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VERSO LA ROUBAIX. DALL'INFERNO AL PARADISO, LE VITTORIE INATTESE: DIRK DEMOL 1988 - 1. GALLERY
di Paolo Broggi | 26/03/2024 | 08:15

Alla fine, non è sempre il più forte a vincere. Certamente non nel ciclismo, e sicuramente non nella Parigi-Roubaix. Sulle strade dell'Inferno del Nord, i "più forti" possono arrivare primi nel leggendario velodromo con la stessa facilità con cui si impantanano nella Foresta di Arenberg. O quelli che sono costretti ad arrendersi a Mons-en-Pévèle o crollano nel Carrefour de l'Arbre. Su queste strade uniche, un aspirante alla gloria deve essere forte, ma anche coraggioso e fortunato. La Parigi-Roubaix sorride agli audaci, anche a quelli che fuori dai pronostici, quelli che arrivano al traguardo quasi come ospiti inattesi, quello che riescono a dominare quel caos che è sempre all'ordine del giorno. È proprio a loro - imprevedibili conquistatori dell'Inferno del Nord - di raccontarci la loro giornata inbdimeticabile sul pavè, il loro viaggio verso il paradiso della gloria.

Dirk Demol: «Quando De Vlaeminck mi ha detto che eravamo lontani...»

I numeri difficilmente raccontano la brutalità e la magnificenza della Parigi-Roubaix. 120 edizioni disputate, la prima nel 1896. Circa 250 chilometri di gara con oltre 50 chilometri di pavé nella versione moderna, con settori classificati da una a cinque stelle, in base alla loro difficoltà, alla loro collocazione, al loro essere punto cruciale. Eppure capita che la corsa si decida cento chilometri prima di calpestare la prima pietra di pavè.

«Abbiamo percorso 222 chilometri di fuga», ricorda il vincitore dell'edizione 1988 Dirk Demol. Quell'anno la sua squadra, la AD Renting, era arrivata con un grande favorito: Eddy Planckaert. Avevano rivali stellari: Sean Kelly, Laurent Fignon, Marc Madiot, Eric Vanderaerden... Ma è stato il "manneke" ("piccoletto") Demol - nativo da Kuurne, a circa 25 km da Roubaix - a trionfare inaspettatamente, avendo la meglio sui suoi compagni di fuga e resistendo ai grandi favoriti.

«I numeri non perdonano» scriveva Jean-Marie Leblanc mentre si recava a Kuurne, riflettendo per L'Équipe sull'impossibilità matematica per Fignon di colmare un gap di 2'52'' negli ultimi chilometri. Il francese ha tagliato il traguardo in terza posizione, a 1'55'' da Demol. Fignon non ha mai azzeccato i numeri vincenti a Roubaix, mentre Leblanc ha continuato a guidare la “French Monument”, così come il Tour de France. Demol, invece, ora condivide le sue intuizioni uniche come direttore sportivo per Lotto Dstny dopo aver lavorato con campioni come Tom Boonen e Fabian Cancellara.

KM 0. «In prima fila, coprendo le prime fughe per Planckaert»

«La Roubaix è sempre stata la mia corsa preferita. Ricordo di averla disputata la prima volta con la nazionale belga da Under 23 nel 1980. All'epoca bisognava aspettare una lettera per posta ed ero così felice quando ho letto che avrei fatto la Roubaix! Sono arrivato 2° in uno sprint contro Stephen Roche, con uno scenario simile a quello della mia vittoria nel 1988: è stata una fuga lunga, la nostra, andata prima del primo pavé con un buon numero di corridori - 13 . che si è assottigliato fino a quando siamo rimasti in due. Poi ho avuto modo di correrla come professionista. Nel 1988 stavo coprendo le prime fughe con un altro compagno di squadra belga, Luc Colyn, per tenere al coperto il nostro leader Eddy Planckaert, che aveva vinto il Giro delle Fiandre una settimana prima. Volevamo avere qualcuno davanti in modo da evitare di inseguire il gruppo. Ci sono stati molti tentativi e sono stato in qualche modo fortunato perché alla fine sono riuscito ad entrare nella fuga buona che è andata via dopo circa 40 chilometri di gara».

KM 44. «Sono stato fortunato a trovarmi in fuga con Thomas Turbo»

«Eravamo un gruppo abbastanza numeroso e pensavo già che il mio direttore sarebbe stato contento del lavoro che avevo fatto. Certo, tiri. Ma devi rimanere un po’ in riserva, perché devi essere in grado di aiutare il tuo leader in un secondo tempo. D’altra parte io non ero abbastanza forte per essere un leader, né fisicamente, né mentalmente. Quando ero in una buona giornata, sono entrato nella top 10 di diverse semi-classiche, ma non ho mai corso il finale di una grande Classica per vincere, tranne quell'anno a Roubaix. Ho avuto la fortuna di essere là davanti con Thomas Wegmuller. Lo chiamavamo Thomas Turbo, o Terminator, perché andava sempre a tutto gas. Un paio di anni dopo, attaccò con Jacky Durand al Giro delle Fiandre e anche loro rimasero da soli. In quella Roubaix ho scoperto di essere l'unico in grado di restare alla sua ruota. Gerard Veldschoten, Allan Peiper... quando questi ragazzi sono stati eliminati, ho pensato che stavamo andando molto veloci".

KM 220. «Monsieur Roubaix mi urla: "Dirk, puoi farcela"»

«Il mio primo leader quando sono diventato professionista nel 1982, è stato Roger De Vlaeminck, Monsieur Paris-Roubaix. Se gli piaceva un giovane corridore, gli insegnava i suoi segreti. Alla Roubaix il posizionamento è fondamentale e da lui ho anche imparato come andare via liscio sul pavé. Nel 1988, a circa 45 km dall'arrivo, le auto della stampa passarono davanti a noi. Una di quelle ha rallentato mentre ci passava... Roger era uno degli ospiti a bordo. Abbassò il finestrino e mi disse: ''Dirk, sai, stai in campana! Avete ancora tre minuti di vantaggio. È l'occasione della tua vita per vincere". Da quel momento, mi sono buttato a capofitto nella fuga. Nelle gare ero spesso colto da dubbi, ma non quel giorno... Per qualche ragione, stavo pensando: “Ok, Roger ha detto che siamo lontani, mi sento bene... Posso farcela!”. A tutti i livelli, fisicamente e mentalmente, è stata per me la giornata che un corridore come me può avere una volta nella sua carriera. Sapevo anche che Thomas non poteva sprintare mentre io potevo difendermi, soprattutto in piccoli gruppi. In più il vento aveva portato un sacchetto di plastica nel suo deragliatore. È stata un'opportunità irripetibile e tutto è andato per il verso giusto».

KM 266. «Entra nella leggenda, ho vinto la Roubaix!»

«Quando attraversi il traguardo, non te ne rendi conto. Soprattutto uno come me, un gregario, un domestique... Era già il mio settimo anno da professionista. Sono salito sul podio, poi ho dovuto parlare con i media, fare il controllo antidoping... Il mio miglior tifoso era lì, era venuto a prendermi per riportarmi a casa. Avevamo un piccolo fan club in un bar ed era incredibile quanto tutti fossero eccitati. A un certo punto della notte - sono rimasto a festeggiare con loro fino alle 3 o alle 4 del mattino, c'era anche Jean-Marie Leblanc come giornalista de L'Équipe - mi hanno portato i giornali del lunedì. Ero in prima pagina e poi ho detto: “Sì, è vero, ho vinto la Roubaix!”. Sono andato a letto, ero così stanco ma non riuscivo a dormire: “è vero? ho sognato?” continuavo a chiedermi. Era davvero un sogno per me, ma quella volta il sogno si era trasformato in realtà».

(1 - continua)

ORDINE D'ARRIVO PARIGI-ROUBAIX 1988

1. Dirk Demol (ADR-Mini Flat) in 6h34'18
2. Thomas Wegmüller (KAS-Canal 10) a 2"
3. Laurent Fignon (Système U) a 1'55"
4. Stephan Joho (Ariostea) s.t.
5. Marc Sergeant (Hitachi) s.t.
6. Corné van Rijmen (Panasonic) a 2'03"
7. Gerard Veldscholten (Weinmann) s.t.
8. Steve Bauer (Weinmann) a 2'34"
9. Herman Frison (Roland)    a 2'46"
10. Johan Lammerts (Toshiba) s.t.

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