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LE STORIE DEL FIGIO. QUANDO IL GIRO BATTEVA IL TOUR: A MILANO, NEL 1972, UNA "PRIMA VOLTA" STORICA. GALLERY
di Giuseppe Figini | 22/05/2025 | 08:20

Nei giorni scorsi e pure ieri, anche su questo sito, è stata data notizia che la tappa finale del Tour de France con conclusione ai Campi Elisi proporrà anche lo spettacolare passaggio per Montmartre, come avvenuto per le Olimpiadi parigine del 2024. Un passaggio caratterizzato da due e fitte ali di folla in un tratto con scorci iconici della capitale francese.

La prima volta che il Tour si è concluso nel cuore di Parigi fu nel 1975, con l’arrivo ai Campi Elisi, soluzione sempre preservata negli anni, lungo gli spettacolari vialoni con un circuito che costeggia edifici di primo valore architettonico e storico, meta di un turismo universale.

Fu il primo Tour vinto dal francese Bernard Thèvenet con Eddy Merckx al posto d’onore e il connazionale, lo scalatore Lucien Van Impe, sul terzo gradino. Fu anche l’ultimo podio del Tour per Eddy Merckx, vincitore di cinque Giri di Francia. Vincitore della tappa conclusiva, tutta in circuito nella capitale francese, fu un altro belga, il possente passista-velocista Walter Godefroot.

Prima di allora la grande corsa francese si era conclusa in velodromi e impianti sportivi dell’area parigina salvo, storia recente, nel 2024 che ebbe Nizza quale meta finale per la concomitanza con le Olimpiadi.

Fino al 1967 la Grande Boucle si concludeva sulla pista del Parco dei Principi colorata di rosa, pista di m. 454, e poi, dal 1968 al 1974, al velodromo Municipale di Vincennes (dedicato dal 1987 a Jacques Anquetil), abbreviata e conosciuta come “la Cipale”.

Premessa lunga e dovuta alla corsa a tappe per eccellenza che si nutre di tradizioni e continuità. La maglia gialla è sponsorizzata dal 1987 dal gruppo Crédit Lyonnais rappresentato dalla mascotte del leoncino, tanto per fare un esempio.

Ma c’è un ma questa volta, che indica la primogenitura del Giro d’Italia in tema d’arrivo di un “grande tour” per usare la terminologia attuale, nel centro di una metropoli. È stato il Giro d’Italia infatti, correva l’anno 1972, a porre il traguardo finale nella sua famosa e centralissima Piazza del Duomo.

L’idea fu di patron Vincenzo Torriani, in tandem con il suo braccio destro Giovanni Michelotti e sostenuta da Bruno Raschi, firma storica della Gazzetta dello Sport e ascoltato consigliere della Gazzetta dello Sport-Organizzazioni.

La tappa prevedeva la partenza da Arco, in Trentino, località di precipuo valore ciclistico con il G.S. Alto Garda, e arrivo appunto in Piazza del Duomo a Milano. Prima d’allora erano impianti sportivi storici come la Civica Arena napoleonica con pista atletica, il Trotter e il velodromo Vigorelli ad ospitare le conclusioni della corsa rosa.

In Piazza Duomo – lato Galleria -, con notevole sforzo logistico e organizzativo, furono installate capaci tribune supplementari e, nonostante tutti gli apprestamenti di sicurezza attuati anche con notevole schieramento di forza pubblica, queste furono prese letteralmente d’assalto dalle migliaia di spettatori convenuti nella grande piazza meneghina, così come lungo il percorso cittadino. E molti “invitati” non trovarono più posto per assistere alla premiazione della maglia rosa, il grande Eddy Merckx, seguito in classifica dagli spagnoli della Kas con il furetto Josè Manuel Fuente, animatore di quel Giro a 5’30” e quindi Galdos, Lopez Carril e, sesto, primo degli italiani, il minuto, ma sempre vivace, Miro Panizza.

A vincere la tappa dell’apoteosi fu il compianto pesarese, uomo e corridore di valore, Enrico Paolini, in maglia bianconera della SCIC di Parma, l’unica vestita nella sua lunga carriera professionistica, che s’impose allo sprint su un gruppetto che anticipò il grosso del plotone, con il belga Huysmans, il danese Ritter, il livornese Simonetti, il lombardo Ugo Colombo, il biellese Giancarlo Bellini finiti nell’ordine. Il fiammingo Roger De Vlaeminck regolò il gruppo a 44”.

Un arrivo, quello sotto la Madonnina del Duomo, che si ripropose per vari anni poiché, al contrario del Tour, il Giro variava sovente la conclusione della corsa rosa.

Un finale che ora è appannaggio, da qualche anno, di Roma e la città dove è nato il Giro rimane attualmente priva della ribalta rosa ma vanta questo – piccolo ma significativo – primato conseguito di città che abbia ospitato nel suo centro – e nel suo cuore – la conclusione di una grande corsa a tappe con i suoi contenuti vari, molteplici, intriganti per molteplici aspetti, sia sportivi, sia di costume e anche di storia, magari con esse minuscola, ma sempre con storie e personaggi coinvolgenti e amati.

i fotogrammi proposti sono tratti dalla telecronaca della Rai disponibile su Youtube

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