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TEAM ZAPPI, UN CICLISMO DIVERSO: PAGHI E CORRI
di Carlo Malvestio | 30/03/2020 | 07:45

A pochi chilometri di distanza dalla celebre Università di Oxford, c’è quella che possiamo considerare una sor­ta di Università, oppure un Master, del ciclismo: la Holdsworth-Zappi. Siamo abituati a vederla in tutti gli appuntamenti dilettantistici più importanti in Italia, dal Giro d’Italia U23 al Giro della Valle d’Aosta, ma in pochi sanno quanto questa giovane formazione inglese nasconda un progetto e un’idea unici per il mondo del ciclismo. Il magnifico rettore, ovvero il fondatore, è Flavio Zappi, classe 1959 ed ex ciclista professionista con la Metauro Mobili-Pina­rello di Riccardo Magrini e Vittorio Al­geri tra gli altri. Orgogliosa­men­te lombardo di Tradate, da più di 20 anni è emigrato in Inghilterra, è sposato con una si­gnora inglese e ha due figli.

«Sono stato professionista durante il periodo di Saronni e Moser per cinque stagioni - spiega Zappi -. Poi però ho deciso di fermarmi a 25 anni perché vedevo che il nostro sport stava cominciando a prendere una brutta pie­ga, si iniziava a parlare di EPO e trasfusioni, ma io ci tenevo alla mia salute così ho mollato. Non ne ho più voluto sapere nulla e per 15 anni sono rimasto lontano da questo mondo, non guardavo neanche le gare in televisione. Poi però l’amore latente per il ciclismo mi ha fatto riavvicinare».

Così Flavio ha deciso di portare la sua esperienza oltremanica e creare una squadra tutta sua, che fosse diversa dalle altre per filosofia e modi. In poco tempo è arrivata a calcare i migliori palcoscenici europei per quanto riguarda gli U23, comprese tutte le classiche e corse a tappe del calendario italiano, per un totale di circa 50 corse UCI. E cosa c’è di innovativo? chiederete giustamente voi. Beh, qualcosa c’è…

«I ragazzi pagano una quota per fare parte del team e io fornisco loro tutto il necessario - continua Zappi -. Si vive tutti assieme in una grande casa, io fornisco vitto, alloggio, allenamenti, biciclette, trasporti e tutto ciò che serve lo­ro. Garantisco un calendario di spessore, che alcune squadre Continental ci invidiano, così loro possono provare a sfondare in questo mondo confrontandosi in palcoscenici nei quali possono es­sere notati. Il periodo estivo lo passiamo in Italia. È un investimento che fanno sul loro futuro nel mondo del ciclismo. Invece di fare l’anno sabbatico in giro per il Perù o l’Australia, spendono i loro soldi cercando di co­struirsi una carriera. Ci provano un an­no, poi se vedono che non ci sono margini magari si iscrivono all’Università».

Ed ecco spiegato l’accostamento con il Master universitario. I puristi del ciclismo storceranno il naso ed è comprensibile. “Pagare per correre? Inaccetta­bile”. Ma a ben pensarci, se le famiglie investono sulla formazione dei figli, che vogliono diventare avvocati, medici o quant’altro, perché non farlo anche se vogliono fare i ciclisti?

«Non ho sponsor, quindi i miei finanziamenti sono i soldi che mi arrivano dalle famiglie dei corridori oppure dal­le associazioni che investono su determinati atleti e li mandano a correre da me - spiega ancora Flavio -. Non l’ho mai nascosto, tutti sanno come funziona. A giugno/luglio lancio un messaggio sui social network in cui apro il periodo di selezione, quindi tutti quei ragazzi che vogliono far parte della squadra l’anno dopo mi mandano il lo­ro curriculum. Il primo anno, per esempio, erano tutti molto scettici, in­fatti avevo solo cinque o sei corridori. L’anno scorso, invece, ho avuto 60 richieste. Faccio una selezione, non so­lo in base ai meriti sportivi, ma anche alle loro esperienze di vita, alla loro personalità. Cerco di dare una possibilità anche a quelli magari più sfortunati».

La quota d’iscrizione è uguale per tutti i corridori e quest’anno, per esempio, era di 11 mila sterline. Corridori come James Knox, oggi alla Deceuninck-Quick-Step, Mark Donovan, alla Sun­web, e Charlie Quarterman, alla Trek-Segafredo, hanno beneficiato del soggiorno in casa Zappi, pagando e ponendo le basi per il professionismo.

«Ho deciso di fondare questa squadra per dare una mano ai giovani inglesi che cercano di emergere, perché se non fai parte dell’Academy della federazione inglese, composta perlopiù dai mi­gliori pistard, non hai possibilità di far­ti notare. Il dilettantismo praticamente non esiste, le gare sono mal organizzate e addirittura aperte al traffico, tutti questi ragazzi sono mandati allo sbaraglio».

Fino all’anno scorso Flavio era completamente da solo a gestire i ragazzi, mentre quest’anno, per la prima volta, avrà un collaboratore a dargli una ma­no visto il crescente numero di atleti. Ed è proprio questo a rendere il team ancora più unico nel suo genere, perché i corridori sono anche meccanici, autisti e cuochi. Zappi vuole trasmettere ai suoi giovani una cultura che vada oltre l’essere un semplice corridore: «Il mio è un approccio quasi olistico. Si mangia tutti assieme, ci si allena tutti assieme, ma non solo in bicicletta, si fa anche palestra, piscina e yoga. I ragazzi cucinano, puliscono la casa, fanno la spesa, si lavano le bici e le preparano per le gare, guidano il furgone se io devo prendere l’ammiraglia, insomma si arrangiano. Dopo le ore 21.45, devono sparire i cellulari e si fa conversazione tutti assieme e anche a pranzo e ce­na è vietato toccarli. Do loro anche le­zioni di italiano. Tutto ciò aiuta i ragazzi a crescere, si stimolano a vicenda, costruiscono legami di amicizia che non perderanno più, e poi in gara questi elementi emergono». E anche dal punto di vista culinario le idee sono ben chiare: «Ormai da anni ho adottato e trasmesso ai ragazzi una dieta tendente al vegano/vegetariano, che tra l’altro è una cosa che spesso spaventa le madri dei ragazzi. Poi quando ho fatto capire che anche i professionisti, ad esempio quelli della EF Education First, seguono questo tipo di dieta, non ci sono state più proteste. Il mio è uno studio continuo, una ricerca su quanto possa fare bene a me e ai ragazzi».

In Italia come in tutti i paesi europei gli U23 vengono spesso già stipendiati, quindi non è difficile capire che se un giovane deve decidere se pagare per correre oppure essere pagato, sceglierà sempre la seconda opzione. Per questo la fase di reclutamento per Zap­pi non è banale e deve avere un buon occhio nello scegliere quei corridori che magari non hanno un curriculum importante che garantisca loro l’approdo in una grande squadra del panorama dilettantistico, ma hanno un talento nascosto che il manager italiano può portare alla luce. Finora dall’Italia non sono arrivati grandi soddisfazioni, ma Flavio è fiducioso che prima o poi qualche giovane atleta del Bel Paese sposi il progetto inglese di anima italiana: «Solo un italiano ha fatto parte della squadra, il compianto Dimitri Pa­ganoni, cinque anni fa, che purtroppo è dovuto tornare in Italia dopo qualche mese dall’inizio del progetto perché la madre si era ammalata e proprio qualche mese fa si è tolto la vita. Mi piacerebbe avere qualche atleta nostrano, perché penso che abbiamo un enorme bacino di corridori di valore, ma la men­talità del ciclismo in Italia è ben diversa da quella che propongo io. In­nanzitutto, i ragazzi sono tendenzialmente più mammoni, quindi un’esperienza del genere spaventerebbe loro e i genitori, e poi le squadre U23 italiane, spesso, pagano già i ragazzi».

La bontà del lavoro della squadra è di­mostrata dal fatto che, nonostante tutte le difficoltà del caso, il roster riesca sempre ad essere discretamente competitivo.

«Quest’anno penso di avere la squadra più forte da quando l’ho creata. La punta di diamante è Mason Hollyman, classe 2000, con il quale puntiamo a una Top 5 al Giro d’Italia U23 (il team ha già lavorato quest’inverno sulle strade della Ro­ma­gna in vista del corsa rosa, ndr) e alla conquista della maglia bianca. Poi c’è Paul Double che, che dopo un anno non positivo in Colpack per problemi fisici, è tornato da noi e sono sicuro che abbia margini di crescita. Altri nomi interessanti sono quelli del neozelandese Paul Wright e di Reece Wood, corridori completi che penso abbiano veramente un bel potenziale».

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