“’Avete presente le gare in bicicletta?’. Carnera offrì quella metafora al Basco, che non si perdeva una parola. ‘C’è un ciclista che va in fuga e il gruppo, il peloton, che sta indietro e lo insegue. Più veloci siamo, più costringeremo gli altri ad alzare il ritmo e fare in fretta. Questo è il nostro compito: accelerare, andare in fuga. E gli altri dietro’”.
Carnera è il Comandante, un omone grande e grosso, un anarchico spagnolo. Il Basco – il soprannome da un cappellaccio che si calcava in testa - un partigiano milanese, venti centimetri e vent’anni in meno. Stanno vivendo quei giorni della Liberazione di Milano, dal 23 aprile ai primi di maggio, in particolare il 29 aprile, che Paolo Maggioni ha trasformato in “Una domenica senza fine” (Feltrinelli, 208 pagine, 18 euro). La storia di Carnera e del Basco, ma anche di Ercole e del Dottore, di Marta la tranviera e Colpani la Voce, della signora Stella e dei bambini gemelli Zeno e Anita. Un romanzo, forse un docuromanzo, metà a colori e metà in bianco e nero, la fantasia saldata alla realtà, l’immaginazione fusa con la storia, un film dentro l’Istituto Luce, tra Mussolini e Petacci, il cardinale Schuster e Natalino Otto, il Teatro alla Scala sventrato dalle bombe e la Madonnina finalmente spogliata da drappi e teloni, Greppi sindaco di Milano e Serafino custode (capo del cerimoniale) di Palazzo Marino fino a “gentili radioascoltatori un buon pomeriggio da Milano, è Nicolò Carosio che vi parla”, cappotto e doppiopetto impeccabili, fino a un avvocato savonese sui cinquant’anni con la pipa, Sandro Pertini.
“’La vittoria è sempre rara. Noi siamo avanguardia’, replicò il Comandante, il viso che si era fatto tagliente come quello di certi corridori quando il vento batte contro e la salita non accenna a addolcirsi”. A vincere è Milano, quella descritta dall’itinerario del tram numero 24, quella dell’Isola e dell’arcivescovado, anche quella di piazzale Loreto. A vincere sono i milanesi, che dopo cinque anni escono di casa, vecchi e bambini, donne e reduci, fascisti pentiti e oppositori dell’ultimo minuto, irriducibili e voltagabbana, menefreghisti e curiosi. A vincere è la vita: “Ragazzi felici che piangono e ridono, salutano, hanno lo sguardo già proiettato sull’avvenire, che bastano a raccontare com’è andata e che la guerra è finita”.
“Una domenica senza fine” è attraversata dalle biciclette. Sembra di vederle, sembra di pedalare. Hanno il vento addosso, incorporato. Quelle del traffico autarchico, quelle delle staffette, quelle che simulano la normalità, quelle che sabotano l’occupazione, quelle che celebrano la vittoria, quelle che presto torneranno a correre con Bartali e Coppi, Zanazzi e Seghezzi. Vecchie, stanche, cigolanti, fedeli, naturalmente felici.
Maggioni è un giornalista radiofonico, da Radio Popolare a Rai News 24, una voce che si insinua fra i vicoli, entra nei tinelli, stana storie e narra avventure, una voce non ammette tempi – neppure i più brevi, perché anche i più brevi si allungano “senza fine” - muti. Qui cambia registro, accompagna, guida, dirige, inventa e riporta, scrive, e lo fa con semplicità e lo fa – per quanto possibile – con leggerezza, traslocando dal passato remoto al presente storico e immaginifico in un solo capitolo, se non il più bello, certo il più trascinante. E di tutto questo Maggioni deve essere orgoglioso.