In linea con il suo carattere schivo, taciturno che già rifuggiva dalle luci della ribalta anche in maglia rosa, Ivan Gotti ha evitato i riflettori anche nel recente Giro di Lombardia, il numero centodieci della serie, vinto per la prima volta da un corridore extra-europeo, il colombiano Esteban Chaves. Il “Colibrì”, questo il soprannome del sempre sorridente Chaves, è un bergamasco d’adozione e pure nella struttura fisica minuta (pesa poco più di cinquanta chili), ricorda il bergamasco D.O.C. Ivan Gotti, nato a San Pellegrino Terme nel 1969.
Gotti è stato avviato al ciclismo dal parroco don Giuseppe, suo primo tifoso e allenatore, con una carriera di professionista di valore – specialità salita – dal 1991 al 2002, dopo una significativa militanza anche fra i dilettanti nella Remac di patron Mario Cioli, diretta da Olivano Locatelli. Nelle foto di gruppo era in pratica sommerso e sovrastato da certi marcantoni suoi compagni di squadra ma in gara, quando la strada saliva, l’esile e fine Gotti le suonava a tutti, compagni o avversari che fossero. Passa al professionismo nella Gatorade-Château d’Ax, al fianco di Gianni Bugno, diretta da un altro bergamasco, direttore sportivo di lungo corso, Gianluigi “Gigi” Stanga.
Lo scalatore di San Pellegrino, in carriera, ha conquistato due Giri d’Italia, con Saeco e Polti (1997 e 1999), ha rivestito la maglia gialla per due tappe al Tour de France del 1995, e ha ottenuto successi in corse di rilievo anche se negativamente condizionato nei successi dall’assoluta mancanza di sprint.
Conclusa la carriera pedalata Ivan Gotti si è un po’ allontanato dal ciclismo professionistico dedicandosi con tenacia, tutta orobica, a un nuovo lavoro nell’ambito commerciale del colosso dolciario Ferrero. Un nome comunque legato al ciclismo, soprattutto al Giro d’Italia e che per Ivan Gotti travalica la sfera lavorativa investendo quella dell’amicizia e dell’affetto.
La base di Ivan Gotti è sempre a San Pellegrino Terme, nel cuore della Val Brembana della quale conosce ogni strada. La prova l’ha fornita in occasione del Giro di Lombardia 2016 con l’indicazione e la proposta portata avanti da Giovanni Bettineschi, l’appassionato “capo” di Promoeventisport, l’associazione che dal 2002 promuove lo sport – ciclismo e sci soprattutto – nel territorio, valli e pianura non fa differenza, del bergamasco. Giovanni Bettineschi, nel suo operare quale “promoter” soprattutto per gli eventi ciclistici di primo rilievo di RCS Sport, coinvolge in amicizia nelle fasi propositive degli eventi, i molti grandi, e taluni grandissimi, “ex” che, in tema, arricchiscono la provincia di Bergamo in modo unico, peculiare.
E’, infatti, stato Ivan Gotti a suggerire l’inserimento nel tracciato del Lombardia, classica-monumento, delle “novità” delle salite di Sant’Antonio Abbandonato e di Miragolo San Salvatore, asperità conosciute fino alla presentazione del percorso dai soli professionisti e dilettanti della zona. Sono state inserite dopo la Valcava, il Berbenno e prima del Selvino e del tradizionale e spettacolare strappo della Boccola, a Bergamo Alta, in prossimità dell’arrivo. La cronaca sportiva è fresca per ricordarla così come le immagini della gara e del territorio proposte dalla diretta televisiva.
L’idea era stata espressa, come già noto, da Ivan Gotti e Giovanni Bettineschi, a Stefano Allocchio, direttore di corsa RCS Sport, dopo il dovuto sopralluogo, a tavola – ovvio…-, nel ristorante Casanova di Curno gestito da Eddy Mazzoleni, altro ex-professionista nato a Bergamo nel 1973, con più di dieci anni di carriera nella massima categoria. E si sa che a tavola si ragiona meglio e si è meglio disposti, specialmente se si degustano prelibate specialità. Il timbro, a secco, di convalida della proposta è apposto infine da Mauro Vegni. E’ fatta. Nasce anche così il tracciato del Giro di Lombardia 2016 con un dislivello d’inusuale sviluppo e lunghezza pure per una classica dura, impegnativa, per antonomasia e definizione, quale è da sempre il Giro di Lombardia.
Fedele al suo rifuggire a essere personaggio, Ivan Gotti non ha rincorso, anche in quest’occasione, giustificate e meritate visibilità, la vetrina, gli “amarcord”, ma ha preferito restare nel suo ambito, fra i suoi amici di sempre fra i quali annovera anche Santino (basta il nome, il cognome Bonetti è quasi un accessorio burocratico…) di San Giovanni Bianco, conosciuto nella valle come il “Torriani della Val Brembana” per la sua lunga, appassionata, attività organizzativa nel ciclismo, giovanile e amatoriale.
La sua riservatezza tipica del “Gutìn”, per parlare con intonazione orobica, gli ha probabilmente evitato quale occhiataccia e qualche amichevole rimbrotto da parte di ex, più o meno recenti, colleghi del passato e corridori attuali.
Ivan Gotti, sempre fedele a se stesso, avrebbe ribattuto con il suo sorriso, con la sua finezza e il suo educato proporsi, sempre disponibile, il suo marchio d’uomo prima di quello di corridore.
Giuseppe Figini