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PASQUALON & MINALI, LA STRANA DITTA DELLE VOLATE
di Giorgia Monguzzi | 14/05/2021 | 08:00

All’interno della Intermarche Wanty Gobert ci sono due veneti sprinter e tutti preferiscono starsene alla larga quando in lingua madre confabulano su volate ed alta velocità. Andrea Pasqualon e Riccardo Minali sono al loro primo Giro e lo stanno vivendo come la realizzazione di un sogno grande grande. Un desiderio che cullano fin da quando erano bambini, dal primo passaggio della corsa rosa per l’uno e attraverso i racconti del padre Nicola, vincitore in volata in tutte le tre grandi corse a tappe, per l’altro. Lo hanno coltivato in modo silenzioso, anno dopo anno, difficoltà dopo difficoltà. Le loro due storie sono più simili di quanto si possa immaginare, ad un certo punto si sono trovati nel baratro peggiore che nessun ciclista mai si augurerebbe, a fine stagione senza un contratto, divisi tra la voglia di continuare e il rischio sempre più grande di smettere. Eppure dopo mille avventure si sono ritrovati insieme al via di un Giro che è un grande carico di emozioni vissute fianco a fianco.

Andrea Pasqualon ce lo aveva già detto qualche mese fa «quando mi hanno comunicato che saremmo diventati una squadra world tour il mio pensiero è andato subito lì al Giro, il sogno che riconcorro da una vita». Ed eccolo il trentatreenne veneto prendere il via da Torino carico di emozione e raggiungere già un ottimo settimo posto nella volata di Cattolica. «Era proprio come me lo ero immaginato ed anche più bello e magico - racconta a tuttobiciweb - rispetto al Tour è tutta un’altra cosa. In Francia c’è molto più nervosismo, si parte sempre a tutta, i direttori alla radio urlano in continuazione di stare attenti, non c’è nemmeno un attimo di relax, poi c’è più gente, più stampa, più tutto, in alcuni casi forse troppo. Il Giro è il Giro, ogni giorno è come essere a casa, mi sento al sicuro».

Se Andrea ha già all’attivo ben 3 Tour de France, Riccardo Minali è invece al debutto assoluto in un grande giro: «Sto vivendo un grande sogno, penso che per un italiano correre il Giro sia un po’ come ricevere il regalo più grande in assoluto. Sono cresciuto con i racconti di mio padre sulla corsa rosa, quando ho iniziato a correre in bici mi sono promesso che anche ci sarei stato anche io e così eccomi qui - ci confida - personalmente nel corso di una giornata passo da un’emozione all’altra, dalla gioia allo sconforto, dalle difficoltà in salita all’ebrezza della volata. È già capitato cdi trovarmi in difficoltà, poi mi guardo intorno, sento il calore del pubblico e mi ritorna il sorriso».

La Intermarche Wanty Gobert si è già tolta la soddisfazione di vincere la terza tappa, una scossa di adrenalina che ha dato l’impulso a tutti quanti di fare bene. Se per le grandi montagne  ci sarà da aspettare ancora un po’, negli arrivi allo sprint Pasqualon e Minali stanno già dicendo la loro. «Le volate sono affare loro, nei loro discorsi non voglio proprio entrarci perché non ci capisco un tubo» ci aveva detto Simone Petilli. In effetti in una squadra di scalatori e di attaccanti nati, Andrea e Riccardo sembrano fare storia a parte. Dopo cena si chiudono in camera ed iniziano a parlare di volate, «lo facciamo rigorosamente in veneto, è il nostro linguaggio segreto» ci spiegano. Con i direttori sportivi si discute sulla tattica da adottare, poi il lavoro sporco se lo sbrigano loro elaborando schemi, studiando gli avversari. «Avere Andrea come compagno di camera per me è davvero fondamentale, è come una chioccia che mi sta facendo imparare veramente tanto. Ogni giorno mi confronto con lui e c’è sempre qualcosa da migliorare; devo ammettere che mi bacchetta parecchio, se faccio errori lui me lo dice, mi dà consigli che diventano fondamentali, ho ancora tanta esperienza da fare» svela Riccardo. I due si alternano in volata, un giorno si corre per l’uno, il successivo per l’altro, una specie di ditta impropria che poco alla volta sta dando i propri frutti.

È dura la vita da velocista in un grande Giro, si è obbligati a pianificare tutto e ritrovandosi a fare esattamente il contrario di un uomo di classifica. «Affrontiamo ogni tappa di montagna come uno scalatore affronta una tappa di pianura: dobbiamo fare di tutto per evitare ogni possibile rischio - ci spiega Pasqualon - nelle tappe come quella di ieri con arrivo ad Ascoli, per esempio, mentre davanti si danno battaglia per le prime posizioni nella classifica generale, noi dobbiamo agire di strategia. Fondamentale è prendere il gruppetto giusto, staccarsi in modo graduale ed evitare fuori giri. Affrontiamo ogni salita con il nostro passo per salvare la gamba del giorno dopo, da fuori sembra una cosa stupida, ma per noi è importantissimo».

Oggi al Giro si corre la Notaresco Termoli, una tappa che nel finale presenta un piccolo strappetto. Pasqualon ci ha già messo l’occhio da un paio di mesi, sin da quando è stata presentata la corsa rosa. Il suo sogno è racchiuso tutto in quell’ultimo chilometro che lo potrà consacrare alla gloria. Minali non ha dubbi, è la tappa perfetta per il suo compagno di camera e farà di tutto per aiutarlo al meglio. Andrea invece è più scaramantico, si sente bene, ma ha paura che tutto si possa infrangere. Sagan è sicuramente uno dei favoriti, ma i due atleti della Intermarchè non gliela daranno certo vinta. «Negli scorsi giorni la gamba girava bene e il settimo posto a Cattolica mi ha dato una scossa di adrenalina, oggi c’è la tappa più adatta alle mie caratteristiche, non faccio che pensarci. La vittoria? È un sogno talmente grande che quasi faccio fatica ad immaginare, ma io farò di tutto per raggiungerlo».

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