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IL CASO. QUELLE LIBERATORIE PERICOLOSE
di Silvano Antonelli | 26/03/2019 | 07:57

Non da oggi, e forse già da troppo tempo, diverse sono le province, regioni e comuni, che per concedere l’autorizzazione allo svolgimento delle gare ciclistiche, pretendono in cambio una liberatoria firmata dall’organizzatore dove, oltre a confermare di aver preso visione del percorso, si chiede, in particolare, di considerare idoneo lo stato delle strade, sollevando l’Ente proprietario da ogni responsabilità.

Lo si chiede anche per la semplice concessione dei nulla-osta propedeutici all’autorizzazione.

Il tutto con un certo “fai da te”, in cui si arriva a chiedere all’organizzatore di dichiarare idoneo lo stato manutentivo del manto stradale o, addirittura, di sollevare da ogni responsabilità i dipendenti di questa o di quell’altra Amministrazione.

Negli ultimi anni, la carenza di fondi e la conseguente mancata manutenzione, hanno portato molte strade al limite del vergognoso, dilatando oltre ogni misura il numero dei cittadini pronti ad aprire cause di risarcimento danni nei confronti delle pubbliche amministrazioni per ottenere indennizzi per ogni sorta di incidenti, dal fondo scivoloso perché ghiacciato alla pozzanghera che ti ha fatto perdere aderenza, dal coperchio del tombino leggermente sporgente alla buca più o meno grande, dallo scalino non segnalato alla trappola di una caditoia coperta dalle foglie. E chi più ne ha più ne metta.

Cause costose, che fanno perdere tempo e che ogni giorno chiamano a risponderne, dietro il paravento generale dell’Amministrazione, tanti singoli dirigenti e funzionari che di volta in volta devono giustificare il loro operato.
Un mare magnum dove forse possiamo scorgere anche non pochi ciclisti amatori, disposti a tutto pur di gareggiare, senza mai informarsi su alcunché, pronti però a trasformarsi nei Gaviria o Viviani della richiesta danni appena scivolano a terra. 

Conseguentemente, molte Amministrazioni locali, per non ostacolare più di tanto le gare (va detto per onestà) e al tempo stesso tutelarsi sempre più da queste, hanno preso l’abitudine, a macchia di leopardo, di chiedere agli organizzatori la consegna di liberatorie ben oltre i limiti della legge, con l’indicazione impropria di compiti e responsabilità, in un coacervo di possibili conseguenze che gli organizzatori forse non sanno intuire, oppure accettano inopinatamente pur di poter svolgere la propria gara. Condizione di molti, che di queste cose non sanno con chi parlarne, oltreché non trovare chi gliene voglia parlare.

L’articolo 9 del Codice della strada è chiaro: l’autorizzazione di una gara ciclistica è concessa previo nulla osta degli Enti proprietari della strada, i quali, in quanto tali, secondo la legge e le competenze loro attribuite, sono gli unici a stabilire le condizioni di transitabilità, ovvero, la compatibilità tra stato della strada e condizioni di sicurezza per l’evento che ne deve usufruire.

Oltreché i poteri di delega, i vari Enti possiedono l’imprescindibile competenza di ingegneri, geometri e cantonieri, opportunamente formati e abilitati, che conoscono la strada di loro competenza metro per metro, decimetro per decimetro, eppure, vengono proposte liberatorie dove, di fatto, si delega ad un presidente di società, che non ha competenze specifiche, la valutazione dello stato di idoneità della strada, affiancando questa anche ad una assunzione piena di responsabilità, che dovrebbe sollevare l’Ente proprietario da ogni qualsivoglia responsabilità. 

Siamo prossimi all’assurdo, allo stravolgimento del buon senso, dove insieme all’ignoranza giuridica di chi accetta o subisce queste cose, c’è l’improvvisazione  o l’impostura di chi le propone visto che, è quasi imbarazzante doverlo ricordare, ogni patto, seppure liberamente sottoscritto dalle parti, è nullo quando sia contrario alla legge. Sottolineiamo che, il Codice della Strada, assegna, agli Enti proprietari delle strade, competenze che non possono essere delegate a terzi o con terzi condivise.

È possibile che non tutti siano d’accordo su questo, anzi è certo, altrimenti non avrebbe senso che queste liberatorie venissero richieste.
Allora, mettiamola sul pratico e chiediamoci: siamo certi che l’assicurazione della gara copra ogni danno subito dai corridori per il solo fatto che l’organizzatore ha liberamente sollevato da ogni responsabilità l’Ente proprietario della strada oppure l’Ente autorizzante, compresi magari i casi di smottamenti o allegamenti non segnalati in tempo e sfuggiti alla sorveglianza degli stessi Enti?

La risposta è no, nulla è certo e tutto è da verificare.

Fino ad ora pare non siano accaduti fatti eclatanti o incidenti tali da produrre, per così dire, l’esplosione del problema. È una fortuna, in particolare per quei presidenti delle società di base, che per organizzare le loro gare, mettono l’anima insieme a quelle poche e modeste sponsorizzazioni.

Il rischio, però, è che insieme a questo ci stiano inconsapevolmente mettendo anche la casa o i beni di loro proprietà! Prima che ciò accada è bene che il mondo del ciclismo, con le sue strutture rappresentative, coinvolgendo tutte le parti in causa, compresa la Conferenza Stato Regioni, trovi il modo di affrontare la questione, ridando equilibrio alle soluzioni, nel rispetto delle norme di legge e dell’ineludibile tutela degli organizzatori.  

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