Il primo fu il nonno: Luigi. Muratore, quando tornava a casa, saltava sulla bici e al chiaro di luna inanellava giri su giri – un giro 400 metri, come una pista di atletica - intorno alla vigna, finché scaricava le tensione, esauriva le energie e si riempiva di sogni ed eroi, da Coppi a Gimondi, da Malabrocca a Longo, chissà.
Il secondo è stato il papà: Alessandro. Ciclocross e mountain bike, 20 anni di agonismo con la bici in spalla o sulle ruote grasse, campionati italiani e mondiali, gare alle Hawaii e nel Vermont, secondo – per dirne solo una - ai Mondiali militari di ciclocross, poi sempre ciclismo, anche adesso, da allenatore, ai Carabinieri-Forestali.
Il terzo è lui: Filippo. L’altro giorno, alle Capannelle di Roma, ha già conquistato il suo terzo titolo italiano nel ciclocross: il primo da allievo secondo anno, gli altri due da junior. E pensare che stavolta ha vinto nonostante un incidente meccanico al cambio, forse incriccato dalla sabbia dell’ippodromo.
Filippo Fontana da Fregona, Vittorio Veneto. Uno che, giurano i tecnici, ha i numeri. Ecco quelli disponibili: 17 gli anni, 1,65 l’altezza, 53 i chili, 41 i piedi. Il resto è tutto da scoprire, anche il numero dei battiti del cuore, a riposo o alla soglia. Perché lui è fatto così: tutto da scoprire. Come se fosse sempre la prima volta. E il più curioso è proprio lui.
La prima volta in bici: “A un anno, era una bici verde, con le ruote di plastica, colorate, e le rotelline”. La prima volta senza le rotelline: “A due anni”. La prima volta su una bici da corsa: “A sei anni, era verde e aveva il cambio con le leve sul tubo obliquo”. La prima volta in corsa: “Sempre a sei anni, da G1, su strada, a Portogruaro. Eravamo in una ventina, sono arrivato terzo, in volata”.
E’ durato poco, quel primo Filippo: “La terza gara sono caduto e mi è passata la voglia. Basta, stop, fine. Mi era venuta paura, quella di scivolare, cadere, farmi male. Intanto provavo altro: pallacanestro, pallavolo, nuoto. Ma senza mai appassionarmene. Finché ho ricominciato da G6, complice mia sorella che iniziava a correre, e non ho più smesso”. Le sorelle, gemelle, quattro anni meno di Filippo: Beatrice, più per il ciclocross, e Camilla, più per la mountain bike.
Altre prime volte. La prima volta in cui Filippo ha vinto: “Da esordiente primo anno, a Vidor, vicino a Treviso, nella mountain bike, per distacco”. Era una doppia prima volta: “Perché era anche la prima volta che correvo con la mountain bike. Non mi aspettavo di vincere. E non mi aspettavo neanche di divertirmi così tanto. Quel giorno ho capito una cosa che mi ha sempre accompagnato: io corro per divertimento, per piacere, per allegria”.
E per divertimento, Filippo le ha provate tutte. Il ciclocross: “E’ una festa tra amici, anche gli avversari lo sono, tranne quando siamo in bici. Ed è una festa anche al freddo o sotto la pioggia o nella neve”. La mountain bike: “Le montagne”. La strada: “Andare, vedere, conoscere”. La pista: “E’ strana, affascinante, bellissima. E serve per imparare ad andare in bici e migliorarsi in tutte le discipline”. Insomma, il bello della bici? “Farcela a forza di gambe e di testa”.
Filippo che sembra quasi costretto a vincere: “Soltanto salendo sul gradino più alto del podio, riesco a essere alla stessa altezza del secondo e del terzo”. Filippo che ha i capelli a caschetto, tipo Beatles anni Sessanta: “Li lascio crescere fino a febbraio, poi li taglio a zero”. Filippo che non legge libri: “In tutta la mia vita ne ho letti solo due, ‘Amleto’ di Shakespeare e ‘Nel nome della rosa’ di Umberto Eco. Bellissimi”. Filippo che frequenta la quarta del liceo artistico: “Volevo fare qualcosa di diverso”. Perché Filippo non ha paura della diversità: “Nella vita vorrei distinguermi, lasciare una traccia, ma non so ancora come”. Ci riuscirà.
Marco Pastonesi