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NIZZOLO. «ALLA PARIGI-NIZZA CHIEDO RISPOSTE E CONDIZIONE»
di Francesca Cazzaniga | 07/03/2021 | 08:24

Il 2021 di Giacomo Nizzolo è iniziato con il giusto colpo di pedale grazie alla vittoria alla Clàsica de Almerìa lo scorso 14 febbraio. Il velocista lombardo, ormai ticinese d’adozione (è residente a Balerna ndr), è oggi al via della Parigi-Nizza con l’obiettivo di trovare la giusta condizione in vista della Milano-Sanremo per cercare di vincerla con la maglia di Campione Italiano ed Europeo: «La Classicissima è il Monumento più adatto a me e quello con cui sono cresciuto. Quando ero ragazzino i giorni della Milano-Sanremo erano sempre sabati speciali dove con i miei amici in motorino raggiungevamo Piazza Castello a Milano per vedere la partenza di quella che per me è la corsa più bella del mondo. Quella dello scorso anno è stata la prima Milano-Sanremo della mia carriera in cui sono riuscito ad arrivare in buone condizioni alla partenza, perché negli altri anni ho sempre avuto dei problemi fisici. Probabilmente avrei potuto impostare meglio la volata finale - ha chiuso in quinta posizione - ma Van Aert ed Alaphilippe sono andati davvero forte ed erano di un altro livello».

Cosa rappresenta per te correre con la maglia di Campione Italiano ed Europeo?
«E’ sicuramente una responsabilità in più, ma questo mi da grande motivazione per cercare di onorare questa maglia nel migliore dei modi e portarla in giro per il mondo».

A che punto sei con la preparazione?
«Sono un po’ in ritardo a livello di condizione ma forse, dovendo tener duro fino alla Parigi-Roubaix, questo può essere un vantaggio».

Oggi scatta la Parigi-Nizza. Che cosa ti aspetti?
«Una corsa molto dura. Cercherò di far crescere la condizione e magari di portare a casa qualche successo di tappa».

In cosa trovi la motivazione per affrontare i sacrifici che impone la vita da corridore?
«La competizione e tutti gli obiettivi che mi sono prefissato di raggiungere durante la mia carriera».

Quali?
«Come detto prima, mi piacerebbe conquistare la Milano-Sanremo, poi vincere una Classica in Belgio e riuscire a portare a casa più tappe possibili nei Grandi Giri. Quest’anno oltre alla Milano-Sanremo, vorrei anche mettermi alla prova in altre classiche come Fiandre e Roubaix. Non mi sento un corridore appagato, tutt’altro. Ho avuto tanti infortuni durante la mia carriera, soprattutto durante le stagioni 2017 e 2018 nelle quali ho avuto problemi al ginocchio destro».

Fino ad oggi qual è stato il momento più gratificante della tua carriera?
«Il mio primo Giro d’Italia nel 2012. Ho sempre pensato che portare a termine un Grande Giro fosse davvero difficile e quando sono riuscito ad arrivare a Milano mi sono sentito molto orgoglioso. E’ stata un’esperienza che mi ha cambiato totalmente e in generale è una corsa che ti insegna tanto.»

Che cosa in particolare?
«Mi ha insegnato che con la testa si arriva dove non si riesce ad arrivare con il fisico, riuscendo così a superare i nostri limiti».

Qual è stato invece il momento più brutto?
« Le stagioni 2017 e 2018 dove ho avuto problemi al ginocchio sono state un’agonia».

Fino ad ora vanti 26 vittorie in carriera. Te le ricordi tutte?
«Così su due piedi no, ma se dovessi riguardare delle foto o dei video ricorderei bene la situazione».  

Il ciclismo è in continua evoluzione: come pensi cambierà nei prossimi anni?
«Il livello medio del ciclismo si sta alzando sempre di più ed i giovani che passano al professionismo sono già pronti per vincere. Secondo me tutto diventerà sempre più esasperato e quindi credo che sarà fondamentale riuscire ad avere il giusto equilibrio mentale».

Siamo negli anni del ricambio generazionale, ci sono molti giovani che si stanno mettendo in luce. C’è qualcuno che ti ha impressionato più di altri?
«Van der Poel è un fenomeno, e lo penso da sempre. Secondo me è il corridore con più classe, quello che riesce a raccogliere grandi successi con estrema facilità e questo a mio modo di vedere è qualcosa di davvero unico e speciale».

Chi è il tuo miglior gregario?
«Matteo Pelucchi, ma non mi piace definirlo gregario. Lui per me è una spalla su cui contare sempre, sia in corsa che al di fuori. Quello tra me e Matteo è un rapporto di grande amicizia e stima che va oltre il rapporto lavorativo. Ci conosciamo da quando abbiamo sette anni ed insieme abbiamo condiviso molto, dalle battaglie da avversari alle vittorie come compagni di squadra prima da dilettanti e poi come professionisti.
Abbiamo anche molte passioni in comune e questo è un aspetto che ci lega ancora di più».

Ad esempio?
«La passione per le moto, e questo è secondo me molto importante perché ci aiuta a staccare dalla routine giornaliera del ciclismo.»

Hai mai pensato di smettere?
«Ci sono stati dei momenti in cui non riuscivo a vedere la luce in fondo al tunnel, soprattutto quando i problemi al ginocchio non sembravano migliorare. Non ho mai pensato di appendere la bici al chiodo, ma ammetto siano stati momenti molto delicati, in cui non riuscivo a trovare le risposte che cercavo».

Per quanti anni ti vedi ancora in gruppo?
«Dipende da quanto andranno forte gli altri - risponde ridendo -. Non so dirlo con precisione ma tutto dipenderà da come starò fisicamente».

Tre parole per descrivere la bicicletta…
«Competizione, adrenalina e condivisione».

Se non fossi stato un corridore, saresti stato...
«Un motociclista».


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