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LUTTI NEL CICLISMO, QUANDO LA MORTE DIVENTA PROTAGONISTA
di Paolo Broggi | 16/06/2023 | 14:30

La morte di Gino Mäder è l’ultima di uno sport nel quale la componente pericolo - nonostante tanto si sa fatto e si stia facendo per la sicurezza dei corridori - è sempre presente.

Praticamente impossibile dire chi sia stato il primo corridore di questa lunga lista, in tempi pionieristici tanto è successo e le cronache spesso raccontavano poco o nulla delle gare su strada, tanto è vero che le prime notizie riguardano decessi avvenuti all’interno di velodromi, come quelli del francese Paul Dangla e dello statunitense George Lander avvenuti nel 1904. Al Velodromo d’Hiver muore nel 1918 Luigi Dragoncello, francese di chiara origine italiana, che cade a causa dell’improvvisa rottura di un pedale. Nel 1923 a perdere la vita il tedesco Adolf Huschke durante la Rund um Berlin e tre anni più tardi, nel 1926, lo scoppio di una gomma causa la caduta e la morte del francese Gustave Ganay al Parco dei Principi di Parigi.

E poi ancora nella prima metà degli anni Trenta il francese Aubert Winsingues, il belga Georges Iemarie, lo svizzero Emi Richli, lo spagnolo Josep Nicolau fino ad un altro spagnolo, Francisco Cepeda che il 14 luglio 1935 cade nella discesa del Lautaret durante la settima tappa del Tour de France e detiene il triste primato di primo corridore a perdere la vita sulle strade del Tour de France e di un grande giro in generale.

Prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, si annotano le tragiche scompare del francese André Raynaud, investito da una moto durante una gara di mezzofondo, e del suo connazionale Adrien Buttafuochi, colpito da un’auto che saliva in senso contrario mentre era impegnato nella discesa dell’Esterel durante il Gp d’Antibes.

Nel 1948 il belga Richard Depoorter perde la vita il 16 giugno schiantandosi contro il muro di un tunnel al Giro di Svizzera. L’anno successivo il ciclismo dice addio ai francesi Leon Livello e Paul Choque e al tedesco Paul Krolle, nel 1950 all’altro transalpino Camille Danguillaume investito da una moto durante il campionato nazionale.

Il 29 giugno 1951, poche ore dopo una caduta al Giro del Piemonte, perde la vita Serse Coppi.

Il 20 maggio 1952, la prima vittima nella storia del Giro d’Italia: Orfeo Ponsin muore dopo aver urtato un albero durante una discesa nei pressi di Bracciano, durante la quarta tappa da Siena e Roma. Il 1° ottobre 1956 muore il campione belga Stan Ockers dopo una violenta caduta sulla pista del palazzetto dello sport di Anversa.

Lutto anche ai Giochi Olimpici di Roma 1960: il 26 agosto durante la 100 km a squadre, il danese Knud Enemark Jensen, vittima di un colpo di calore, cade e finisce in coma per  morire poco dopo.

Il 5 maggio 1961 muore al Giro di Germania il corridore abruzzese Alessandro Fantini, caduto nella volata della sesta tappa. Quella del 13 luglio 1967 è una delle morti più tristemente famose della storia del ciclismo: sul Mont Ventoux, durante la 13a tappa del Tour de France, perde la vita il britannico Tommy Simpson. Pochi giorni più tardi, il 39 luglio, lo spagnolo Valentin Uriona muore dopo una caduta al campionato nazionale.

Il 28 agosto 1968, dopo aver colpito uno spettatore durante un criterium a Zingem, in Belgio, perde la vita il francese Jose Samyn. Il 15 marzo 1971 muore un campione del mondo: colpito frontalmente da un'auto in piena corsa durante il Gran Premio della fiera di Retie, perde la vita il belga Jean Pierre Monseré.

Nel 1976 torna la morte al Giro d’Italia: il 21 maggio, dopo una caduta durante la prima tappa, si spegne lo spagnolo Juan Manuel Santisteban. Vittima di una caduta causata da un cane, il 10 maggio 1984 sulle strade della Volta ao Algarve, muore il portoghese Joaquin Agostinho.

Al Giro d’Italia del 1986, Emilio Ravasio cade durante la prima tappa e si spegnerà dopo due settimane di agonia. Nel 1987 muoiono lo spagnolo Vicente Mata, investito da un’auto durante il Trofeo Puig, e il belga Michel Goffin, finito in un burrone al Tour du Haut Var.

Il 18 luglio 1995 è la data tristissima della morte di Fabio Casartelli lungo la discesa del Col du Portet d’Aspet.

Quattro anni più tardi, nel 1999, lo spagnolo Manuel Sanroma muore per una caduta all Giro di Catalogna e nel 2000 il suo connazionale Saul Morales viene investito da un camion durante il Giro dell’Argentina.

Il 12 marzo 2003 il kazako Andrei Kivilev muore dopo un grave incidente durante la seconda tappa della Parigi-Nizza. Sarà in seguito a questo decesso che la Federazione internazionale renderà finalmente obbligatorio l’uso del caso in gara.

Il 15 giugno del 2005, colpito da un arresto cardiocircolatorio, perde la vita alla Subida al Naranco il toscano Alessio Galletti.

Il 26 novembre 2006 lo spagnolo Isaac Galvez vola addosso ad una ringhiera durante la Sei Giorni di Gand , batte la testa e muore durante il trasporto all’ospedale.

Il 9 maggio 2011 un’altra tragedia al Giro d’Italia: vittima di una caduta nella terza tappa del Giro d'Italia, muore il belga Wouter Weylandt.

Il 27 marzo 2016, travolto da una motocicletta durante la Gand-Wevelgem, si spegne il giovane belga Antoine Demoitié. L’8 aprile del 2018, colpito da infarto durante la Roubaix, perde la vita un altro giovane belga, Michael Goolaerts.

L’ultimo nome di questa lista - chiaramente incompleta e che non tiene conto di tante tragedie avvenute nelle gare femminili e giovanili - è quello di Bjorg Lambrecht, il giovane belga della Lotto Soudal che il 5 agosto del 2019 al Giro di Polonia perde il controllo della bicicletta a causa di un occhio di gatto, cade a bordo strada e picchia violentemente la testa contro il ponticello in cemento che scavalca un canaletto di scorrimento delle acque.

Ora a questa lista, che ci auguriamo di non dover mai più aggiornare, si aggiunge il nome di Gino Mäder.

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