Una mina, e la terra gli è esplosa. Una mina, e la gamba gli si è frantumata. Una mina, e la vita gli si è spezzata.
Raisi abita a Kigali, in Ruanda. Dalle parti dello stadio da calcio Amahoro lo conoscono tutti: è quello che un giorno, una mina, e la terra gli è esplosa, e la gamba gli si è frantumata, e la vita gli si è spezzata, e adesso va in bici da corsa, spera sempre di partecipare a una Paralimpiade, ogni anno s’intrufola nel gruppo del Tour of Rwanda, e a due ruote si sente uguale, forse più bravo di tanti altri, più in gamba, proprio perché ne ha una sola.
La rinascita di Raisi – l’ho conosciuto, ma ne ignoro età, indirizzo e famiglia, quando volevo salutarlo andavo dalle parti dello stadio da calcio Amahoro e chiedevo di lui – è merito di una bici: gliela regalò Carlo Scandola, un veronese di Negrar, che sa come trasformare voglie e bisogni, desideri e sogni, in otto tubi e due ruote (ma anche in maglie e pantaloncini, caschi e scarpe, guanti e calze), cercando bici italiane smesse o dismesse e riciclandole in Ruanda, per passione e compassione. Alcune le conquista in dono, altre le ottiene sottoprezzo, altre ancora le restaura e le assembla da solo.
Solo che adesso la bici di Raisi, una Colnago di acciaio ma acciaccata dalle strade e invecchiata dall’uso, necessita di pezzi di ricambio. Ma i pezzi di ricambio – parole di Carlo – sono più difficili da reperire e costosi da acquistare che non una bici più o meno nuova da regalare.
Qui ci vuole una bici coraggiosa e avventurosa, una bici solare e solidale, una bici aeronautica e sentimentale, una bici prepensionata e disoccupata, una bici che abbia voglia di farsi un viaggio e aprirsi al mondo, una bici con vocazione export, una bici da corsa ma senza dover correre troppo. Nel caso, rivolgersi a Carlo Scandola, tel. 045/7500876. Quanto all’onestà di Carlo e alla riconoscenza di Raisi, garantisco io.
Marco Pastonesi