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CARA ANNEMIEK
di Gian Paolo Porreca | 26/10/2020 | 07:45

Eadesso che non hai vinto, cara Annemiek Van Vleu­ten, il titolo mondiale 2020, e anche se non sarei su questo for­se totalmente d’ accordo, ti ringraziamo una volta di più.

Vedi, sarebbe stato troppo facile parlare e riscrivere di te, i soliti to­ni di enfasi, al ritorno ancora trionfante dopo un infortunio en­­nesimo, un altro dei tanti da te subiti in strada e nella vita, e poi senza esitazione alcuna surclassati.
E invece questo tuo arrivare se­conda, il polso sinistro protetto dal tutore bianco, e in che modo lancinante, nel testa a testa con la nostra Longo Borghini a Imo­la, già lontana e prima Anne Van der Breggen, mi ha illuminato una volta di più sulla potenzialità infinita della donna, Donna, sem­mai donna di sport, e di quel suo planetario sentimentale- emozionale, oltre che fisico, che tanto spesso noi uomini pensiamo di conoscere fino in fondo. (Senza accorgerci semmai che era solo un fondo fittizio, quello da noi raggiunto).

Vedi, Annemiek, io sono un giornalista di una città del Sud Italia che una sera del luglio 2014, a Caserta, quando tu avresti indossato a sorpresa, per pochi centesimi di vantaggio sul­la inevitabile Vos, la prima ma­glia rosa del Giro d’Italia donne, ti sapeva a malapena nell’elenco delle iscritte, e avrebbe trasmesso a stento il tuo nome al giornale, ‘ti faccio lo spelling?’, ancora va­gamente infastidito del fatto che a vincere quel prologo fossi stata tu, proprio tu, discretamente sconosciuta, e non invece (po­niamo) Roxane Knetemann, la fi­glia di Gerrie, il compianto campione dai Ray Ban verdi in fotografia, sulla quale davvero c’era più naturale, e già per noi in serbo, un racconto.

E avrei imparato di te invece molto di più, semmai dopo aver letto con circospezione delle due operazioni subite alla ar­teria femorale, 2009 e 2011, am­mirando il tuo ritorno alle cor­se già dopo il primo incidente a Livigno, 2015, con un polmone perforato, e massimamente dopo la caduta drammatica, chi la scor­da in video, e la commozione cerebrale e la colonna vertebrale malmessa, alle Olimpiadi di Rio 2016, mentre eri in fuga verso la vittoria...
Magicamente tout court restituita alle corse, dopo poco, come se niente fosse e fosse stato, revenant, Donna Ciclista, vincendo e stravincendo, le crono iridate del 2017 e 2018, il Giro Rosa del 2018 e 2019, il Campionato del mondo in linea del 2019.

E ti abbiamo accompagnato con affetto al Giro Rosa di questo settembre, in rosa, fino alla caduta rovinosa di Mad­daloni, e alla frattura del polso si­nistro, un giovedì di sole per tutti, non per te. In quel ruzzolone rovinoso perdevi il Giro, sa­rebbe stato il terzo vinto in se­quenza, e perdevi ancor più concretamente la chance di poter di­fendere nove giorni dopo il tuo titolo di campionessa del mondo, ad Imola.

Ed invece no, merito primario cer­to dei medici, quelli di Pie­di­monte Matese e di Arnhem, me­rito straordinario tuo, della pertinacia e della volontà, ma tu, Ci­cli­sta Donna dell’incredibile, ad Imola ci sei riuscita ad andare, e a correre e con quale determinazione di atleta campione. Le ferite, sembravi dire, non si blandiscono, si guariscono.

E qui però, ad Imola, se mi permetti, forse vado oltre il dato sportivo e tecnico, ma è lo spirito di questa rubrica, mi hai fatto amare ancora di più l’ineffabile costellazione dell’animo di una donna. Sai quante cose ho visto  - visionario, io? - in te sabato 26 settembre, splendide in una don­na, meglio se in una ragazza bion­­da? Ho visto il sapersi celare agli altri per tanti chilometri, l’au­dacia del primo scatto al pe­nultimo giro sulla Gallisterna, e la titubanza e poi l’orgoglio nel rispondere anche ad una connazionale Van der Breggen che di te andava più forte in salita, ra­gazza che non ci sta, una sfumatura donna di gelosia, e poi invece l’intuire che stavi sbagliando, donna di pace, e il ritorno a farsi da parte, donna che si fa ombra, donna che non tradisce, marcando l’avversaria più temibile, la Longo Borghini... Quante sfaccettature, nel caleidoscopio umo­­rale e sensitivo di una don­na, giusto?

Fino a condividere, complicità di sguardi, due ragazze e un pomeriggio da organizzarsi, il contropiede con la Lon­go Borghini. Per quel duello fi­na­le e un podio da definire al meglio. E lì, correggimi se sbaglio, l’indecifrabile primato delle donne ci è parso dotato anche di una sottintesa capacità transitiva... Con la Longo Borghini ha che allarga il suo gomito destro verso il tuo braccio sinistro me­dicato, quello operato di fresco, in un lieve tentativo di frenarti... E poi, guarda il replay, sembra che è come se lo tirasse indietro, via dall’irregolarità modesta, co­me se non volesse farti del male, gentilezza naturale nel suo cuore. Abbiamo letto questo e se ci sbagliamo, non ditecelo, di grazia.

Grazie, allora, cara Annemiek, per averci fatto credere da innamorato per vero, ancora alle don­­ne, creature ancora migliori di noi.

da tuttoBICI di ottobre

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