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FROOME. IL RITORNO, LA VUELTA, LA COMMOZIONE, LA ISRAEL E... OVVIAMENTE IL TOUR
di Francesca Monzone | 11/11/2020 | 08:00

Con la Vuelta di Spagna è sceso il sipario sull’era Chris Froome e Sky – Ineos Grenadiers. Sono stati 11 anni in cui il keniano bianco è diventato l’uomo dei record e il corridore più vittorioso della sua epoca. Negli 11 anni, prima con la Sky e poi con la Ineos, ha conquistato 46 vittorie, diventando il primo britannico a firmare tutti e tre i grandi giri ed anche il primo a conquistare il Giro d’Italia e la Vuelta di Spagna. In totale sono stati 7 i grandi giri che ha vinto, con 4 Tour de France, due Vuelta di Spagna e un Giro d’Italia. Domenica a Madrid per il keniano bianco è stato un giorno dalle forti emozioni, ha ricevuto il premio per la vittoria alla Vuelta del 2011, dopo la squalifica di Cobo decisa lo scorso anno dall’Uci per doping, e poi ha dato l'addio a quella squadra che lo ha reso uno dei più grandi corridori di sempre. «Devo dire grazie alla Vuelta, perché è stata una sensazione che non dimenticherò più, quella di ricevere il premio del 2011. Sarà per sempre uno dei ricordi più belli che porterò con me. Quella Vuelta alla fine è stata la mia prima vittoria in un grande giro, una corsa in cui ho imparato molto: dovevo aiutare Bradley Wiggins in montagna, poi iniziai a prendere fiducia e anche la squadra decise di credere in me».

Quell’anno Froome si mise in mostra, vincendo anche una tappa, arrivò secondo nella generale dietro a Cobo, squalificato, e davanti a Wiggins.Per molti Froome è stato un miracolato, sopravvissuto all’incidente al Criterium del Delfinato a giugno del 2019. A 55 km orari, finì contro un muretto, riportò una frattura aperta e scomposta al femore destro, la frattura del gomito e seri danni interni. Perse molto sangue e restò ricoverato a lungo nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Saint Etienne. In pochi credevano ad un suo ritorno in bici, ma il britannico ha stupito ancora, bruciando le tappe e tornando presto sui rulli. Dopo aver tolto la placca alla gamba un anno fa, ha potuto iniziare il percorso vero e proprio per tornare in gara. «Le sensazioni che ho provato in corsa sono state buone, man mano che passavano i giorni sentivo le gambe migliorare, sicuramente è stato molto meglio anche rispetto ai mesi precedenti».

Il suo è stato un percorso lunghissimo, fatto di interventi e riabilitazione: tornare competitivi, quando si è lontani dalla gare per lungo tempo, non è mai facile. «Non potevo pretendere troppo dal mio fisico perché, se andiamo a vedere il mio percorso, sono tornato a correre un grande giro dopo due anni di assenza».

L’ultima apparizione in un grande giro risale al Giro 2018, quando vinse la corsa rosa. Nel 2019 avrebbe dovuto correre il Tour de France per cercare di vincere il suo quinto titolo, ma l’incidente cambiò tutto. Madrid è stato il giorno dei saluti per il campione della Ineos-Grenadiers: la commozione non è mancata, così come i gesti di ringraziamento nei confronti di chi per anni lo ha accompagnato. «Per me quello di domenica è stato un giorno carico di tanti sentimenti, se vogliamo anche contrastanti. Sicuramente guardo al futuro ma c’è anche molta malinconia e inevitabilmente mi trovo a fare delle riflessioni su questi lunghi anni con la mia squadra. Quest’anno sono riuscito a completare un grande giro ed è stato un momento importante. Non ho raggiunto il livello di preparazione che avevo sperato, ma sono orgoglioso perché anche questo fa parte del mio viaggio di ritorno alle corse e devo essere grato a tutti quelli che mi hanno aiutato e che mi hanno permesso essere di essere oggi dove volevo essere».

Froome non ha vinto nulla in questa stagione e per lui la corsa spagnola si è conclusa al 98° posto con un ritardo di 3 ore e 32 minuti da Roglic. Ci sono state anche polemiche e attacchi nei suoi confronti da parte dei tifosi sui social e lo stesso Bradley Wiggins lo ha difeso in prima persona scommettendo su un suo prossimo ritorno ad alto livello. Abbiamo visto Chris aiutare Carapaz in salita e lo abbiamo visto regalare il suo numero di gara al giovane corridore dell’UAE Emirates Rui Oliveira, ma anche fare da mediatore quando i corridori hanno protestato prima della partenza dell’undicesima tappa, per i secondi di bonus assegnati il giorno prima a Roglic. Mai aggressivo verso chi lo ha attaccato, ha dimostrato invece, di non essere un vinto, bensì un vincitore. «Avevo immaginato per me un 2020 diverso, ma in questa ultima corsa posso dire che ho visto tante cose positive. C’è sempre stata battaglia e i corridori erano di alto livello. Ho fatto quello che dovevo fare e sono felice di aver visto Carapaz soddisfatto del risultato ottenuto. E’ importante concludere una corsa senza rammarico».

Per Chris Froome si è conclusa una pagina lunghisima, ma tra poco si aprirà una nuova fase della sua vita, grazie alla Israel Start Up Nation, che lo ha ingaggiato per le prossime stagioni. La notizia era stata diffusa lo scorso luglio da Sylvan Adams, uno dei proprietari del team, che aveva parlato di un contratto importante, che avrebbe accompagnato il britannico fino al termine della sua carriera. «Sono entusiasta di aprodare ella Israel Start Up Nation, una squadra giovane che ha dimostrato di avere grandi idee, penso che insieme potremo fare grandi cose».

Indubbiamente il pensiero corre subito al Tour de France del 2021: il britannico ha commentato in modo positivo il percorso della corsa del prossimo anno, definendolo interessante. E la scorsa settimana aveva detto che la Vuelta doveva essere considerata come il punto di partenza per la preparazione al Tour del 2021. Come dire che Chris si prepara sì ad aprire una nuova pagina, ma il punto chiave resta sempre quello, il Tour...

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