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JONATHAN MILAN, IL GIGANTE NUOVO
di Carlo Malvestio | 26/04/2020 | 07:50

Dai Mondiali di Berlino è uscito prepotentemente il nome di un giovanissimo ragazzo friulano, di Tol­mezzo per l’esattezza: Jo­nathan Milan. Nella positiva campagna azzurra, il classe 2000 ha rappresentato probabilmente la più bella scoperta, sia come vagone del quartetto nell’inseguimento a squadre, sia nella specialità individuale. Un bronzo e un “legno”, ma poco male, perché era la sua prima esperienza in una competizione di tale spessore e l’impressione è quella che torneremo presto a vederlo protagonista. Insomma, dietro a Filippo Ganna c’è materiale su cui lavorare. «Seguire le orme di Ganna? Magari, lui sta facendo qualcosa di veramente straordinario» ammette Milan.

Con i suoi 196 centimetri di altezza, l’atleta del Cycling Team Friuli spicca, e non ci si può sorprendere che riesca a sprigionare così tanta potenza sui pedali. A parole, invece, è mi­surato e cordiale.

Pista e strada, ma anche la mountain bike nella biografia ciclistica del ta­lentuoso friulano, perfetto esempio per l’esaltazione della multidisciplinarietà. Una conoscenza della bicicletta a 360 gradi: «Ho iniziato molto giovane, avevo quattro anni, con la mountain bike, prendendo spunto da mio papà che faceva qualche gara amatoriale. I miei genitori mi hanno lasciato libero di scegliere lo sport che volevo, ma il ciclismo mi è entrato subito nel cuore. Da allievo secondo anno ho cominciato anche con la strada, mentre da junior primo anno ho iniziato a girare sulla pi­sta di Por­denone. Mi è piaciuta fin da subito, la trovavo divertente e un’ottima valvola di sfogo; sono diventato campione regionale nell’inseguimento individuale, poi per un anno non l’ho più fatta e adesso, che la squadra mi ha dato la possibilità di tornarci, è da circa un an­no che ho ripreso con una certa regolarità».

Chiedergli se preferisce la strada o la pista è come domandargli se preferisce la mamma o il papà: «Non posso scegliere, è chiaro che passi molto più tem­po in strada, però entrambe sanno regalarmi delle belle emozioni - spiega ancora Jonathan, che è diplomato in grafica pubblicitaria e quando non è in sella alla sua bicicletta ama passeggiare in montagna, per allontanare la tensione di gare e allenamenti -. Non è facile farle coincidere, soprattutto incastrare i vari allenamenti, anche perché hai dei picchi di forma da raggiungere per le ga­re su strada e altri per le corse su pi­sta. Il lavoro che faccio su pista però è molto importante anche per la strada, perché riesci a fare dei carichi di allenamento importanti che invece su strada fai fatica a fare e riesci a concentrarti meglio. Per ora sono riuscito a farle combaciare bene».

Per il momento, il sogno a cinque cerchi va accantonato, vista la decisione del Co­mitato Olimpico di rimandare i Giochi di Tokyo al 2021. Milan si giocava le sue carte per una convocazione dopo le buone prestazioni di Berlino ma, a ben pensarci, nel 2021 potrebbe aver inserito un’altra marcia al suo, già più che performante, motore: «Il rinvio delle Olimpiadi penso sia stato giusto. Quest’anno mi giocavo il posto, ma ma­gari il prossimo anno sarò ancora più forte».

Lo spazio per migliorare c’è e lo ha già individuato insieme a Marco Villa: «Cre­do e spero di avere ancora dei mar­gini di miglioramento, il futuro ce lo dirà. Ovviamente ci sono un po’ di aspetti in cui devo crescere, sia dal punto di vista fisico che mentale. In pista devo imparare soprattutto la ge­stione dello sforzo: ancora non riesco bene a controllarmi, e si è visto nella finale per il terzo e quarto posto, dove sono partito troppo forte e a metà gara sono scoppiato. Tutto lo staff però mi coccola, sono in buone mani da questo punto di vista».

Non va però dimenticato che la maggior parte del tempo il ragazzone di Tolmezzo lo passa con la maglia del Cy­cling Team Friuli, cercando di farsi largo anche su strada. Anche se non l’ha praticamente mai visto correre, e le sue caratteristiche tecniche sono ben lontane dalle sue, è affascinato dal personaggio di Marco Pantani, per quello che ha fatto per il ciclismo e per il suo modo di correre. Se dovesse scegliere un corridore un po’ più simile a lui, invece, è Fabian Cancellara il prescelto. Si definisce un passista veloce, ma la sua voglia è di eccellere in vari terreni: «In volata me la cavo e riesco a difendermi sulle salite di massimo cinque chi­lometri. Poi in futuro, da buon pi­stard, mi piacerebbe approfondire il discorso cronometro, anche se fino ad ora, di fatto, non mi sono mai testato in prove contro il tempo su strada. An­che in questo caso, però, sono in buo­ne mani con il Cycling Team Friuli, che ci mettono sempre anima e cuore e hanno già dimostrato di saper lanciare nel professionismo i loro ragazzi».

Chiamato in causa, il numero uno del Cycling Team Friuli Roberto Bressan conferma: «Jonathan è un talento ancora tutto da scoprire, impossibile per il momento dire dove potrà arrivare. In pista deve ancora affinare la tecnica, anche perché ha cominciato a lavorare sul quartetto solo sette-otto mesi fa. Vi invito a riflettere su quel che ha fatto a Berlino: a 19 anni ha pedalato in 4’08” nella finale per il bronzo quando Gan­na un anno fa vinceva il mondiale con 4’07”! E Milan ha appena compiuti 19 anni, non dobbiamo dimenticarcelo. Ma anche su strada Jonathan ha molto da dire: da juniores non ha vinto grandi corse ma noi l’abbiamo seguito a lungo e poi gli abbiamo fatto dei test. Bene, il nostro preparatore Andrea Fusaz, che segue la preparazione anche del Team CCC di WorldTour ci ha parlato di nu­meri incredibili. Sono vecchio del me­stiere, so bene che i numeri dicono solo parte della verità, ma io credo che Jonathan abbia un grande po­tenziale, che naturalmente va verificato poi in corsa. E tra l’altro non ha ancora completato il suo sviluppo fisico: negli ultimi mesi è cresciuto ancora arrivando agli attuali 196 centimetri, quindi è davvero tutto da scoprire».

Intanto Jonathan lavora, cresce e guarda lontano: «La mia corsa dei so­gni è la Parigi-Roubaix, non mi dispiacerebbe andare forte anche sul pavé...».

Non ha ancora compiuto 20 anni, ma la mente è già al fu­turo; l’asticella l’ha già posta in alto senza che nessuno glielo chiedesse e adesso aspetta che arrivi il suo turno, come ha fatto a Ber­lino.

da tuttoBICI di aprile

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