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MATTEO BADILATTI, IL DOTTORE CHE AMA LE SALITE
di Carlo Malvestio | 16/01/2019 | 07:10

Gli appassionati italiani drizzeranno le orecchie quando sentiranno pronunciare il nome di Matteo Badilatti. Il nuovo corridore della Israel Cycling Academy Cicli De Rosa, però, non viene dal Bel Paese, ma è orgogliosamente svizzero, madrelingua italiano. Non è del Canton Ticino, come ci si aspetta quando si incontra un elvetico che parla italiano, bensì del Canton Grigioni, di Poschiavo per l’esattezza, a pochi chilometri dal confine lombardo sia ad ovest che ad est. «Siamo circondati dall’Italia, in famiglia parliamo un dialetto molto simile a quello bergamasco – spiega Matteo a tuttobiciweb -. Ovviamente poi da quelle parti è naturale parlare anche il tedesco, che conosco come l’italiano».

Badilatti è un classe 1992 e nel 2019 affronterà la sua prima stagione da professionista. Un po’ in ritardo rispetto agli altri corridori, penserete giustamente voi, ma in realtà, se si conosce la sua storia, si può facilmente dire che la scalata al professionismo sia avvenuta in tempi record. La sua prima passione, infatti, è stata lo sci di fondo, disciplina regina nelle sue terre d'originie (l’olimpionico Dario Cologna è del Canton Grigioni): «L’ho praticato fino a quando avevo 18 anni, poi ho cominciato l’Università e mi son avvicinato di più al ciclismo». Ragazzo con la testa sulle spalle, Matteo non ha tralasciato gli studi, come magari fanno molti sportivi, e si è portato a casa una sempre utile laurea in Economia Aziendale all’Università di San Gallo. «La prima bicicletta da corsa l’ho presa in mano nel 2010, a 18 anni, ma fino a quando non ho preso la laurea non mi sono mai concentrato al 100% sulle gare».

Da sempre appassionato di ciclismo, nel 2012 è stato preso sotto l’ala protettrice del Velo Club Mendrisio: «Sono stato fortunato, mi sono trovato in questa piccola ma bella realtà, alla corte di Alfredo Maranesi e Dario Nicoletti, che fanno un lavoro straordinario per far crescere i giovani svizzeri e italiani».

Le doti da scalatore vengono subito fuori – e non poteva essere altrimenti con le tante salite che ha vicino a casa, con il massiccio del Bernina su tutti - e quando nel 2016, terminata l’Università, decide di dedicare anima e corpo alla bicicletta, non impiega molto tempo per farsi apprezzare dagli addetti ai lavori. All’inizio dello scorso anno arriva quindi la chance di firmare con la Voralberg Santic, squadra Continental austriaca: «Ho avuto la fortuna di fare un bel calendario, che mi ha permesso di fare delle corse importanti – continua Matteo -. Dal 2018, inoltre, ha cominciato a seguirmi Marcello Albasini, padre di Michael». Tra maggio e luglio va molto forte, chiude settimo il Tour de l’Ain vinto da Arthur Vichot, arriva secondo al Tour de Savoie Mont Blanc dietro a Riccardo Zoidl, e nono al Giro d’Austria, vinto dal suo futuro compagno di squadra Ben Hermans.

La Israel Cycling Academy mette gli occhi su di lui e gli offre di fare qualche mese da stagista, anche se, in termini di risultati, l’esperienza non va come avrebbe voluto, vista una caduta al Giro di Portogallo che lo costringe a fare i conti con qualche fastidioso acciacco. Poco male, perché il team mediorientale gli fa firmare un contratto da professionista fino al 2020 e Badilatti comincia a prendere confidenza con i grandi palcoscenici. «L’anno scorso ho fatto molta esperienza, ma è chiaro che ora sarà tutto diverso - aggiunge ancora il ciclista svizzero -. Farò del mio meglio per adattarmi il più in fretta possibile. Ho intrapreso questo percorso di crescita, che spero possa portarmi delle soddisfazioni».

Sempre umile ed educato, Badilatti sa che le sue doti in montagna (nel training camp in Israele è stato costantemente il migliore in salita della sua squadra) non gli potranno bastare per emergere tra i professionisti: «Non so dire ancora con esattezza quali siano le mie caratteristiche e non so neanche quali siano i miei limiti effettivi. Di certo so che mi piacciono le corse a tappe e le montagne. In discesa, purtroppo, sono ancora troppo timoroso e devo migliorare, e anche le cronometro non le ho praticamente mai fatte».

L’esordio stagionale non potrebbe essere più probante, al Tour Colombia 2.1 contro Froome, Quintana, Uran e Alaphilippe, solo per citarne alcuni. «Uno spettacolo, l’ho già corsa due anni fa e devo dire che i tifosi colombiani sono fantastici. Anche se arrivavi con 10 minuti di ritardo c’era un tripudio». Dopodiché sarà la volta del Tour de Rwanda, in un’annata che probabilmente lo vedrà spesso girare il mondo. Il sogno è ovviamente poi quello di andare al Giro d’Italia: «Se verremo invitati, lotterò per guadagnarmi il posto. Dipenderà dai risultati della prima parte di stagione, ma io ci proverò».

a sua storia ricorda vagamente quella di Primož Roglič, che fino ai 22 anni era un ottimo interprete del salto con gli sci, per poi costruirsi un’eccellente carriera nel ciclismo, che è tutt’ora in ascesa. Matteo Badilatti probabilmente si augura di poter seguire le orme del corridore sloveno, ma per il momento il suo obiettivo è crescere e farsi conoscere all’interno del gruppo. Intanto segnatevi il suo nome.

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