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LA NUOVA SFIDA DI SIMONE PETILLI
di Giorgia Monguzzi | 30/12/2019 | 07:55

 

Il nuovo anno si avvicina, così come la nuova stagione. È aria di cambiamenti per molti corridori, tra questi Simone Petilli che, dopo 4 anni in quella che era Lampre e poi diventata Uae, ha deciso di intraprendere una nuova avventura in terra belga firmando un biennale con la Circus Wanty Gobert. Per il corridore classe ’93 sarà un’avventura tutta nuova, ma soprattutto un’occasione per testarsi nel corso di una stagione 2020 che si prepara ad essere costellata da molteplici obiettivi.

Come è stato il tuo 2019?

«lo ammetto, non sono pienamente soddisfatto della mia stagione, ci sono stati troppi alti e bassi. La prima parte è stata piuttosto in linea con le mie aspettative, sono andato anche abbastanza forte e al Delfinato sono stato bene così come nel finale di stagione, ma purtroppo non sono riuscito a dare alla squadra quella continuità che mi avrebbe permesso di disputare uno dei grandi giri. Come team siamo andati molto forte e penso che siamo stati proprio al centro del cambio generazionale a cui abbiamo assistito».

A proposito di cambio generazionale, uno dei protagonisti di questo 2019 è stato Tadej Pogacar. Un giovane che tu conosci molto bene… 

«Tadej è un ragazzo umile e con la testa sulle spalle. Ho condiviso con lui la prima vittoria che ha fatto all’Algarve, come squadra eravamo al via puntando tutto su Conti ed Aru, ma alla fine ci siamo trovati con un ragazzo che è andato fortissimo in salita e che non ha fatto altro che incrementare tutto il suo vantaggio. Poi ha mantenuto questa sua tendenza per tutto il resto della stagione e alla Vuelta ha fatto il colpaccio vincendo tre tappe. Sinceramente io un ragazzo così giovane che appena passato professionista fa questi risultati non l’avevo mai visto, Evenpoel è un altro fenomeno, ma penso che sia stato Pogacar quello ad andare più forte di tutti».

Dall’anno prossimo per te ci sarà un importante cambio di rotta, approderai alla Circus Wanty dopo ben 4 anni in Uae. Pensi che sia il momento giusto di cambiare rotta?

«Devo proprio dirlo: era il momento di cambiare aria! Sono passato professionista con il medesimo gruppo e a 26 anni penso che sia la stagione giusta per rimettermi in gioco. Il mio percorso nel World Tour non è mai stato costante, il 2017 è stato l’anno migliore in cui ho dimostrato di essere ad alti livelli anche in corse come il Giro, ma purtroppo l’infortunio avuto al Lombardia mi ha fatto iniziare in ritardo la stagione successiva e quello ha condizionato un po’ tutti i miei risultati. Io non ero costante e intanto la squadra stava crescendo molto e come giusto in questi casi bisognava mettersi al servizio dei grandi campioni. A questo punto ho preso la decisione di provare a fare un piccolo passo indietro firmando per una squadra Professional che però ha un calendario di tutto rispetto. Dopo aver maturato l’esperienza in un grande team è secondo me giunto il momento di capire dove posso veramente arrivare  e quale sarà il mio ruolo nei prossimi anni».

So che hai già fatto un primo mini ritiro con la squadra. Come ti è sembrato questo nuovo gruppo? 

«Appena terminata la stagione 2019 abbiamo fatto un mini ritiro di 3 giorni in Belgio, ci siamo trovati tutti, sia corridori che tecnici e meccanici. Ho trovato veramente un bellissimo ambiente, ci sono tranquillità e tanta voglia di fare bene, ma non tutta quella pressione che ero abituato a trovare. Sono molte le cose che sono state diverse rispetto a quello che mi aspettavo, per esempio non ho trovato la classica divisione corridori - staff - dirigenza, il team manager era sempre in mezzo a noi; sembra una cosa di poco conto, ma dice già molto sullo stile della squadra. Certo, abbiamo parlato della prossima stagione, ma non c’era tutta quell’ansia di ottenere a tutti i costi grandi risultati, per quelli ci sarà tempo di pensarci».

Quali saranno i tuoi obiettivi per il 2020?

«Quando ho firmato per la Wanty me ne sono posti due: il primo è sicuramente una vittoria, voglio assolutamente togliere quello zero che riempie la casella delle mie vittorie da professionista e insieme a questo mi piacerebbe prendere parte all’ultimo grande giro che mi manca cioè il Tour de France. La squadra vanta  sempre un calendario di grandissimo livello e quest’anno grazie al secondo posto nel ranking c’è l’invito automatico a tutte le corse di un giorno nel World Tour. Loro mi hanno preso con l’intento di farmi fare la corsa, darmi delle responsabilità e io farò di tutto per ripagare la loro fiducia».

Puoi già dirci qualcosa sul tuo calendario per la stagione 2020?

«Nella prima parte di stagione farò soprattutto corse di secondo livello ma comunque importanti. Dovrei debuttare a Maiorca e molto probabilmente correrò la Volta Algarve. Se riceveremo l’invito il mio primo grande appuntamento sarà la Vuelta Catalunya e poi spero di essere presente alle classiche delle Ardenne: le ho già corse tutte e tre e penso che siano le corse più in linea con le mie caratteristiche, sarà fondamentale farmi trovare pronto. Poi da quel momento ci sarà tutto l’avvicinamento alla Grande Boucle per la quale spero di venire selezionato dalla squadra e speriamo di ricevere l’invito dall’organizzazione».

Per quanto riguarda le corse italiane invece?

«Ad inizio stagione non so ancora se avrò corse italiane nel calendario, forse il giro di Sicilia, ma non ne sono certo. In teoria dovrei fare tutte le corse dell’ultima parte del calendario in Italia; logicamente ci sarà un occhio di riguardo per il Lombardia, è la corsa di casa e ci tengo sempre molto a fare bene».

Hai sempre avuto un rapporto molto speciale con i tuoi tifosi. Come hanno reagito quando hanno scoperto che saresti andato a correre per una squadra belga?

«I tifosi sono per me una componente importantissima, spesso mi faccio coinvolgere nelle iniziative del fans club e delle unioni sportive della mia zona per incontri con bambini e ragazzi. Quando è uscita la notizia del mio passaggio alla Wanty la maggior parte dei miei tifosi si è dimostrata preoccupata. In molti mi hanno chiesto se avrei dovuto trasferirmi in Belgio visto che è lì la sede del team, ma io li ho rassicurati con piacere dicendo che sarei rimasto a vivere nel mio paese natale. Per me in realtà non cambia molto: certo prima ero fortunato perché avevo il magazzino vicino a casa e quindi per ogni problema meccanico potevo andare lì, ma anche in questa nuova situazione cercherò di trovare una soluzione. Con i miei tifosi si sono anche creati dei simpatici siparietti di incomprensioni e di preoccupazioni, ma fortunatamente ho spiegato come stanno le cose e così non solo hanno accettato la mia scelta ma mi hanno supportato».

 

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