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THE RIDERS UNION, PARLA LUUC EISENGA. «VOCE AI CORRIDORI PER FAR CRESCERE IL CICLISMO»
di Francesca Monzone | 04/11/2020 | 12:54

Luuc Eisenga ha deciso di rivoluzionare e migliorare il mondo del ciclismo. Per farlo ha scelto di fondare un nuovo sindacato, ”The Riders Union”, che si affincherà al già esistente CPA. Eisenga ha raccontato in esclusiva a tuttobiciweb il percorso che ha portato lui e tante persone del mondo del ciclismo, a creare questo sindacato, il cui interesse è quello di poter far crescere il ciclismo e tutto quel mondo che gli gira intorno.

Come nasce questo suo progetto?
«La grande sfida del ciclismo è di sviluppare il ciclismo a 360°, per avere uno sport capace di ispirare i giovani e appassionare la gente sul bordo della strada. Per fare questo c’è bisogno della partecipazione di tutti. Abbiamo avuto così un gruppo di corridori che volevano un’associazione inclusiva, con la capacità di dar voce alle loro esigenze. Per questo è nato ”The Riders Union”».

Uno dei vostri punti forti è “One rider One vote”: può spiegaci meglio questo concetto?
“La sfida per sviluppare il ciclismo, deve essere una responsabilità da parte di tutti quelli che aderiscono. Quindi, ogni persona che voterà, dovrà avere parte attiva all’interno di quel determinato argomento, dell’oggetto di decisione».

Prima di creare un nuovo sindacato avete provato ad aprire un dialogo con il CPA?
«Naturalmente ci sono stati dei corridori che avrebbero voluto passare immediatamente ad un nuovo sindacato, mentre noi abbiamo preferito aprire un dialogo con il CPA, mirato a creare delle modifiche per soddisfare le esigenze urgenti di tutti i membri del ciclismo. Quando abbiamo parlato con il CPA, abbiamo provato a vedere se ci fossero le possibilità di effettuare dei cambiamenti, ma avevamo visioni diverse e per questo abbiamo deciso di intraprendere un nuovo percorso. Dopo un paio di mesi di trattativa abbiamo capito che c’era la necessità di creare qualcosa di nuovo».

Per capire meglio, il vostro intento è quello di sostituirvi al CPA?
«Assolutamente no. Noi vogliamo essere solo un soggetto alternativo. Il ciclismo è come la vita normale, dove le persone hanno libertà di aderire a quella associazione in cui si rispecchiano di più e il nostro intento è proprio quello di dare più possibilità di scelta per avere così prodotti diversi e speriamo migliori».

Possiamo quindi dire che fino ad oggi c’era stata una sorta di monopolio?
«La conclusione dello stato attuale delle cose è proprio questa. Però non voglio entrare nel merito di giudicare se questo fosse giusto o sbagliato, non compete a me dare questi giudizi, noi siamo convinti che ci sia spazio per due sindacati o più».

Quindi per voi la formazione di più sindacati a quale obiettivo è mirata?
«Sicuramente al miglioramento del ciclismo».

“The Riders Union” è di fatto un nuovo sindacato a tutti gli effetti nel mondo del ciclismo. I vostri punti forti quali sono?
«Prima di tutto ogni membro avrà diritto di voto attraverso una modalità elettronica fruibile anche a distanza. Poi la partecipazione attiva alle decisioni e obbligo di presenza attiva. Un altro aspetto importante per noi è la sicurezza, intesa sia dal punto di vista stradale che sociale e come stabilità del sistema del ciclismo. Quindi la partecipazione di tutti quei partner che hanno a che fare con il ciclismo. Questo è un lavoro indispensabile per far funzionare il nostro sport sia per i corridori, che per gli organizzatori delle corse».

Parlando di corridori e organizzatori, abbiamo assistito a forme di protesta sia al Giro d’Italia che alla Vuelta. Cosa pensa riguardo ai modi e alle motivazioni?
«Per ogni protesta ci sono due punti fondamentali: il contenuto della discussione e la forma. Riguardo al Giro, se una tappa di 250 chilometri viene fatta dopo una tappa di montagna impegnativa è un fatto, ma sorprendere un organizzatore 10 minuti prima del via è un’altra cosa. Quindi sulla forma i corridori hanno commesso degli errori, mentre sul contenuto avevano sicuramente più ragione. Il percorso si conosceva già da molti mesi e queste discussioni non andrebbero mai fatte sulla strada. Per la Vuelta la mia opinione personale, è questa: le regole non si dovrebbero mai cambiare in corsa. Penso che tutto si possa risolvere in anticipo, dando la possibilità a squadre e corridori di fare le loro strategie in gara. I dialoghi devono essere sempre costruttivi, con rispetto nei confronti di tutte le parti».

Quanti corridori avete già nel vostro sindacato?
«Siamo nel pieno della campagna di iscrizioni. Contiamo di arrivare ad almeno 200 tesserati entro fine anno e siamo sulla buona strada per raggiungere questo obiettivo».

Molti corridori importanti stanno già aderendo a “The Riders Union”, tra questi Froome ma non solo. Cosa può dirci?
«Froome è un ragazzo che ha grandi capacità di dialogo. Sa parlare nel momento opportuno, ma sa anche rimanere in silenzio quando non c’è nulla da dire. Per noi è un ottimo punto di riferimento sulle problematiche dei corridori. Comunque abbiamo corridori che si stanno iscrivendo da ogni nazione, Italia compresa».

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