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SAFE2GO, LA BICICLETTA CHIEDE SPAZIO MA RISPETTANDO LE REGOLE
di Pier Augusto Stagi | 23/06/2019 | 13:04

Il concetto è semplice quanto banale, ma fare le cose semplici è spesso la cosa più difficile. Il messaggio è semplice e chiaro: io rispetto le regole. Questo è il claim ideato e pensato da Safe2Go, una vera e propria filosofia di vita, un movimento legato ad un senso di appartenenza: quello del rispetto, dell’educazione e dei valori.

Un progetto volto alla sicurezza dei ciclisti, che parte dai ciclisti e si rivolge a loro. È chiaro che ognuno di noi deve metterci qualcosa di più, è chiaro che ogni soggetto deve fare la propria parte: automobilisti e ciclisti, pedoni e istituzioni. Ma è altrettanto chiaro per gli organizzatori di questo progetto che il primo colpo di pedale lo devono dare proprio i ciclisti, che è vero che sono il soggetto debole e quindi le prime vittime, ma non per questo devono fare i vittimisti. Quindi: io rispetto le regole.

I ciclisti si mettono in sella e si rimettono in gioco, facendo autocritica, ma anche “massa critica”, come ha avuto modo di dire Roberto Sgalla, figura di riferimento di questa giornata. Facendo proselitismo. Promuovendo con le loro iniziative. In questi giorni si è svolta la seconda edizione di Safe2Go, la “Tirreno-Adriatico” dell’educazione stradale che ha preso il via venerdì scorso da Camaiore ed è approdata a Cesenatico proprio questa mattina, in occasione di un meeting sull’argomento. Tre i giorni, tre le tappe (Camaiore – Signa; Signa - Badia Prataglia; Badia Prataglia – Cesenatico): una pedalata di circa 300 km durante i quali la squadra Safe2GO, composta da una trentina di ciclisti, si è impegnata a diffondere il messaggio sul rispetto delle regole del codice della strada. Un messaggio diffuso a 360°, dove i ciclisti impegnati si sono adoperati per sensibilizzare le zone attraversate, coinvolgendo anche le scuole.

L’idea nasce come spesso accade da un fatto doloroso quanto drammatico. Da un evento luttuoso che tocca una famiglia. Tutto nasce dal progetto“Il Sorriso per la Vita” dell’Associazione Onlus “Il Sorriso di Elisa”, che da anni lavora nelle scuole con precisi corsi formazione e di educazione stradale. Progetto questo che si è poi via via ampliato, trovando terreno fertile in realtà come la JO.ER. Marine Project Team Guerciotti di Viareggio, la Granfondo della Versilia di Viareggio e il G.C. Fausto Coppi di Cesenatico, organizzatore della Granfondo internazionale Nove Colli, che hanno subito preso parte e contribuito alla realizzazione di questa iniziativa, facendo di Safe2Go un punto di riferimento per il futuro.

«Il ciclista è l’utente più vulnerabile, visto come il meno rispettoso delle regole, ma noi vogliamo dimostrare che non è affatto così. Il messaggio di sicurezza deve partire da noi ciclisti: dimostrando che rispettiamo le regole, vogliamo invitare tutti gli utenti della strada allo stesso rispetto – spiega Stefano Pezzini, ideatore e promotore di Safe2GO -. Attraverso questo progetto vogliamo quindi sensibilizzare ciclisti, pedoni e automobilisti, affinché tutti siano indirizzati al rispetto e alla conoscenza delle regole, indice di una maggiore sicurezza sulle strade».

Ed è proprio Roberto Sgalla l’uomo-chiave per la sicurezza stradale in questa giornata di confronto. Già prefetto e direttore delle specialità della Polizia, cicloamatore (tesserato per la Fausto Coppi di Cesenatico), Sgalla è il presidente della Commissione sicurezza e giudici di gara della Fci. «Save to go è andare in sicurezza rispettando le regole – ha detto -. Dobbiamo metterci in gioco e fare anche autocritica, ma non siamo i soli. Per la vulgata l’indisciplinato sulle strade è il ciclista, non è sempre così.  Ma una cosa è certa, i ciclisti devono cominciare da loro stessi, devono/dobbiamo rispettare le regole, ma dobbiamo anche rispettarci. Rendiamoci visibili, usiamo il caschetto e tutta la tecnologia che oggi fortunatamente è a nostra disposizione. Oltre al rispetto c’è la tolleranza reciproca tra i vari utenti. La strada è di tutti e per tutti. Facciamo massa critica, diamoci una mano. C’è molto da fare, basti pensare che per il codice della strada la bicicletta è il velocipede. La legislazione è arretrata in termini di sicurezza, noi dobbiamo essere un pochino più contemporanei».

E ancora: «Oggi abbiamo firmato un Manifesto di semplici regole e lo manderemo a tutte le società ciclistiche italiane chiedendo un’adesione formale e morale. Il Manifesto contiene norme da rispettare e un’enunciazione di principio attorno a una parola spesso abusata: Rispetto. Noi ciclisti ci impegniamo a rispettare le regole ma voi, utenti della strada, rispettateci». L’aspetto più significativo? «Nel Manifesto ci sta un quadro normativo idoneo per le nostre esigenze, come avere maggiore visibilità con l’abbigliamento, ma anche la richiesta di infrastrutture adeguate, che non ci sono. O la manutenzione delle strade, anche questo è rispetto. E se il rispetto vuol dire tolleranza reciproca, allora noi vogliamo creare una cultura che adesso non c’è. Abbiamo bisogno di un movimento di massa. Facciamo massa critica, mobilitiamo le coscienze. Rispettare il Manifesto vuol dire comportarsi in modo corretto se culturalmente lo si accetta: perché la strada è condivisione».

Ing. Enrico Pagliari, Responsabile area tecnica dell’Aci. «Sta cambiando la mobilità, da drivers stiamo diventando multimodali. Complessivamente nei 18 anni in Italia siamo stati capaci di ridurre morti e feriti del 35%. Se facciamo lo stesso calcolo nello stesso periodo e considerando però i soli ciclisti, abbiamo purtroppo nello stesso periodo un +35% di vittime e feriti. Numeri drammatici. È necessario darsi delle nuove regole. Dettarci delle nuove norme di comportamento. #rispettiamoci è stato il nostro messaggio lungo le strade del Giro d’Italia. Rispettiamoci è un invito,  perché siamo tutti sulla stessa strada».

Gianni Motta. «Noi abbiamo una grande fortuna: respiriamo le stagioni. Pratichiamo uno sport bellissimo, in posti incantevoli. Pedalo con passione da sempre, con amore intatto. Dobbiamo darci però una mossa, dobbiamo fare qualcosa per noi stessi e per gli altri. Non è tollerabile che io quando torni a casa, dentro di me mi dica: anche oggi è fatta. Questo non va bene. C’è qualcosa che non va».

Marco Scarponi: «Sono molto confuso e non ho idee chiare, questo è quello che ho capito in questi due anni. Ho compreso però anche che sulla strada non siamo tutti uguali, ma il mezzo ci distingue e ci differenzia. E noi siamo in una situazione che siamo costretti a muoverci in un Paese con il più alto tasso di motorizzazione. Rispettiamoci. Ma come si può se siamo tutti diversi. Qui non si parla di guerra, ma questo è un massacro, perché si muore solo da una parte. All’estero non si va più nemmeno in fila indiana, perché è pericoloso. Se la Spagna è riuscita a fermare un po’ le auto, perché noi non ci riusciamo? Noi siamo in ritardo. Abbiamo città invivibili. Noi parliamo di ciclismo: sportivo, urbano e cicloturistico. Per mio fratello era un luogo di lavoro, uno dei più pericolosi di tutti. Io cosa farei? Io comincerei ad introdurre un piccolo concetto: i pedoni, i ciclisti e o disabili hanno la precedenza. Come in molti paesi d’Europa. C’è una gerarchia sulla strada, non siamo tutti uguali. Concludo con una mia esperienza: la Gran Fondo che voleva mio fratello. Perché esiste solo l’agonismo? Perché vedono rosso se c’è un traguardo da superare? Non c’è la cultura del pedalare, del godere delle bellezze del nostro territorio. Perché ci deve essere anche in questa occasione il doping e l’antidoping? Noi non dobbiamo creare dei campioni per vincere il Giro, ma dobbiamo creare campioni di civiltà».

Mauro Vegni, direttore del Giro d’Italia. «Quello che ha detto Marco lo condivido e invito i tanti ex professionisti, non tutti ma ce ne sono secondo me troppi, che quando si trovano a fare una semplice pedalata o una gran fondo, sono lì che sgomitano e si scannano come se fossero ancora alla ricerca di una vittoria di prestigio. Questo non va bene. Questo è intollerabile. Ci vuole formazione e informazione. Deve cambiare la legislatura, ma deve anche cambiare il nostro modo di intendere il ciclismo e lo sport. Noi come Rcs Sport cerchiamo da anni con un’iniziativa che si chiama “Bici Scuola”: informare per formare».

Marina Romoli, presente con la sua Onlus, che tanto sta facendo per gli utenti deboli della strada. «Si sta facendo molto, tanto, ma ancora troppo poco rispetto alle esigenze che ci chiamano quotidianamente. C’è bisogno di una presa di coscienza. C’è bisogno di attenzione e responsabilità».

Safe2GO: io rispetto le regole. Un motto, un messaggio per la sicurezza di tutti i ciclisti che sono chiamati a rispettare il codice della strada, ma in questo modo anche a trasmettere un messaggio positivo e propositivo a tutti gli utenti della strada. Questo è il significato di Safe2GO, un progetto nato nel 2018 e che quest’anno ha deciso di rinnovarsi a 360 gradi con un nuovo logo, un più attento utilizzo dei canali social e un nuovo sito internet.

Un messaggio per un obiettivo, ma anche diversi modi di comunicarlo con un grande “biglietto da visita virtuale”. Non è male, infatti, fare un giro tra le pagine del nuovo sito per consultare “le Regole di Safe2GO”, una pagina che riassume le più importanti regole da tenere sempre a mente quando si sale in sella. In sicurezza.

 

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