L’UCI ha delle regole ben precise sul design e i componenti delle bici per professionisti impegnati nei vari circuiti. Ma se, eventualmente, si provasse a dare carta bianca agli ingegneri senza curarsi minimamente dei paletti imposti dall’Unione Ciclistica Internazionale? Il risultato sarebbe qualcosa di spettacolare, estremo e quasi spaventoso come fUCI. L’autore è Robert Egger, direttore creativo di Specialized.
Carenature? Ci sono. Lunotto aerodinamico? Presente. Uno stile, in generale, più vicino a quello di una motocicletta? Eccolo qui. Con fUCI (acronimo di fu*k UCI) si avrà davvero un concentrato di soluzioni mai viste prima - e che non si vedranno mai, forse - in una gara ciclistica. “Sostanzialmente è tutto ciò che l’UCI non consente. - spiega Egger - È come un “Hey, ecco un modo completamente diverso di fare le cose. Se non è incluso nel tuo regolamento, magari ci sono persone che apprezzeranno biciclette che non si interessano di essere fedeli a quelle limitazioni". Quel che ho voluto è una bici per qualcuno che volesse semplicemente pedalare velocissimo, senza badare a ciò che impone la federazione”. Un esercizio di stile? In parte sì, ma si può anche considerare come uno sguardo in un universo parallelo.
Il risultato è da vero “Wow!” con un telaio che offre la minima resistenza all’aria, che permette di raggiungere una posizione ultra-aerodinamica (anche grazie alla ruota anteriore più piccola) peraltro “nascondendosi” al riparo di un cupolino che sembra preso di blocco da una moto da pista. La sella è “saldata” all’estremità posteriore alta del triangolo con tanto di faretto per l’illuminazione e c’è pure spazio per agganciare lo smartphone trasformando il mezzo in una smart-bike intelligentissima che accende le luci quando “vede” che si fa buio e che suggerisce percorsi pittoreschi oppure privi di traffico. In più monitora la pressione degli pneumatici e la distanza da ostacoli e altri mezzi in movimento.
La ruota posteriore a profilo ovviamente alto mostra il numero 33.3, a cosa si riferisce? Alla misura, che è appunto di 33.3 pollici per consentire un passo lungo e potente. Ok, ma come si fa a mettersi in moto con una tale e gigantesca misura? Per ovviare a questo è presente - e come poteva mancare? - un propulsore elettrico, opportunamente nascosto nella parte inferiore del telaio, appena sopra il movimento. In tal modo, ogni volta che ci si fermerà - ad esempio a un semaforo - sarà molto più semplice ripartire subito a tutta senza spaccarsi le gambe.
L’alimentazione è fornita da una batteria al litio che si può agganciare e sganciare premendo un pulsante e con la docking station solare si potrà fare il pieno di energia in modo pulito e rispettoso della natura (se non è nuvoloso).
Quanto costa? Per ora non è ancora in commercio, Egger si è dato sei mesi di tempo per confezionare il mezzo e deve ancora peraltro considerare tutta la parte software legata al controllo via smartphone. Sarà quello il compito più duro. Ad ogni modo rimane un progetto molto interessante, sarebbe curioso mettersi in sella per provare l’effetto che fa, anche perché quando non si è in gara non si ha nessun regolamento da infrangere e la realizzazione di bici estreme è ancora in buona parte un oceano blu tutto da esplorare. Che fUCI apra una nuova via?
Diego Barbera