento».
Tatiana: «È cambiato tanto, si è professionalizzato parecchio. Non si lascia più nulla al caso, gli allenamenti sono diventati più specifici, si è seguiti da preparatori, c’è maggiore cura nello scegliere i materiali e anche le gare sono diventate più lunghe e altimetricamente più complesse. Direi che c’è meno ignoranza, e le squadre ormai lavorano come quelle maschili. Devo però anche dire che tra le giovani cicliste c’è poco rispetto per chi è in gruppo da tanto tempo, non c’è senso del pericolo, e sono sicuramente più spavalde rispetto a quelle della mia generazione. Nel complesso, però, come movimento, credo che possiamo ancora crescere».

In Francia le cicliste sono professioniste, in Italia ci arriveremo mai?
Marta: «Ci possiamo arrivare, credo che siamo sulla strada giusta. È vero che non siamo ufficialmente professioniste, ma dall’altra parte abbiamo i Corpi Militari che invece all’estero non hanno in maniera così solida. Inoltre, essere in una squadra WT è come essere professioniste, abbiamo gli stessi diritti e doveri degli uomini, siamo tutelate, anche se ovviamente i contratti sono diversi. Io sono comunque fiduciosa».
Tatiana: «Giuridicamente non lo sia­mo, ma noi, io come credo tutte le mie colleghe, ci sentiamo professioniste a tutti gli effetti. Credo che dietro ci sia­no passaggi politici non banali che noi non conosciamo, quindi prima di fare la guerra per diventare professioniste penso sia giusto informarsi bene, perché a livello economico, di tassazione, di Gruppi Militari, molte cose cambierebbero».

Per quanti altri anni vi vedete in gruppo?
Marta: «Non molti anni, sinceramente. Ci piacerebbe allargare la famiglia, quindi intanto faccio quest’anno a tutta e poi vedremo cosa mi riserveranno i prossimi».
Tatiana: «Credo di poter dire la mia per altri 2-3 anni, però non ho intenzione di arrivare a 40 anni in bicicletta. Ho avuto una carriera sicuramente lun­ga e appagante. Dopodiché parlerò con i piani alti delle Fiamme Azzurre, mi piacerebbe rimanere in questo Corpo, dare il mio contributo e mettere a di­sposizione la mia esperienza per le più giovani. Mal che vada potrò lavorare con la Polizia Penitenziaria al carcere di Vicenza, quindi sicuramente qualche idea per il futuro c’è».

Che rapporto c’è tra di voi e qual è un ricordo che condividete con piacere?
Marta: «Abbiamo un ottimo feeling, siamo amiche, ci conosciamo da una vita e siamo delle vere e proprio veterane di questo mondo. Siamo insieme alle Fiamme Azzurre da tantissimi anni e l’anno scorso ci siamo ritrovate alla Alé BTC Ljubljana dopo una prima parentesi con la neonata MCipollini nel 2011 e 2012. Se penso al miglior mo­mento passato insieme mi viene in mente senz’altro il Campionato Ita­liano di Castellalto di due anni fa, quando ho vinto anche grazie ad un lavoro incredibile di Tatiana. Da quel momento ho fatto di tutto per portarla alla Alé, in modo da tornare a lavorare insieme».
Tatiana: «Anche per me il ricordo più bello è quel Campionato Italiano, cor­so in casa di Marta. Era l’unica occasione in cui potevamo gareggiare con la maglia delle Fiamme Azzurre quell’anno e l’ingranaggio ha funzionato a me­raviglia. Su uno degli strappi decisivi Marta aveva perso qualche metro, io sono rimasta con lei, ci siamo guardate e capite subito al volo, non abbiamo nemmeno avuto bisogno di parlare, nonostante Marta sia una che vive mol­to il momento. Sono riuscita a ricucire il gap con le prime e Marta ha vinto la volata. Un gran bella giornata e un ottimo ricordo».

Pregi e difetti dell’una e dell’altra?
Marta: «Tatiana ha un grande carattere e grinta da vendere, se si mette in testa un obiettivo difficilmente lo manca. Ma allo stesso tempo trasmette tranquillità, è una colonna portante della squadra, di lei al momento non possiamo fare a meno. Dovendo trovare un difetto dico che se si arrabbia son cavoli amari per tutti, farle cambiare idea è ben difficile».
Tatiana: «Marta ha una voglia di vincere e lavorare che ho sempre ammirato molto. Ha una determinazione incredibile, una testardaggine nel voler raggiungere gli obiettivi fissati che ho vi­sto raramente. Poi con gli anni ti aspetti che cali, e invece no, non molla niente. Un difetto è che forse ogni tanto è troppo sanguigna, si fa troppo condizionare dal momento e si innervosisce».

Le avversarie sono avvisate, le regine del ciclismo italiano non hanno intenzione di abdicare. Per almeno un altro anno, attenti a quelle due!

da tuttoBICI di febbraio

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