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12 LUGLIO 1990. 30 FA INIZIAVA LA FAVOLA GIALLA DI CHIAPPUCCI
di Alessandro Brambilla | 12/07/2020 | 07:59

E’ il 12 lugIio 1990, al Tour de France si corre la cronometro Fontaine-Villard de Lans, 33 chilometri con tratto finale in salita. La tappa se l’aggiudica lo specialista Erik Breukink, e Claudio Chiappucci, ventisettenne lombardo di Uboldo, diventa leader in classifica generale spodestando il francese Ronan Pensec. Sono passati 30 anni esatti da quel magico pomeriggio di Claudio al Tour. L’uomo di Uboldo conquistando la maglia gialla, ovvero quella più prestigiosa delle grandi corse a tappe ha colmato un vuoto che per l’Italia durava da 15 anni e 11 giorni. Prima di Claudio l’ultimo italiano a indossare la maglia gialla era stato Francesco Moser al Tour 1975.

Quello che ha affrontato il Tour 1990 era un Chiappucci in crescita: in febbraio si era imposto nella tappa di Biancavilla alla Settimana Siciliana, in marzo nella Tolone-Mandelieu La Napoule della Parigi Nizza, e aveva concluso il Giro d’Italia da vincitore della maglia verde di miglior scalatore. Poi è andato al Tour de France. “

«Inizialmente – spiega Claudio, che nel ’90 correva per la Carrera del team manager e costruttore di bici Davide Boifava – speravo di vincere la maglia a pois». Tuttavia la strategia di Claudio è cambiata 24 ore dopo il cronoprologo di Futuroscope vinto da Thierry Marie. Nella prima tappa in linea, il 1° luglio, da Futuroscope a Futuroscope (138 chilometri) l’alfiere Carrera s’è involato con Pensec, Steve Bauer e Frans Massen; un quartetto ben assortito che si è conteso il successo di tappa con più di 10 minuti di vantaggio sul gruppo. Massen ha avuto la meglio in volata davanti a Bauer, che ha conquistato la maglia rosa, il “Chiappa” e Pensec. Bauer è rimasto in giallo fino alla decima tappa (10 luglio), da Ginevra a Saint Gervais, in cui ha ceduto il primato a Pensec. E due giorni dopo Chiappucci è balzato al comando della classifica.

«Se devo essere sincero – afferma il corridore lombardo – era una crono adatta a me in cui non sono neanche andato fortissimo. Mi sono piazzato nei primi otto su percorso con finale in salita ed è bastato per diventare leader e provare l’emozione più grande della mia vita». 

Per l’emergente Chiappucci la maglia gialla rappresentava un salto di qualità importante: «Non ero di passaggio con quel simbolo e la gente l’ha recepito. E nell’elenco degli italiani in maglia gialla vedere il mio nome subito dopo quello di Moser mi dava una gioia grande».

Nelle successive tappe di montagna è cominciata la grande rimonta del californiano Greg Lemond, già vincitore dei Tour de France 1986 e ’89. La Carrera di Chiappucci venne accusata di non aver gestito bene la leadership, anche per aver schierato una formazione apparentemente poco adatta a scortare un capitano con velleità di vittoria finale.

«In effetti – ammette Claudio, che ha mantenuto la maglia gialla per 8 tappe – la squadra è un po’ mancata, ma probabilmente nessuno prima di partire per la Francia pensava che avremmo lottato per il successo finale in modo così intenso. E poi dobbiamo dare atto alla bravura di Lemond, che l’anno prima era riuscito a vincere il Tour precedendo Fignon».

Da maglia gialla Chiappucci s’è trovato spesso nel gruppo dei migliori senza coequipiers Carrera. «Ero leader in classifica e per evitare di essere attaccato dagli altri ho accelerato io staccando tutti in svariate occasioni. Essere solo all’attacco in maglia gialla al Tour è un’emozione indescrivibile».

Si disse altresì che il Chiappa aveva dato eccessivo peso alla figura di Pensec, inseguendolo quando non era necessario. «Pensec aveva etichetta da emergente come me e mi era vicino in classifica, normale inseguirlo per difendere la leadership, non sapevamo ciò che poteva ottenere. Non mi pento di averlo inseguito».

Dopo gli attacchi di Lemond l’uomo della Carrera ha salvato la leadership per soli 5”. E’ il margine di vantaggio su Lemond con cui Chiappucci s’è presentato al via della cronometro di Lac de Vassiviere, 45,500 chilometri, al penultimo giorno. Nella crono in cui s’è imposto Breukink e il californiano Lemond ha inflitto alla maglia gialla un distacco di 2’21”. Lemond ha così vinto il suo terzo Tour davanti ad un Chiappucci che non doveva assolutamente arrossire. «Il mio problema al Lac de Vassiviere – prosegue Claudio – è che era la mia prima crono lunga che disputavo da leader al Tour de France contro un Lemond molto più abituato. Quella crono era più grande di me. Fisicamente e moralmente stavo bene, però la crono era un punto di domanda per me che prima ai grandi Giri avevo disputato le prove individuali a tempo solo per arrivare alla fine». 

Lemond il Tour ’90 l’ha vinto anche con la tecnologia: «Come nel 1989 ai campi Elisi, Lemond si è presentato alla crono decisiva con un mezzo tecnologicamente superiore a quello che avevo io; ribadisco che in  Carrera nessuno si aspettava di dovermi assistere da leader. Comunque se nel penultimo giorno ci fosse stata una tappa in linea anziché la crono quel Tour l’avrei vinto io, pur avendo solo 5” di vantaggio».

Nella classifica finale del Tour 1990 Lemond ha preceduto Chiappucci di 2’16”, terzo Breukink a 2’29”, quarto Delgado a 5’01”, settimo Bugno a 9’39”, decimo Miguel Indurain a 12’47”. «Sono arrivato secondo contro grandi campioni, ed ero solo alla seconda partecipazione alla Grande Boucle; ho preceduto ad esempio Indurain, anch’egli in fase di lancio», afferma Claudio.

Il 1990 è stato un anno d’oro per “bici-Italia”: Bugno ha trionfato al Giro d’Italia, in Coppa del Mondo, a Milano – Sanremo, Wincanton Classic e due tappe al Tour de France, e Claudio è arrivato secondo in classifica a Parigi. Il ’90 è stato l’anno dei Mondiali di calcio in Italia e senza i grandi risultati di Chiappucci e Bugno il Dio Pallone avrebbe fagocitato tutto. Grazie a Chiappucci e Bugno il ciclismo si è salvato dal punto di vista del prestigio e nell’ambito mediatico.

Va sottolineato che il Chiappucci del Tour de France 1990 non può essere definito “Diablo”. Il soprannome Diablo è nato nel finale della stagione 1992 al Clasico Rcn a tappe in Colombia. Fedele al suo repertorio da attaccante a sfinimento, in una tappa di montagna Chiappucci è scattato tante volte, staccando gli avversari e vincendo. “Non es un hombre, es un Diablo!”, ha esclamato un telecronista delle tv colombiana. E da allora Chiappucci è diventato per tutti il “Diablo”. Relativamente ai successivi Tour de France, Chiappucci è arrivato terzo in classifica nel ’91 e secondo nel ’92 e nelle due edizioni ha trionfato nella classifica scalatori. Alla Grande Boucle ha pure vinto tre bellissime tappe: a Val Louron ’91, Sestriere ’92, Pau ’93.

 

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