Roberto, Franco e Giovanni. Tre ragazzi in fuga. A piedi. In montagna. D’inverno.
Roberto cerca se stesso, Franco cerca Dio, Giovanni cerca i limiti. Tutti e tre cercano il senso del camminare, del salire, del discendere. Tutti e tre cercano il senso dell’andare, del venire, del tornare. Tutti e tre cercano anche il senso dell’amicizia, della vita, questa e, forse, quella.
La montagna è una cattedrale, può essere tempio, può anche essere cripta. La montagna era considerata una divinità, e una divinità continua a essere, perché non esiste nulla - se non, credo, il mare - di più spirituale, mistico, religioso. Come tale, la montagna merita rispetto, e obbedienza, e non solo preghiera, e meditazione. Così basta un solo passo per trasformare la vetta in un abisso, il paradiso in un inferno, la felicità in una tragedia, l’amore in una bestemmia.
“La montagna storta” (Bottega Errante Edizioni, 144 pagine, 13 euro) è la storia di Roberto, Franco e Giovanni prima, durante e dopo quel passo che trasforma la vetta in un abisso. Lo ha scritto Renzo Brollo, friulano di Gemona, e gemonese di Ospedaletto, con una sincerità e un’asciuttezza, con una – veramente – verità, profonde e commoventi, magnetiche. Un io narrante, e un io un po’ anche, come la piccola e valorosa casa editrice di Pordenone, errante, che passa dai pensieri di Roberto alle parole di Giovanni attraverso le domande di Franco, e che poi si trasmette dai dubbi di Roberto alle certezze di Franco attraverso gli slanci di Giovanni.
E’ un romanzo di alpinismo: il richiamo delle cime, la musica del silenzio, la moltitudine della solitudine, gli esempi di Cassin, Bonatti e Messner. Ma ci sono anche le biciclette, con cui i tre ragazzi si muovono nei paesi e nella valle. C’è anche il pugilato, con l’incontro in cui Primo Carnera conquista il titolo di campione del mondo dei pesi massimi abbattendo Jack Sharkey al Madison Square Garden di New York. E c’è anche il calcio, con il Milan di Rivera che perde contro il Cesena alla Fiorita e l’Udinese che gioca fuori casa contro il Sant’Angelo Lodigiano. Ma fanno solo da sfondo, da sottofondo, da paesaggio. “La montagna storta” è un romanzo che vale una vita: quella dei tre ragazzi, quella di uno scrittore che di mestiere non fa lo scrittore ma un impiegato metalmeccanico, anche quelle dei lettori che si arricchiscono entrando e uscendo dalle vite degli altri.
PS: Chiedo scusa ai lettori di Tuttobiciweb se stavolta mi sono occupato di un libro in cui il verbo è camminare e non pedalare. Ma camminare e pedalare, qui, sono sinonimi, perché vantano una parentela molto stretta: nello scalare, nell’arrampicare, nelle montagne, e dunque nell’abitare i silenzi e la natura, nello spogliarsi di tutto quello che non è essenziale e forse esistenziale, nell’annusare l’aldiqua e fiutare l’aldilà. Chi ama affrontare i tornanti, misurarsi sulle salite, inseguire i gran premi della montagna, mi capirà.
Marco Pastonesi