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LOPEZ. «QUALCOSA HO SBAGLIATO, MA NON RECRIMINO NIENTE E... VADO AVANTI»
di Giorgia Monguzzi | 22/05/2022 | 08:00

Il sogno rosa di Juan Pedro Lopez è durato dieci tappe. Dieci giorni intensi che ha vissuto nell’abbraccio del pubblico e con l’emozione fortissima di una maglia che l’ha spinto letteralmente oltre ogni limite, stringendo i denti anche quando poteva alzare bandiera bianca, sul Blockhaus dove il simbolo del primato l’ha difeso in ogni modo. È bastato poco al giovane spagnolo del team Trek Segafredo per farai amare dal pubblico italiano che ha imparato finalmente a conoscere la sua forza e appassionarsi al suo sorriso. Ieri a Torino Lopez ha dovuto salutare la maglia rosa, ma la sua non è mai stata un’arresa, anzi la ricerca infinita di un sogno, ma la consapevolezza di averlo perso non l’ha certo fermato. Sul traguardo molti al suo posto avrebbero mostrato il broncio con un evidente rabbia e delusione, ma lui ha regalato un sorriso non riuscendo più a trattenere l’emozione.

Juan Pedro Lopez è stato accolto da un boato della folla, urlavano il suo nome a squarciagola e gli battevano le mani. Molti erano ecuadoregni, con tanto di bandiere gialle rosse e blu, sui cartelli portavano il nome di Richard Carapaz, eppure in quel momento hanno messo da parte il tifo per incoraggiar e rendere onore a quello che si è rivelato essere un grande campione. «Sul traguardo di Torino è stato pazzesco - spiega Juan Pedro Lopez - molte persone dicevano il mio nome, mi applaudivano, non mi sarei mai immaginato di ricevere così tanto affetto. Ho perso la maglia, ma non sono per nulla arrabbiato, anzi sono felice perché ho dato il 100%, semplicemente gli altri atleti sono stati più forti di me. Sono stati dieci giorni fantastici, mi dispiace solo che sia finita. Per un attimo dopo l’arrivo mi sono scappate delle lacrime, ma non era tristezza, era l’emozione troppo forte per tutta la gente che in quel momento mi stava supportando».

Lo spagnolo della Trek Segafredo ha solo 24 anni, eppure ha già capito lo spirito del Giro e di quella maglia che rappresenta un autentico sogno. All’Etna era scoppiato a piangere, incredulo,  col cuore in mano aveva detto più e più volte che era una cosa bellissima che credeva non fosse mai stata possibile. Eppure quel sogno, giorno dopo giorno, è diventata una certezza mantenuta anche grazie ad una squadra che nelle tappe più difficili da interpretare gli è stata sempre accanto. Lopez ha vissuto la sua maglia, dall’incredulità iniziale a quella foto ormai famosissima sulla spiaggia di Pescara nel giorno di riposo. Ha vissuto tante emozioni, eppure la più grande rimane in quel giorno all’Etna quando gli hanno comunicato che era il nuovo leader della generale «all’inizio non capivo perché mi volevano alle premiazioni - aveva detto - poi ho realizzato: ero il nuovo detentore della maglia rosa».

A Torino l’avventura è finita, tutti si aspettavano i fuochi d’artificio tra gli uomini di classifica, ma non certo che la Bora Hansgrohe desse inizio al tutto così presto. «Quando Carapaz è scattato la prima volta ho dato tutto per stargli a ruota, forse se fossi andato su del mio passo avrei perso meno in classifica e non sarei rimasto solo. Di sicuro ho sbagliato qualcosa, ma non mi recrimino niente perché con il senno di poi sono capaci tutti. È stata la prima volta in cui mi trovavo in maglia rosa e ho cercato di difenderla come meglio potevo e ho imparato davvero tanto.» Nei dieci giorni in rosa Lopez ha accumulato un’esperienza incredibile, si è messo letteralmente alla prova e si è messo in luce davanti al mondo intero. È grazie ad avventure come queste che si cresce in un modo incredibile, una vera e propria lectio magistralis nel ciclismo che conta. Un frullatore che gira che rischia di far perdere la testa, ma per chi sa tenere i piedi ben saldi a terra diventa un corso privato tra i grandi.

Il Giro non è finito, mancano sette giorni di inferno in cui può succedere di tutto o niente. Lopez è ora nono nella generale e già promette che farà di tutto per difendere quella posizione mettendosi alla prova sulle grandi montagne alpine. Gli applausi della folla lo accompagnano mentre si allontana, in sella alla bici e con quella maglia rosa che deve abbandonare, sempre sorridente, saluta con la mano tutti quanti ringraziandoli per il supporto ricevuto. Il suo non sembra certa un addio, quanto piuttosto un arrivederci alla prossima occasione perché come dice lui stesso citando il “Cholo” Simeone, «l’importante è vivere partita dopo partita» e noi siamo sicuri che presto lo vedremo esultare per un goal in rovesciata.

 

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