Durarono tre mesi. Si aprirono con il rugby, si chiusero con il polo. Furono quelle di Paavo Nurmi, cinque ori nell’atletica, e Johnny Weissmuller, tre ori nel nuoto e un bronzo nella pallanuoto, quelle di Eric Liddell e dei suoi “Momenti di gloria”, e ancora quelle del barone Pierre de Coubertin e dei suoi ideali olimpici. Parigi, Olimpiadi del 1924. Il cinema era muto, l’arte decorativa, nei caffè letterari scriveva Ernest Hemingway, il Tour de France era appena stato conquistato – per la prima volta – da un italiano, Ottavio Bottecchia.
Il ciclismo fu il penultimo sport a giocarsi i suoi titoli. Tutto in due giorni: sabato 26 e domenica 27 luglio. Tutto in un solo stadio: quello di Vincennes, a Parigi nel quartiere di Bercy, il velodromo per tutti semplicemente “La Cipale”. In programma, fra gli altri, i quartetti dell’inseguimento in pista sui quattromila metri. Quindici nazioni iscritte, dieci partecipanti. L’Italia presentava Aurelio Menegazzi, 24 anni, veronese di Buttapietra, Angelo De Martini, 27, veronese di Villafranca, Alfredo Dinale detto Fortunato, 24, veneto di Marostica, e Francesco Zucchetti, 22, lombardo di Cernusco sul Naviglio. La gara alterata dai forfait: chi, per mancanza degli avversari, non si qualificava negli scontri diretti, doveva competere in base ai tempi. Così gli azzurri passarono ottavi e quarti di finale correndo contro nessuno se non il cronometro e si qualificarono per le semifinali. Vittoria contro il Belgio. La finale contro la Polonia regalò l’oro.
Olimpiadi 1924 - Il quartetto d'oro dell'Italia
La passione per il ciclismo - che cosa c’era di più futurista? – contagiava la famiglia Zucchetti: Francesco, più sbrigativamente Franco, del 1902 e Alfonso del 1903. Pista e strada, strada e pista. Su pista velocità, inseguimento, mezzofondo, americana, seigiorni. Più talentuoso, Franco. La sua società era il Genova 1913, il suo anello il Sempione, il suo calendario contemplava classiche come la Coppa Caldirola. Nelle selezioni nazionali conquistò il posto nel quartetto. Dopo l’Olimpiade parigina, da professionista, gli si sarebbero spalancati i confini: una vittoria a Varsavia, una a Colonia, una a Marsiglia, alcune negli Stati Uniti. Poi il silenzio. Finché un concittadino, Tiziano Protti, scoprì nel cimitero di Trichiana, nel Bellunese, la tomba di Zucchetti, morto lì nel 1980. Per evitare l’ossario comune e restituire un campione al proprio paese, Protti si prodigò per riportare le spoglie a Cernusco sul Naviglio. E grazie anche all’amministrazione locale e al Genova 1913, ci riuscì. Era il 2016.
“Il giro del mondo in 5 minuti”, poco meno del tempo impiegato dal quartetto azzurro per vincere l’oro ai Giochi di Parigi nel 1924, è il titolo dello spettacolo teatrale ispirato e dedicato a Zucchetti. Scritto da Domenico Ferrari sul testo originario di Ermanno Zacchetti, recitato da Claudio Cremonesi, diretto da Rita Pelusio, va in scena stasera alle 21 nella Casa delle Arti di Cernusco. Ingresso libero con prenotazione. In platea, fra gli altri, Morena Tartagni e soci della Genova 1913