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YATES. «IL GIRO MI CHIAMAVA, MI CHIAMAVA E ORA FINALMENTE E' MIO»
di Francesca Monzone | 02/06/2025 | 08:20

Simon Yates ieri sul palco delle premiazioni a Roma era ancora molto emozionato. Il suo Giro d’Italia lo ha vinto in montagna, nell’ultima giornata utile per raggiungere il risultato importante. La vittoria è arrivata sul Colle delle Finestre, dove nel 2018 era in maglia rosa e perse quel  Giro che sembrava ormai vinto. La vittoria andò a Froome e il britannico disse sempre che avrebbe provato di nuovo a vincere la corsa rosa. Il suo sogno si è realizzato e adesso è lui il vincitore del Giro d’Italia numero 108.  

Da bambino sognava di vincere il Giro d'Italia? E quanto è stato importante per la classifica generale quello che ha fatto nelle tre settimane?
«Fin da quando sono diventato professionista, ho sempre sognato di vincere le corse più importanti e ovviamente i grandi giri che sono l'apice del nostro sport. Mi sono innamorato di questa anche se nel 2018 ho avuto i miei alti e bassi. Ma è una gara che ha continuato a chiamarmi e  alla fine sono riuscito a vincerla. Quindi ancora non ci posso credere, è come un sogno che si è finalmente avverato».

Simon, lei ha parlato molto di fiducia, sia in se stesso che nella squadra. È qualcosa con cui ha avuto difficoltà a trovare nella tua carriera e nella sua vita personale?
«Penso che tutti debbano avere  sempre fiducia in se stessi e avere il tempo per poter fare qualcosa. Per quanto riguarda questo Giro, la fiducia della squadra è stata importante. I ragazzi mi hanno incoraggiato a provarci e non sai mai cosa può succedere. Alla fine anche io ho iniziato a crederci ed è per questo che ci ho provato e ieri ci sono riuscito».

Lei ha corso per tanti anni con la stessa squadra inseguendo la vittoria nel Giro. Come è stato raggiungere questo risultato con una squadra con cui sta correndo da appena un anno?
«Credo di aver avuto bisogno di un cambiamento e volevo arrivare in una squadra che sapesse vincere i grandi giri. Ci sono riuscito  con corridori diversi e sembra che la cosa abbia dato i suoi frutti. Ovviamente non ho rimpianti per essere rimasto  così a lungo con la Jayco. So di avere degli amici di lunga data e dei bei ricordi con quella squadra. Praticamente tutti i miei successi, a parte il Giro, sono stati con loro, quindi non ho rimpianti e sono felice per tutto quello che ho fatto fino ad oggi».

Ieri insieme agli altri corridori ha incontrato il Papa. Che tipo di momento è stato?
«È stato davvero incredibile. Per qualche motivo non mi ero reso conto che ci saremmo fermati e ho pensato subito che saremmo andati via, ma non è stato così. Quindi sì è stato un momento indimenticabile per me. Credo anche per tutti gli altri corridori presenti. Essere in Vaticano e ricevere la sua benedizione è stato veramente emozionante».

Il ciclismo è uno sport duro che non regala nulla, quanto ha dovuto lottare nella sua carriera? Le è mai capitato di pensare di ritirarsi?
«Ho avuto  molti momenti difficili non solo al Giro ma anche in altre gare e naturalmente ho pensato che forse era arrivato il momento di fermarmi e fare qualcos'altro. Ma ho continuato e mi sono ritrovato di nuovo al Giro e questo  è stato il mio anno e ieri ero molto emozionato e non penso di essermi emozionato così tanto nella mia vita». 

Alla fine lei ha dimostrato di essere il corridore più forte, ma anche il più intelligente. Cosa pensa al riguardo?
«Volevo stare da solo per potermi concentrare sui miei sforzi perché sapevo di avere gambe forti e che avrei potuto concentrarmi davvero sulla mia prestazione. Ho avuto la sensazione che alcune tappe fossero più esplosivo e questo mi avrebbe causato una perdita di tempo, ma sapevo e sentivo che avrei potuto dare di in giornate dove era richiesto uno sforzo più lungo e sostenuto. Quindi avevo solo bisogno di andare in fuga da solo e ci sono riuscito e da quel momento tutto è stato abbastanza semplice». 

Ieri a Roma l’abbiamo vista pedalare vicino a suo fratello, che corre con la squadra di Del Toro e quindi siete rivali. Di cosa avete parlato?
«Con Adam siamo molto legati, ma in realtà non parliamo molto di ciclismo. Nella chiacchierata di ieri, abbiamo parlato della Città del Vaticano, di vita normale in un certo senso. Per quanto riguarda Isaac che corre con mio fratello, penso che sia un ragazzo molto giovane ma con un futuro davvero brillante e già corre ad altissimo livello. Penso che quando io avevo 21 anni ero solo un neoprofessionista, forse non ero ancora nemmeno un professionista, quindi sono sicuro che si riprenderà da quello che è successo in questo Giro e avrà molto più successo nella sua vita di quanto ne ho avuto io».

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