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CASO PROVVIGIONI: BERGONZI CHIEDE A DAGNONI CHIAREZZA O DIMISSIONI. FATE LUCE E USCIAMO DALLA “PENOMBRA»
di Pier Augusto Stagi | 27/08/2022 | 09:59

Dopo i sorrisi e le pacche sulle spalle di ieri con i presidenti dei Comitati Regionali i quali hanno espresso «la totale vicinanza e solidarietà al massimo dirigente federale, invitandolo a proseguire nel lavoro di rinnovamento svolto in questi mesi», oggi, molto probabilmente qualcosa succederà. Almeno una voce si leverà, prima di alzare i tacchi e girarli verso la porta d’uscita. Norma Gimondi è decisa a prendere le distanze, a dare un segno concreto della propria autonomia e intelligenza: diciamo pure di rigore e di etica. Oggi è sceso in campo anche il vice-direttore della “Gazzetta dello Sport”, nonché direttore di Sport Week Pier Bergonzi, che il ciclismo come il sottoscritto ce l’ha nel sangue da sempre, e da sempre presta attenzioni e amore.

È sceso in campo nella pagina del ciclismo con un editoriale dal titolo: «Bufera Federciclismo. Sul “caso provvigioni” Dagnoni risponda oppure si dimetta”. Già il titolo è tutto un programma: chiaro e diretto. Già il 18 agosto scorso avevo invitato il presidente Dagnoni a portare spiegazioni, cosa che ha fatto con una nota solo l’altra sera, dopo una settimana, per dire che la Federciclismo nulla c’entra con la Reiwa Management Ldt, per poi contraddirsi immediatamente il giorno dopo una dichiarazione virgolettata sul Corriere della Sera che richiamava in causa ancora la suddetta società irlandese e i perché di quella ipotetica scelta, con dichiarazioni da restare allibiti e increduli.

Scrive oggi Pier Bergonzi: «Norma Gimondi, vicepresidente, si presenterà oggi in Consiglio per portare a termine il suo compito e poi, molto probabilmente, darà le dimissioni e prenderà pubblicamente le distanze dal presidente Cordiano Dagnoni e dall’attuale parlamento del ciclismo. Prenderà soprattutto le distanze dal pasticcio del “caso provvigioni” che lei stessa ha portato alla luce. Avvocato con una passione infinita per il ciclismo (ama anche pedalare), la figlia di Felice Gimondi ha sempre fatto di tutto per portare con dignità e serietà quel cognome così importante nel mondo delle due ruote. È lei che ha tolto il coperchio a questa pentola ribollente di questioni aperte. Se oggi, nella riunione del consiglio federale che segue quella burrascosa del 6 agosto, non avrà risposte chiare Norma Gimondi si dimetterà. Ma non è lei che dovrebbe arrendersi, anzi. Chi dovrebbe dare le dimissioni se non troverà risposte convincenti è il presidente Cordiano Dagnoni.

Dagnoni ci deve spiegare perché era stata scelta una società di consulenza irlandese per fare da mediazione con sponsor, che verosimilmente sono soprattutto italiani. E perché in Consiglio era approdata una delibera di pagamento alla Reiwa Management Limited se la stessa società irlandese ha comunicato di non aver mai firmato alcun contratto. Anzi, dopo il polverone che si è alzato, ha detto che non lo firmerà mai. La Reiwa, appena ha sentito puzza di bruciato, se l’è data a gambe…

Quali provvigioni dovrebbe quindi pagare la Federciclismo? E a chi? La Enervit, società quotata in Borsa che ha sempre fatto dell’integrità etica una bandiera, ha fatto sapere con un comunicato che i contratti li ha firmati direttamente con i dirigenti federali, senza alcuna intermediazione. E quindi senza generare eventuali provvigioni…

Il presidente ci deve spiegare a chi sarebbero andati, alla fine del percorso, i soldi di quelle consulenze. Quando è stato eletto, Dagnoni disse che avrebbe gestito la federazione come un’azienda. È stato scelto proprio perché si era presentato come un manager dalla grande passione per il ciclismo. La passione, sua e di tutta la sua famiglia, è davvero grande. Abbiamo invece dubbi sulla sua capacità di guidare l’azienda ciclismo.

La sua gestione è iniziata con quello scivolone di Tokyo, quando rispedì a casa Cassani e non gli consentì di godere dei successi della Nazionale su pista (l’oro del quartetto di Ganna e il bronzo di Viviani) che proprio Davide, con Marco Villa e l’appoggio fattivo dell’ex presidente Renato Di Rocco, aveva costruito. Da allora non ci sono state iniziative che ci hanno fatto pensare ad un nuovo corso illuminato, anzi… E sul piano della politica internazionale abbiamo perso posizioni.

Tornando al caso del momento, Norma Gimondi ha fatto egregiamente il suo mestiere. Da vicepresidente federale ha alzato la mano e ha chiesto spiegazioni. Per questo è stata isolata e trattata da “nemica” all’interno dello stesso Consiglio. L’opposizione, e per opposizione intendiamo Silvio Martinello, che era tra i candidati delle ultime elezioni, ha cavalcato la situazione perché si è accorto che qualcosa, o molto, non funzionava in questa vicenda. Ha fatto il suo mestiere di opposizione.

Ora noi applaudiamo all’operato di Norma Gimondi, che ha fatto emergere il caso. La stessa Federciclismo, con un comunicato, ha già fatto un passo indietro. Ha detto che nulla è stato pagato e che nessun contratto è stato firmato, senza più nemmeno citare la società irlandese. Come se quella fantomatica delibera non esistesse…

Norma Gimondi dovrebbe rimanere a fare da sentinella del nostro ciclismo. Chi dovrebbe dimettersi, semmai, è il presidente Dagnoni se non spiegherà a chi sarebbero finiti quei soldi di provvigioni indirizzati a una società irlandese che non aveva firmato alcun contratto. È una risposta che il presidente potrebbe dare oggi nel consiglio federale. Una risposta che non deve tanto a noi, quanto a chi lo ha eletto e all’intera comunità del ciclismo».

Questo è quanto. Se ai Presidenti Regionali sono sufficienti due sorrisi e qualche barzelletta molto ben raccontata e lo stesso è sufficiente ai vice-presidenti Federali e ai Consiglieri tutti, ne prenderemo atto. Ma l’interrogativo è sempre lo stesso: a chi sarebbero dovuti andare quei 106 mila euro? Visto che anche i muri sanno che un dirigente Federale, il numero TRE della Federazione dopo Dagnoni e il Segretario Generale Marcello Tolu, oltre ad avere un ottimo stipendio annuale ha un’intesa per ricevere compensi (20%, altino su certe cifre, totalmente fuori mercato, ma vabbè…) come procacciatore di affari. È lui l’uomo misterioso? Nei verbali ci sono domande precise che Norma Gimondi ha fatto e molto probabilmente riproporrà anche oggi. Questi soldi vanno a lui? La risposta è stata: no, assolutamente. E quindi a chi vanno? E a questo signor “penombra” come saranno corrisposte le sue spettanze?

 

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