«Più che il campione ricordo l'uomo che è stato Felice Gimondi. Per intenderci si toglieva il cappello come gesto di saluto di fronte a una signora. Questo era Felice...». Così Massimo Ghirotto, ex professionista vincitore di tappe al Giro, Tour, Vuelta, Giro di Svizzera e di una prova di Coppa del Mondo parla del suo presidente.
Massimo è il team manager della squadra corse di Mountain Bike della Bianchi, che purtroppo a fine anno cesserà l'attività dopo 29 stagioni.
Come è nata la sua collaborazione con Gimondi?
«Una sera di fine anno 1999 mi chiamò al telefono e mi disse se volevo prendere in mano la squadra di mountain bike della Bianchi. Mi parve strano, io che arrivavo dalle gare su strada, essere considerato da Gimondi per questo incarico. Ci pensai solo un attimo, infine accettai e ci accordammo per vederci. Da quel giorno abbiamo passato insieme vent'anni».
Tra lei e Gimondi ci sono stati contrasti sulle decisioni sportive da prendere per la squadra?
«Noi due non abbiamo mai avuto opinioni diverse, siamo sempre stati sulla stessa linea e sintonia. La sua fiducia era per me una guida, una garanzia di successo. Discutevo tutto con lui, lo informavo su ogni movimento del team, a volte capitava di sentirci anche tre-quattro volte al giorno. Anche adesso mi pare di sentire la sua voce, garbata e gentile. Non era così che doveva andare».
L'ultima volta che ha visto Felice?
«Tre settimane fa, eravamo in Val di Sole in Trentino per la Coppa del Mondo di Cross Country. Gimondi è venuto a trovarci, accompagnato dal fratello Alessio. Non amava fare discorsi, non era nelle sue corde, ma in quella occasione si alzò in piedi e con i suoi modi garbati fece un discorso ai ragazzi dicendo loro che a fine stagione la Bianchi avrebbe chiuso la squadra. Ringraziò lo staff tecnico e tutte le persone che avevamo lavorato per i team e il ripensarci oggi mi rattrista... È stata l'ultima volta che l'ho visto».
Ha un'ultima parola per Felice?
«Perdo prima di tutto un amico e poi il mio presidente. Mi viene un groppo in gola solo a pronunciare il suo nome. E' stato prima di tutto un grande uomo, purtroppo ce lo hanno portato via. Ciao Felice».