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LA SCELTA DI RENATO DI ROCCO: «NON MI CANDIDO, LASCIO SPAZIO A FORZE NUOVE»
di Francesca Monzone | 04/12/2020 | 07:30

Il presidente della Federciclismo Renato Di Rocco non si presenterà alle prossime elezioni. Nell’intervista in esclusiva concessa a tuttobiciweb, il numero uno del ciclismo italiano e vice presidente dell’UCI ha voluto fare un bilancio di questo ultimo anno segnato dal Covid, spiegando anche le motivazioni che lo hanno portato a non candidarsi per un nuovo mandato.

Siamo già in campagna elettorale e in molti si chiedono quali saranno le sue intenzioni. Si candiderà per un nuovo mandato?
«Ho riflettuto bene su questo, ma non mi presenterò alle prossime elezioni. Penso che sia giusto lasciare il posto ad altri, ma posso dire che mi piacerebbe che al comando della FCI ci sia qualcuno che conosca bene l’ambiente, che possibilmente abbia già ricoperto un ruolo dirigenziale e con le capacità di portare avanti tanti progetti importanti che sono già in piedi, aggiungendo qualcosa di innovativo».

Lascerà anche l’incarico all’UCI?
«In questo caso sono costretto a farlo per limiti d’età, seguendo la regola dei 70 anni come avviene anche per il CIO. Per cui a settembre mi fermerò, ma abbiamo un ottimo candidato con Enrico Della Casa, l’attuale segretario dell’Unione Europea del Ciclismo, che spero possa entrare al mio posto, in modo da non perdere potere in ambito internazionale».

Il 2020 è stato un anno particolare.
«Sono stati sicuramente mesi molto impegnativi a causa del Covid-19, ma bisogna guardare anche agli aspetti positivi. Non dobbiamo dimenticarci che siamo riusciti a correre tutte le gare e che l’Italia ha ospitato un meraviglioso Mondiale. A luglio abbiamo dato un nuovo via alle gare di ciclismo e ad agosto siamo ripartiti con le gare World Tour. Quindi direi che nonostante tutti i problemi siamo riusciti a fare grandissime cose».

In questa stagione abbiamo visto il consolidamento di alcuni corridori, ma anche l’affermazione di molti giovani. Come stanno lavorando le nostre regioni?
«Le grandi regioni del ciclismo stanno continuando a lavorare bene, ma se devo guardare i numeri statistici l’Emilia Romagna è stata la regione ad aver offerto più giovani, anche in campo femminile con Collinelli. Soffermandoci su regioni con atleti da alte prestazioni, allora devo guardare Lombarida, Veneto e Piemonte. Se poi devo fare un’analisi dei numeri in orizzontale, devo prendere ad esempio i comitati di Treviso, Bergamo e Brescia. Abbiamo la pista di BMX delle Giovani Marmotte a Bergamo che sta richiamando tantissimi giovani, Brescia ha una squadra satellite per i giovani della pista e poi c’è anche la pista a Verona».

Abbiamo elogiato regioni al Centro e al Nord Italia: che situazione abbiamo al Sud?
«Il ciclismo sta crescendo bene e ovunque e vorrei portare l’esempio di Noto con la riapertura della pista. Da Messina a Ragusa abbiamo avuto ottimi corridori e mi sento di dire che si dovrebbe investire di più in questa regione, in particolare nei mesi invernali, perché grazie alle temperature miti è possibile allenarsi anche nei periodi più freddi».

Se dovesse assegnare delle medaglie per i risultati ottenuti, chi premierebbe?
«La prima medaglia la assegnerei a Imola per i Mondiali di settembre. Dobbiamo ricordarci che solo il ciclismo su strada ha disputato il Mondiale. Il presidente del Cio Bach anche la scorsa settimana le riunioni che ha avuto ha elogiato il lavoro fatto ad Imola. Un’altra medaglia l’assegnerei ai nostri giovani che stanno crescendo molto bene e che possiamo vedere già in chiave olimpica pensando a Parigi. Premierei sicuramente Fiorenzuola per essersi messa a disposizione per ospitare i Campionati Europei Pista Junior e Under23 dopo la rinuncia del Portogallo. Naturalmente anche Filippo Ganna ed Elisa Longo Borghini per i risultati al Mondiale. Ma una medaglia particolare la vorrei dare alle nostre ragazze della pista che ai Campionati Europei hanno portato risultati straordinari. Le donne hanno conquistato 9 medaglie contro le 5 degli uomini».

Si dice che i nostri atleti quando indossano la maglia azzurra acquisiscono ancora più forza, è così?
« E’ verissimo questo, basti pensare che noi abbiamo pochi uomini e donne capaci di vincere a livello individuale, ma i successi riusciamo a ottenerli ugualmente facendo gruppo in azzurro. Questo è uno dei punti di forza delle nostre nazionali: il senso di appartenenza legato alla nostra maglia. Il senso di appartenenza lo vediamo anche attraverso i corsi di primo, secondo e terzo livello istituiti dalla Federazione nel periodo del lockdown. Abbiamo tanti atleti azzurri che spontaneamente si sono iscritti, per costruirsi un post carriera. Tra questi mi vengono in mente Guderzo, Viviani, Cima e Lechner ma sono stati davvero tanti».

Parlando di ciclismo femminile a che punto siamo in Italia?
«Lo abbiamo appena visto con la pista, le nostre ragazze sono forti e abbiamo un gruppo di giovani che porteremo avanti per tanti anni. Poi ci sono atlete come Longo Borghini e Bastianelli che portano lustro al nostro ciclismo con successi individuali importanti. Non dobbiamo dimenticarci poi, che l’unica squadra World Tour italiana è la Alè BTC Ljubljana della presidente Alessia Piccolo. Direi che l’Italia al femminile è una garanzia che da tanti anni continua a regalarci emozioni e risultati importanti».

Nel ciclismo mondiale sta prendendo forma un nuovo sindacato corridori, The Rider Union, guidato da Luuc Eisenga. Cosa pensa?
«Penso che stiano facendo male, perché l’organizzazione riconosciuta a livello mondiale è l’UCI e all’interno ci sono tutti i settori in cui è data a ognuno la possibilità di dialogo, con l’assemblea dei corridori che ha eletto Gianni Bugno e tutti gli altri rappresentanti dei corridori. Prima di parlare di un altro sindacato, parlerei di Velon, società che si è messa già da qualche anno sul mercato. Una società formata da un certo numero di squadre che sta cercando di intercettare risorse nuove, molto spesso con metodi discutibili. Comunque questo più che un secondo sindacato mi sembra un’agenzia di lavoro, si pongono sul mercato per creare opportunità per gli atleti e si prendono laute percentuali, un approccio sicuramente diversio rispetto a quello del CPA».

Per quanto riguarda il doping c’è stato chi ha sostenuto che quest’anno sono stati fatti meno controlli. E’ così?
«I corridori nel ranking sono stati controllati tutti regolarmente. Non siamo noi a livello di Federazione che effettuiamo i controlli, ma la Nado Italia e so che sono stati eseguiti anche molti controlli a sorpresa e che molti di questi erano mirati, anche sulle basi dei controlli fatti l’anno precedente. Ad esempio quel corridore che lo scorso anno ha avuto un risultato dubbio, poi è stato seguito con ulteriori controlli mirati in questa stagione».

Guardando i numeri delle qualificazioni olimpiche, c’è ancora molta disparità tra uomini e donne. Sia l’UCI che la Federciclismo si stanno impegnando a colmare questo divario: in che modo?
«Per accedere alle Olimpiadi bisogna avere delle prestazioni alte, quindi si parte già dal presupposto che c’è una selezione sportiva. L’Uci cerca di adeguare il più possibile le situazioni, in Svizzera poi c’è un centro mondiale, con palestra, foresteria e pista che ospita i ragazzi delle nazioni che stanno seguendo dei programmi di crescita sportiva. Ad esempio c’è anche una squadra continental femminile sponsorizzata dall’UCI. Poi l’Italia si è esposta in prima persona per far arrivare la nazionale femminile di ciclismo dell’Afghanistan nel nostro Paese. Le ragazze verranno ospitate in Emilia Romagna e, attraverso il supporto dei nostri tecnici, potranno apprendere nozioni importanti e imparare tecniche che porteranno nel loro Paese, dove continueranno ad allenarsi e a crescere, sperando di farle arrivare a livelli competitivi internazionali».

Cosa sta succedendo con le scorte tecniche?
«La polizia non ha organico, per tanto si è deciso di istituire delle scorte tecniche ed è proprio il disciplinare del Ministero che riconosce queste figure. Abbiamo fatto corsi di formazione qualificati, organizzati insieme alla polizia, sono corsi di alto livello e a livello di sicurezza in gara non cambia assolutamente nulla. Comunque il disciplinare riguarda prevalentemente le corse amatoriali, dove in ogni caso era già stato applicato».

Siamo vicino alle festività natalizie: cosa le piacerebbe ricevere come regalo?
«Io sono romano e mi piacerebbe poter rivedere il Gran Premio della Liberazione e anche il Giro del Lazio».

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