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COST TU COST. Virginia, la fine del viaggio - 10
dalla Redazione | 30/08/2014 | 07:45

Tommy era lì davanti, e sorrideva (R.Vecchioni). Sì lo so, è noioso che uno continui a citare frasi altrui, ma credo che se un fatto di vita vissuta coincide esattamente con una poesia o un pezzo di poesia, l'autore (se uno se ne ricorda) vada citato. Dopodichè, la criptoamnesia è un meccanismo classico di tutti gli scriventi, di qui la teoria che in realtà tutto è già stato scritto eccetera, e tuttavia l'intento di dare a Cesare quel ch'è di Cesare mi pare dovuto. E qui la pianto, e veniamo alla Virginia, che è anche ora di finirlo 'sto viaggio, o no?

E dunque Tommy era lì davanti e sorrideva, e allungandomi metà della sua barretta mi dice (passo al presente storico, assai più bello) "sai che sono stato in Italia, ho conosciuto un viticoltore che fa il Montepulciano d'Abruzzo e ha tutti, ma proprio tutti, i modelli di bici di questa marca qui?".
E Tommy, che ha 44 anni e due cosce che son motori da 500 cc l'uno, in mezzo ai due motori ha un gioiello in carbonio-titanio "di quella casa lì", che poi è una delle solite due, una lombarda e una veneta, quelle del "medinitali" ciclistico più classico. Questo per dire che tutto il mondo, Virginia inclusa, è paese se di bici si parla, e quanto se n'è parlato con Tommy, che mi ha raccolto sfinito su un perfido vallonato dalle parti di Monticello (non Brianza ma paesaggi identici, oddio un po' meno cementificati... e lì è vissuto Monroe o non ricordo che altro presidente dei soliti 5-6 che han fatto la nazione, secondo triteritrita retoricona stars&stripes).

Io avevo appena passato gli Appalachian, ultimo sistema montuoso della traversata, ma soprattutto venivo da una settimana di su e giù ossessionanti col 90 o più per cento di umidità, e piogge anche torrenziali tutti i dannati pomeriggi e - ahia! - anche quasi tutte le notti. Dunque il buon Tommy mi ha (ovviamente raggiunto e) raccolto che facevo pietà e mi ha tirato per 7-8 miglia a un 33-35 all'ora che mi ha sorpreso assai, (per parte mia dico), potere dell'umana solidarietà, poi voleva pure invitarmi a casa sua ma io ho tirato diritto (ansia da fine-viaggio, indominabile) non prima di una chiacchierata rivelatrice su temi storici cari a noi tutti. "L'amico dell'Abruzzo - mi dice Tommy - mi ha anche regalato un libro su Fausto Coppi: bé credo che sia la più bella storia di ciclismo di sempre".

Vedi non è la più bella storia di ciclismo, è la più bella storia di sport (italiano, quantomeno) e una delle più belle storie di vita che si conoscano, caro Tommy, e qui voglio riesumare brevemente una pastellata ma gradevole fiction cine-televisiva che ebbe immeritata cattiva stampa negli sportivi ambienti, "Il grande Fausto" del regista Sironi, con un gran bel Castellitto e perfino una Muti passabile nel ruolo, ma soprattutto c'è un monologo "pensato" di Coppi, che apre e chiude lo sceneggiato, che è un piccolo capolavoro di sintesi esistenziale, parafrasabile così: "(...) e allora correvo via, sulla mia bicicletta (...) verso che cosa... o VIA da che cosa... io questo non l'ho mai saputo".
Be` c'e` qualcosa, di quel Coppi là, che mi sembra di poter immaginare molto vicino a quello reale, e credo sia in tutti quelli che fanno cose "inutili" su una bicicletta.

Questa che per me finisce in Virginia, una specie di grande Svizzera d'America dove i cavalli son tenuti come gioielli, dove i vigneti son pettinati come Fred Astaire, è una di quelle cose inutili che eppur si fanno, e quando finiscono capisci quasi sempre che ne è valsa la pena, e non per i cavalli e i vigneti-gioielli che hai incontrato, né solo per Tommy e gli altri cento nuovi amici che hai conosciuto, né per aver ragionato sulla storia di carneficine allucinanti (uomini in fila, fermi davanti a cannoni, ma ci rendiamo conto?) che hai imparato attraverso tutti i campi di battaglia delle guerre d'indipendenza intorno al 1780, no no e no: è che hai cercato, hai CERCATO qualcosa, forse istintivamente più che colla ragione, e come al solito ti sembra di non averlo trovato, perché non sai esattamente cos'è. Ma lo hai cercato, almeno, e una volta di più la bici è stata un mezzo speciale, unico, forse davvero il migliore, per chi ha la fortuna dell'uso delle gambe. (Sull'uso della testa, nella fattispecie, meglio sorvolare).

Quindi, a viaggio finito, mi permetto un ultimo uso eccessivo della prima persona e azzardo un consiglio. Veniteci, in Virginia. È lontana, ma non è poi detto che costi più che andare in Sicilia, per dirne una. Ciclisticamente, la Virginia è forse il più "adatto" dei 10 stati della "route 76" a un cicloturismo magari un po' spinto, magari no, ma comunque di tipo "sudeuropeo", come lo intendiamo noi italoiberici, diciamo così. Ed è un bello spaccato di IU-ES-EI, se non potete girarveli tutti (io ho girato 10 stati e ne resterebbero 40 credo, ma direi che basta così no?), insomma se non ci avete i due mesi che ci ho investito io, la Virginia è un buon compromesso. Poi, il west ha un suo fascino unico, per gente un po' più dura magari, fate voi.

E adesso non so come finire, perché non vorrei finire. Mi vengono in mente più cose che le 4mila miglia. Il Montana, l'incredibile stato un palmo sotto il cielo, che manda acque nel Pacifico, nell'Atlantico e nel Golfo del Messico (nessun altro stato è uno spartiacque così). Mi viene in mente il cougar che ho visto morto sul ciglio di una strada in Kansas: la lince, sì, ma quella grossa, il felinone che se gli gira ti può anche aprire in due, ma che in realtà scappa sempre perché ormai l'evoluzione lo ha ridotto a uno dei tanti esseri in perenne fuga dall'uomo, come quelli di Yellowstone, dove nel frattempo qualcuno ha fatto cadere un drone in un geyser: un drone sì, usato per fare fotografie, e che c'è di male dice, ma intanto i droni a Yellowstone son stati prontamente proibiti, e comunque la madre del cretino è già incinta un'altra volta.

Poi mi tornano in mente la partenza dall'Oregon e l'emozione a vedere a Eugene bigliettini e gli orsacchiotti (ancora 40 anni dopo!) sulla lapide che ricorda dove morì in auto Steve Prefontaine, mezzofondista-hippie, uno dei primi nomi che ricordo aver colpito la mia fantasia da bambino già "sports-addicted". Quarant'anni dopo e quell'uomo da 4 minuti sul miglio (ancor oggi un bel tempone... anche in bici) è ancora una presenza per tanta gente, proprio come Coppi, sì, anche se a Castellania nessuno lascia più bigliettini, e uno degli ultimi che han corso con Lui (o proprio l'ultimo?) se n'è andato proprio in questi giorni. Meglio: "è andato avanti", come dicevano gli alpini.

Ma a proposito di alpini, che militari erano, perché non ricordare anche che altro è la Virginia? Ma è la sede del Control, che diamine! ve li ricordate i telefilmetti dell'agente Maxwell Smart? Una str****tella anglo-saxon con un protagonista goffo ma "convinto", simpaticamente autoironico, un agente segreto intento a combattere il Caos, l'organizzazione anti-sistema spiata e ostacolata, appunto, dal Control. Il Control del mondo reale sappiamo tutti come si chiama (ma se non citiamo le marche di bici perché citare le marche di intelligence, armi & altri business affini?) e pensiamo (alcuni, io credo molti) che spesso, sempre più spesso, troppo spesso, la sua sede in Virginia è in realtà la sede sia del Control che del Caos. E il ControlCaos fa lavorare il Pentagono, e a me l'unico pentagono che piace è quello del telaio, classico, direi di epoca coppiana, della mia bicicletta bianca. E anche qui mi fermo, che è tardi e anche tu hai da fare, e a me resta solo da fare due conti per chi fosse interessato.

A Yorktown, davanti al Victory monument dove finisce (o comincia) la "bicycle route 76", o TransAm (occhio che la Adventure Cycling sta finendo di mappare la leggendaria"66" in versione ciclistica, che è Chicago-L.A.), il contagiri di bordo segnava 4.112 miglia, cioè 6.617 chilometri, che la mia eroica amica (3 raggi rotti e 7 forature, stop) e io abbiam macinato in 57 giorni di viaggio, 54+3 riposi, avedo lasciato Reedsport (Oregon) all'alba di luglio.

Occhio che le ultime 20 miglia per arrivare a Yorktown (o per partirne) sono un pezzo di Parigi-Roubaix perché per (sacrosante e sorprendenti) ragioni ambientaliste la Colonial Parkway è come "calcestruzzata" per limitare la velocita` dei bisonti a motore, e non c'è alternativa (e te pareva) per i routier non-inquinanti.
Ma soffrire fino all'ultimo è anche un dovere del pellegrino, rigorosamente laico in questo caso, perché scusate il pistolotto ma coraggio che è l'ultimo, "ire per agrum" è traversare le terre, non ha niente di necessariamente religioso, sono le chiese che si impadroniscono di certi concetti e poi la gente crede siano cosa loro, ma di "pellegrino" c'è una definizione che trovo magnifica e ve la giro, in spagnolo come l'ho letta, tanto si capisce benone e così diamo anche un colpo finale al persistente anglo-centrismo nordamericano: "peregrino es todo aquel que tiene una mente abierta, una equipaje ligera, y sigue libremente el camino de sus sueños".
Felices sueños a todos, allora. E a me, direttore, lascia scrivere un grazie a due personcine: mia figlia Alessandra e la sua mamma, Catarina: se non foste come siete, io queste cose non le potrei fare.
Grazie a tutti per la paziente lettura. Giuro che ho gli occhi umidi. Ciao.

Sergio Ghisleni

PUNTATE PRECEDENTI

1 - Oregon selvaggio, terra di amici
2 - L'Idaho che fa paura
3 - I grandi cieli del Montana
4 - Wyoming, la terra del vento

5 - Colorado, l'emozione del Sand Creek
6 - La calma piatta del Kansas
7 - Missouri, terra di muri e fiumi
8 - L'Illinois e il profumo dei soldi
9 - In Kentucky ho messo piede a terra

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