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VERSO ROUBAIX. GLI INDISTRUTTIBILI OVVERO QUELLI CHE NON SI SONO MAI RITIRATI: JOHN DEGENKOLB - 1 / GALLERY
di Benjamin Le Goff | 01/04/2025 | 08:20

La Parigi-Roubaix è una corsa per specialisti, forse la più indomabile delle classiche e sicuramente quella che richiede i requisiti fisici e tecnici più severi. La sua crudeltà e la sua durezza spaventano alcuni, ma ispirano molti altri, che ne fanno il momento clou della loro stagione. E c’è chi la Roubaix la ma e non si è mai arreso di fronte ad essa: John Degenkolb, Jasper Stuyven e Oliver Naesen non si sono mai ritirati nella Regina delle Classiche, e lo stesso vale per Margaux Vigié e Chiara Consonni, che hanno disputato e concluso le prime quattro edizioni della Parigi-Roubaix Femmes avec Zwift. Li abbiamo incontrati per capire i dettagli della loro preparazione, la tecnica che permette loro di pdelare sul pavé, i loro piccoli trucchi e anche l'aspetto mentale di questa sfida, che hanno padroneggiato meglio degli altri.

JOHN DEGENKOLB. «LA ROUBAIX E’ DENTrO DI ME»
John Degenkolb è stato costretto a vincere la Parigi-Roubaix. Era la profezia pronunciata dal suo ex allenatore da U23, Patrick Moster, prima che il corridore tedesco diventasse professionista e domasse i ciottoli dell'Inferno del Nord, vincendo l’edizione nel 2015 e conquistando anche la vittoria a Roubaix nel Tour de France 2018.

Una vittoria, quella del 2018, che è stata come una resurrezione, dopo il grave incidente patito in Spagna nel 2016, e ha segnato anche il suo unico successo al Tour, su strade da sempre associate alla primavera e a Degenkolb, tanto che il più lungo settore di pavé della Parigi-Roubaix (da Hornaing a Wandignies-Hamage) porta ora il suo nome.

A 36 anni, evidentemene, le sue stagioni migliori sono alle spalle, ma Degenkolb continua a stupire per la sua padronanza della corsa. Come tutti, soffre nell'Inferno del Nord, ma può vantare anche un record di 12 piazzamenti in altrettante partecipazioni.
«Avrò sempre la determinazione di arrivare in qualche modo al velodromo» è il suo motto ormai distintivo per questa corsa.

«LA PREPARAZIONE DEVE ESSERE PERFETTA»
Le strade e i pavé che portano a Roubaix sono come il dorso di una mano rugosa, ogni edizione è una prova rinnovata che richiede una preparazione ottimale. «Direi che il 20, forse 30% di quella gara sta sicuramente in quello che devi sistemare in anticipo. E questo non è solo due o tre giorni prima, si inizia mesi prima per essere pronti e assicurarsi che tutto sia definitivamente a posto. L'intero assetto della giornata deve essere perfetto: le tue gambe devono essere buone, devi essere mentalmente pronto al 100%, la tua attrezzatura, i tuoi compagni di squadra, lo staffa bordo strada, il supporto della squadra... Solo se riesci a far arrivare tutto questo il più vicino possibile al 100%, allora puoi fare bene. Se hai qualche problema, puoi andare avanti, ma se i problemi si sommano, non puoi farcela».

Per non lasciare nulla al caso, il veterano tedesco fa ricognizioni ogni anno: «non necessariamente per conoscere il percorso, ma per testare il materiale, soprattutto se c'è un nuovo equipaggiamento». Glielo insegna l’esperienza, ricordando gli incubi del 2012, quando ha ottenuto il suo peggior risultato (63°) a Roubaix: «È stato il primo anno con il cambio elettrico. In pratica, non appena ero sul pavé, non riuscivo a cambiare rapporto».

«LE PIETRE? LA PRIMA VOLTA SONO RIMASTO SCIOCCATO»
C'è qualcuno nel gruppo che conosce i ciottoli del Nord meglio di John Degenkolb? Oltre al suo record in gara, il campione tedesco è ambasciatore di Les Amis de Paris-Roubaix, e il settore da Hornaing a Wandignies-Hamage è stato persino ribattezzato in suo onore nel 2020 per riconoscere il suo impegno nel salvare l'evento Junior. Degenkolb ama il pavé della Parigi-Roubaix... Ma non è stato amore a prima vista.

«La prima volta che ho pedalato sul pavé della Roubaix sono rimasto totalmente scioccato, non riuscivo a credere che quella fosse la foresta di Arenberg, dove avremmo corso tre giorni dopo. Sapevo tutto della Parigi-Roubaix perché sono appassionato e mi ha sempre affascinato guardarla da tifoso, ma non pensavo fosse così dura. Quando dico a persone che non ci sono mai state che si stanno perdendo sulle strade storiche del ciclismo, loro non capiscono davvero cosa intendo. È una sfida enorme ed è così diversa da qualsiasi altra cosa tu possa provare su una bicicletta. Anche se trovassi il peggior settore di ciottoli della Germania, non si avvicinerebbe nemmeno a quello che abbiamo nel Nord-Pas-de-Calais».

Eppure, in questa primissima partecipazione, è arrivato 19° nonostante «una caduta molto stupida sul Carrefour de l'Arbre. Sono finito sdraiato a terra, Boonen e Hushovd mi sono volati al fianco. Ma sono riuscito a continuare  e a lottare fino al velodromo».

La sua grinta e le sue capacità hanno subito confermato il pronostico del suo allenatore Patrick Moster: «Ancor prima che diventassi professionista e senza che fosse mai stato su quel pavé lui mi ha detto: 'Un giorno vincerai la Roubaix'. Non lo dimenticherò mai».

UNA QUESTIONE DI MENTALITA’
Per sopravvivere all'Inferno del Nord, i ciclisyti hanno bisogno di gambe forti, del materiale giusto, di abilità uniche, di un po' di fortuna... e un sacco di forza mentale. «Alla fine, si tratta di avere la giusta concentrazione, la concentrazione e la determinazione per darsi davvero da fare».

Il vincitore dell'edizione 2015 non ha problemi ad entusiasmarsi per la Parigi-Roubaix: «Per me è praticamente l'apice delle Classiche. Nel weekend di apertura, si hanno le prime sensazioni del pavé e delle salite. Poi, si prosegue oltre Sanremo, si entra nella settimana della Ronde. E ti avvicini a Roubaix. Quindi la mia eccitazione sale in continuazione perché questa gara è speciale per me. Anzi per me è la più speciale dell'anno, qualcosa di veramente unico. Non c'è molto che devo fare per emozionarmi di più. La Roubaix è dentro di me. In più, non ho paura ma ho un enorme rispetto per la corsa. Attraversando la foresta di Arenberg, tutto può succedere: molte cose non sono nelle tue mani. Devi avere fiducia e sperare per il meglio».

«RITIRO? LOTTERÒ SEMPRE PER FARCELA»
Degenkolb racconta di essere caduto «quattro o cinque volte» sulle strade di Roubaix, dove icone come Tom Boonen e Roger De Vlaeminck hanno morso la polvere e gettato la spugna: «nella mia prima partecipazione, al Tour quando pioveva [tappa 5, 2014], anche quando l'abbiamo disputata a ottobre, nel 2021, e quando Mathieu van der Poel e Jasper Philipsen mi hanno spinto fuori strada nel 2023». Per quanto brutali siano i ciottoli, «alla fine, ogni incidente è doloroso. Non credo che ci sia una grande differenza a cadere lì rispetto ad altre gare». Cadute che però non lo hanno mai costretto a uscire dalla corsa.

«Non si sa cosa accadrà in futuro, ma so che avrò sempre la determinazione di arrivare in qualche modo al velodromo. Certo, se non puoi continuare, non puoi... Ma finché riuscirò a tornare in sella, lotterò sempre per arrivarci. Questa gara è così speciale che, anche se non stai lottando per la vittoria, il solo fatto di essere nell’ordine d’arrivo è qualcosa di speciale per cui lottare. E vi dico che non mi dispiacerebbe finire fuori tempo limite se le circostanze lo richiedessero. Penso che sia una gara in cui vale la pena arrivare al traguardo, sempre e comunque».

L'impegno di Degenkolb con la Parigi-Roubaix lo ha visto addirittura andare oltre i suoi limiti pur di essere al via: «Nel 2021 ho avuto una brutta caduta la settimana prima della Roubaix, ai Mondiali di Lovanio. Avevo un sacco di pelle strappata, ma la mia forma era abbastanza buona ed ero davvero concentrato sulla Roubaix quell'anno, quindi anche se le circostanze e la mia salute non erano davvero buone, ho fatto di tutto per essere in gara. Avrei potuto facilmente dire: 'Non ci vado'. Ma volevo essere lì tanto anche perché sapevamo che molto probabilmente sarebbe stata una Roubaix piovosa e volevo viverla. Ma vi garantisco che non voglio vivere di nuovo una corsa così, è stato anche peggio di quanto mi aspettassi!».

L'EXTRA: «SEMBRA QUASI UNA FAVOLA»
Degenkolb non è solo il corridore in attività con il maggior numero di arrivi alla Parigi-Roubaix, ma potrebbe benissimo essere quello a cui la gara ha portato le gioie più intense. «Non credo che ci sia nessun altro corridore in questo momento che gareggia con la stessa passione che ho per la Parigi-Roubaix e lo stesso legame che ho con essa. Ho avuto l'enorme onore di far ruotare la mia carriera a Roubaix, intorno a questa corsa, con l’aggiunta della tappa al Tour de France».

Il trionfo nell'edizione 2015 dell'Inferno del Nord ha probabilmente segnato il punto più alto della sua carriera: «La cosa che mi colpisce di più è che nel 2015 ho potuto portare a casa il pavé. Questo mi rende ancora più orgoglioso, ovviamente, rispetto al fatto di aver finito la corsa ogni anno. Ma è sicuramente una bella statistica e qualcosa di speciale».

E la sua vittoria a Roubaix nella tappa 9 del Tour de France 2018 ha avuto un significato diverso e profondo, un anno e mezzo dopo essere stato investito da un automobilista durante un allenamento: «Sembra quasi una favola. Ho lottato anni e anni per ottenere questa vittoria di tappa al Tour de France e alla fine l’ho trovata sul percorso della Parigi-Roubaix: credo che questo dica tutto. Mi fa ancora venire la pelle d'oca pensarci: è stato un sogno che si è avverato".

LA SCHEDA
John Degenkolb (Picnic PostNL)
Nato il 7 gennaio 1989 a Gera (Turingia, Germania)
Squadre: HTC-Highroad (2011), Argos-Shimano, Giant-Shimano, Giant-Alpecin (2012-2016), Trek-Segafredo (2017-2019), DSM, DSM-Firmenich, Picnic PostNL (dal 2022)

Vittorie principali:
    Parigi-Roubaix 2015
    Milano-Sanremo 2015
    Parigi-Tours 2013
    Gand-Wevelgem 2014
    Cyclassics 2013
    12 tappe dei Grandi Giri (1 al Tour de France, 10 alla Vuelta, 1 al Giro)

Risultati alla Parigi-Roubaix:
2011: 19°
2012: 63°
2013: 28°
2014: 2°
2015: Vincitore
2017: 10°
2018: 17°
2019: 28°
2021: 53°
2022: 18°
2023: 7°
2024: 11°
La curiosità: Dopo l'inferno arriva il comfort, in puro stile Roubaix. John Degenkolb abbraccia in pieno la tradizione facendo la sua doccia post-gara nello storico parco del velodromo. Là dove una targa commemora la sua vittoria nel 2015 e che certifica il suo essere un conquistatore dell'Inferno del Nord.

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