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GIORNO DELLA SCORTA. Che si torni a parlare italiano...
dalla Redazione | 14/11/2015 | 09:22

Forse è colpa della complessità dei regolamenti, o dell’eccessiva sicurezza che porta spesso gli organizzatori e il ciclismo fuori strada. Forse è solo una questione di lingua: non ci si comprende più. Fino a qualche anno fa la lingua ufficiale del ciclismo era il francese ma anche l’italiano era una lingua “passepartout”: ora c’è l’inglese, per tutti, anche in Francia e in Italia. Non sono sicuro che il problema sia l’inglese, anche se l’inglese è un problema per molti, ma non sono certo che sia la causa dei troppi incidenti che anche in questa stagione sono accaduti in diverse corse di rango, tutte di World Tour. Un esempio di quanto è successo? Presto detto: la stagione incomincia con un doppio incidente in mondovisione al Giro delle Fiandre. E dico il Fiandre. L’auto del cambio ruote prima urta Jesse Sergent che è in testa a un gruppetto di fuggitivi e lo manda gambe per aria e poi all’ospedale (frattura della clavicola). Poco dopo, un’altra macchina del cambio ruote sbatte per terra Sebastien Chavanel, il quale però non lamenta nessun danno specifico. Al Fiandre dell’anno scorso un altro episodio piuttosto grave, che poteva anche terminare peggio. Durante le fasi iniziali della competizione, una donna viene investita dal belga Johan Vansummeren poi costretto al ritiro.

Dopo il Fiandre la Roubaix, che rischia di finire in un binario morto, o meglio, sotto un treno. Nessuna sanzione per il grave rischio corso da alcuni corridori a circa 85 km dall'arrivo della Parigi-Roubaix numero 113. Cosa succede di preciso? Quando il gruppetto di testa arriva ad un passaggio a livello che si sta abbassando con una sola sbarra per senso di marcia, una trentina di corridori passa nonostante i tentativi di fermarli di un poliziotto motociclista. Tra questi anche Arnaud Demare in maglia di campione di Francia, che incoccia la barra dall'altra parte della ferrovia e ha qualche difficoltà a riguadagnare la strada. Una cosa analoga era successa sempre alla Roubaix nel 2006 con i belgi Leif Hoste e Peter Van Petegem ed il russo Vladimir Gusev, giunti rispettivamente secondo, terzo e quarto, che furono però squalificati per aver attraversato un passaggio a livello con le sbarre abbassate. Questa volta – nel senso di quest’anno – nessun provvedimento, nessuna squalifica.

Ma non è tutto: vogliamo parlare della moto che finisce addosso a Greg Van Avermaet mentre sta andando a vincere la Clasica di San Sebastian che finisce invece nelle mani di Adam Yates? E di Peter Sagan sbattuto anche lui giù da una moto dell’organizzazione in una tappa della Vuelta?

Tutto questo per dire cosa? Che c’è qualcosa che non torna. Troppi gli incidenti, troppo il personale non qualificato o perlomeno adeguatamente addestrato, ma una cosa balza chiaramente all’occhio: succede tutto lontano da casa nostra. Voi direte: meglio così, ci è andata bene. Ma la verità è anche un'altra, e ogni tanto va anche rammentata: l’Italia ha mille più problemi, e forse questa è la nostra vera fortuna. Qual è la nostra fortuna? Essere con le pezze là dietro in prossimità del nostro deretano e per questa semplice ragione ci ingegniamo. Noi abbiamo problemi di sponsor, viabilità e costi per avere al via delle nostre manifestazioni la polizia stradale o i carabinieri. Per questo in Italia siamo molto avanti con le scorte tecniche. Per questo da anni si organizza una giornata come questa dedicata alla “sicurezza” nelle corse in bicicletta e periodicamente si tengono corsi di formazione. Per questo in Italia le corse si possono dire sicure, mentre all’estero, dove si sentono sicuri senza fare niente, succede quello che succede. Per questo, forse, è il caso che nel ciclismo si torni a parlare anche un po’ di italiano. E magari a seguire anche qualche nostro corso. Chissà, anche questa giornata della sicurezza potrebbe guardare oltre i confini, perché nonostante noi ci si senta perennemente alla periferia del mondo, qualcosa da insegnare sulla sicurezza nelle corse al mondo del ciclismo ce l’abbiamo eccome. Di questo ne sono sicuro.

Pier Augusto Stagi, dalla brochure de Il Giorno della Scorta

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