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L'ORA DEL PASTO. VAN LOOY, BEHEYT E QUELLA BIRRA CHE...
di Marco Pastonesi | 24/12/2024 | 08:14

Mondiali di Ronse (in francese Renaix), in Belgio, 11 agosto 1963, professionisti. Pioggia, freddo, pavé. Fuga a tre: un francese (Henry Anglade), un irlandese (Seamus Elliott) e un italiano (Italo Zilioli). Vantaggio massimo 1’24”. I belgi - davanti a tirare c’è anche il capitano Rik Van Looy - inseguono e ricongiungono. Poi sole e vento, 28 al comando e volata finale. Van Looy parte lungo. Ma a una trentina di metri dal traguardo viene rimontato alla sua sinistra da un altro belga, un suo gregario, uno che dovrebbe essere suo gregario, Benoni Beheyt. Van Looy, d’istinto, o di mestiere, o di disperazione, si sposta neanche tanto leggermente sulla sinistra. Beheyt stacca la mano destra dal manubrio e l’appoggia tra il fianco e la schiena di Van Looy. Forse lo spinge. Via, dietro, davanti? Fatto sta che lo passa e, sarà il photofinish a stabilirlo, una decina di centimetri, lo sorpassa. Van Looy presenta reclamo. Il reclamo viene bocciato. Beheyt è il nuovo campione del mondo. Sul podio, Beheyt e Van Looy non si stringono la mano.
Van Looy, di Herentals, 29 anni, ha già vinto tutto quello che poteva vincere: classiche del nord, classiche italiane, tappe a Giro, Vuelta e Tour, perfino corse a tappe, campionati nazionali e, soprattutto, due Mondiali. Beheyt (Benoni in omaggio a un nonno italiano), di Zwijnaarde, 22 anni, ha vinto la Gand-Wevelgem e quattro corse minori. Ventotto giorni prima del Mondiale di Ronse, nell’ultima tappa del Tour, quella di Parigi, Van Looy ha vinto in una volata di gruppo proprio su Beheyt. Già da avversari, ma stavolta in squadre diverse: Van Looy per la Gbc-Libertas, Beheyt per la Wirls-Groene Leeuw.
I patti non sono chiari, a Ronse: Van Looy sosterrà che il patto era tutti per uno, lui, Van Looy; Beheyt preciserà che il patto era tutti per lui, Van Looy, fino all’ultimo chilometro, poi ognuno per sé. Uno strano patto, nella versione di Beheyt. Ma raramente la nazionale belga si è rivelata una squadra. Spesso si è divisa, frazionata, sciolta fra alleanze, complicità, fazioni, dovuti ad amicizie, parentele, interessi. Da Herentals a Ronse, i chilometri sono 120. Da Zwijnaarde a Herentals, una trentina. In mezzo, mille campanili.
Ho pensato subito a Beheyt, una settimana fa, quando è morto Van Looy. Perché Van Looy, da tirannico e despotico Imperatore di Herentals, a Beheyt non l’aveva perdonata. Affronto, oltraggio, tradimento. Il tradimento di Beheyt. Beheyt il Traditore. Già arrestato, già giudicato, già condannato e punito tre secondi dopo aver tagliato il traguardo. Nel filmato in bianco e nero della volata di Ronse, si vede un uomo che va incontro a Beheyt, gli assesta una spallata, poi si volta e s’incammina per andare da Van Looy. Probabilmente uno dei massaggiatori della nazionale belga.
Da quel giorno Beheyt, boicottato, sabotato, inseguito dai gregari di Van Looy ogni volta che tenta la fuga, vince poco o niente, finché a 26 anni partecipa a una corsa, a 27 anni a due, a 28 smette. Forse per la scarsa voglia di allenarsi, forse per seguire il suo negozio di bici. Ma non trova pace: pulendo un’arma, gli scappa un colpo, uccide il figlioletto. Tenterà anche di suicidarsi.
Ho conosciuto Beheyt nel 2007, alle classiche del Nord, inviato per “La Gazzetta dello Sport”. Alto, magro, distinto, elegante, con i capelli bianchi, Beheyt seguiva le corse in moto, una Yamaha scura: segnalava alla giuria il comportamento dei corridori, eventuali infrazioni, scorrettezze, irregolarità. E su quella stessa Yamaha andava e veniva dalla sua casa sul mare, a Wenduine, non lontano da Bruges, a est di Ostenda. Gli chiesi come si fosse innamorato del ciclismo. “Andavo a scuola in bici. Era sempre una gara, fra noi amici. Quando avevo 15 anni furono proprio i miei amici a incoraggiarmi: dai, non ti batte nessuno, sei il più forte, devi correre”. Rimaneva il problema di recuperare una bici da corsa. “Ci pensò mia nonna. Me ne regalò una vera, e nuova”. Pronti, via. “La prima che vinsi fu Poeke-Nevele. Avevo 16 anni. Ci presi gusto. Andavo bene”. Avrebbe continuato a vincere. Da allievo, junior, dilettante, fino a professionista. “Di tutte le vittorie quella che amo ricordare, nonostante tutto, è proprio il Mondiale”.
Un Mondiale maledetto. Si racconta che alla vigilia della corsa fosse stato stretto un patto tra i corridori belgi per sabotare Van Looy. Si racconta che di quel patto Beheyt non sapesse nulla: lui non era neanche considerato capace di realizzare una simile impresa. Si racconta che il principale avversario di Van Looy fosse Gilbert Desmet, non a caso scattato a quattro chilometri dall’arrivo, non a caso cugino di Beheyt.
Infine a Beheyt domandai di Van Looy. “Me la giurò. Ma io ero in buona fede. Non volevo batterlo, non volevo vincere. Ero lì per aiutarlo. Per anni non mi rivolse la parola. Adesso le cose vanno meglio. Ci incontriamo due o tre volte l’anno, ci diciamo buongiorno e buonasera”. Due anni fa Beheyt osò presentarsi al Gran Prix Rik Van Looy a Herentals. C’era anche Van Looy. Pare che l’Imperatore e il Traditore si siano salutati e poi abbiano bevuto una birra insieme. Pace, tregua, armistizio, prescrizione, condono, grazia… Chissà.

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