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MARCO VILLA: «SIAMO GIÀ AL LAVORO PER IL PROSSIMO ANNO E PER... LA2028»
di Giulia De Maio | 29/12/2024 | 08:25

Alla Notte degli Oscar tut­toBICI 2024 abbiamo respirato profumo di az­zur­ro. Marco Villa è stato premiato come tecnico dell’anno con l’Oscar tut­toBICI Gran Premio Fondazione Iseni y Nervi. Il CT della nazionale pista ha preceduto un suo... collega, vale a dire il commissario tecnico degli juniores Dino Salvoldi, ed è salito sul palco con uno dei suoi campioni, l’iridato e nuovo detentore del record del mon­do nell’inseguimento individuale Jonathan Milan che ha primeggiato tra i professionisti.

Avevamo chiesto ad una giuria di saggi di nominare un lotto di pretendenti al titolo: la scelta è caduta su Fa­bio Bal­dato dell’UAE Team Emi­rates, Davide Bramati della Soudal Quick Step, Franco Pellizotti della Bahrain Victorious, Marco Pinotti del Team Jayco AlUla, Roberto Re­verberi della VF Group Bardiani CSF Faizané, Dino Salvoldi ct juniores, Matteo Tosatto della Tudor Pro Cycling e appunto Marco Villa, ct della pista, dal 2022 responsabile oltre che del settore maschile di quello femminile. I lettori di tuttobiciweb.it si sono espressi dimostrando una partecipazione incredibile (abbiamo ricevuto qualcosa come 116.400 voti, con un incremento di oltre il 23% rispetto ai votanti della passata edizione, ndr) e al termine di una sfida molto equilibrata, l’ha spuntata il 55enne tecnico di Abbia­tegrasso con il 15,2% di preferenze.

Per l’ex pistard bronzo nell’Ameri­ca­na a Sydney 2000 in coppia con Silvio Martinello si tratta del quarto Oscar in carriera, dopo il tris consecutivo dal 2020 al 2022, e dell’ultima perla di questa stagione olimpica nella quale azzurre e azzurri della pista hanno collezionato trionfi e record che hanno dato nuovo lustro a tutto il movimento italiano.

A chi devi dire grazie per questo tuo quar­to Oscar tuttoBICI?

«A mia moglie Luisa e ai nostri ragazzi Davide, Gianluca e Riccardo perché il lavoro ruba tanto tempo alla famiglia. Devo condividerlo con tutta la Na­zio­nale Ita­liana, a partire dagli altri tecnici azzurri perché in quest’anno olimpico abbiamo condiviso scelte indirizzate alle medaglie in ottica multidisciplinarietà. Viviani e una Balsamo non al top schie­rati da Bennati e Sangalli nella prova in linea di Parigi 2024 sono stati per i miei colleghi responsabili della strada un “sacrificio” che si è ri­velato vincente in pista. Condivido questo premio quindi con loro oltre che con Ivan Qua­ranta, Die­go Bra­gato, Fabio Ma­sotti e tutto lo staff coordinato da Rober­to Amadio (a Parigi erano presenti i massaggiatori Fred Mo­rini, Ma­t­­tia Tre­glia, Piero Baffi, Mau­ro Pi­gliapoco, Marco Bertini, i meccanici Jo Ca­rini, Max Ci­sotto, Lucio Parra­vano, la segretaria Paola Butrico, la psicologa Eli­sa­betta Bor­gia e il dot­tor An­tonio An­­gelucci). È stata una stagione lunga e dura, ricca di importanti avvenimenti, a cui si è aggiunta la sfida a cinque cerchi. Siamo riusciti a gestire tutto per bene, senza sacrificare il settore giovanile Juniores e Under 23, per questo il mio plauso va a ogni membro del gruppo».

Il secondo posto in questa speciale classifica di Dino Salvoldi, in trionfo ai mondiali di Zurigo con Lorenzo Mark Finn, è l’emblema di un successo di squadra della Na­zio­nale.

«Sì, ormai abbiamo un sistema di lavoro rodato che speriamo di po­ter continuare a portare avanti. Per quanto riguarda la preparazione non lasciamo nulla al caso né per i grandi né per i piccoli e grazie ai partner della Nazio­nale, possiamo dare bici e materiali prestazionali anche ai giovani. La vittoria del quartetto Under 23 con Renato Favero, Luca Giaimi, Manlio Moro, Niccolò Galli (e Samuel Quaranta nelle qualifiche) al Campionato Europeo è la conferma che abbiamo a disposizione del buon materiale sia umano che tecnico. Quella che si sta per concludere ufficialmente è stata una stagione particolarmente intensa anche per gli Juniores, che, a livello di prestazione già l’anno scorso erano andati molto bene tanto che il trenino composto da Favero-Fiorin-Giaimi-Sierra si era laureato campione del mondo in Colom­bia e quest’anno Ares Costa, Christian Fantini, Alessandro Maga­gnotti e Da­vi­de Stella (più Eros Sporzon in gioco nelle qualifiche) hanno confermato l’Italia in maglia iridata, con tan­to di nuovo record del mondo di categoria (3’51’’199)».

Un bilancio della stagione non può che ruotare attorno ai Giochi di Parigi 2024.

«Era l’obiettivo degli ultimi tre anni. Puntavo a una medaglia in ogni specialità in cui eravamo qualificati, ci siamo riusciti nell’inseguimento a squadre con Lamon, Consonni, Ganna e Milan e nella Madison sia al maschile che al femminile. Mi resta il rammarico per l’omnium ma soprattutto per il quartetto femminile che non è riuscito a esprimersi al meglio perché un elemento fondamentale come Elisa Balsamo non era in perfetta condizione per col­pa degli incidenti occorsi. Mi è dispiaciuto che con le altre ragazze non sia riuscita a mettersi una medaglia al collo e capisco che ci sia rimasta male quando non l’ho schierata per la Ma­dison mandando in pista Chiara Con­sonni, che si era ben espressa a Gand e al mondiale scorso, quando sia Guaz­zini che Bal­samo erano infortunate. L’aver visto Balsamo in difficoltà sia su strada che con il quartetto sul finale della seconda prova, mi ha portato a prendere una decisione per preservarla. Che poi Chiara e Vit­to­ria abbiano vinto è un’altra storia e si meritano la gloria, ma Elisa è un talento indiscusso e lo dimostrerà».

In vista delle elezioni federali, come trascorre l’inverno il CT?

«Aspettando il nuovo quadriennio, va­do avanti come sono abituato. A febbraio 2025 abbiamo in programma i Campionati Europei a Zolder già preventivati e per i quali ragazzi e ragazze svolgeranno una buona base di allenamento su strada. Stiamo svolgendo proprio in questi giorni i tradizionali training camp di fine anno e di inizio 2025 al velodromo di Montichiari. Dopo i necessari richiami in pista, a gennaio svolgeremo un secondo blocco di lavoro al caldo per poi concludere la preparazione con allenamenti specifici in pista in avvicinamento alla trasferta in Belgio. Poi? Finora sono stato messo nella condizione di lavorare bene e i risultati lo dimostrano. Ho ancora voglia di darmi da fare, avrei piacere di continuare a ricoprire questo ruolo e mettermi all’opera per il rinnovamento del gruppo in vista del prossimo appuntamento a cinque cerchi».

Viviani ha detto addio alla pista e Ganna si concentrerà sulla strada. Come si sostituiscono le due bandiere del ciclismo az­zurro su pista?

«Intanto vediamo se dovremo proprio farlo... (sorride sornione, ndr). Con Elia a Parigi mi sono congedato dicendogli “Ti voglio anche a LA”, senza specificare in che ruolo. Mi piacerebbe averlo come uomo CONI o della FCI, gliel’ho buttata lì. Ho letto le dichiarazioni di Filippo in cui diceva che non parteciperà a mondiali e coppe del mon­do ma in pista verrà ad allenarsi. Non vedo grandi differenze dagli ultimi tempi e ora va bene così. Tra tre anni gli romperò le scatole per fargli cambiare idea e magari ci riuscirò».

Simone Consonni vuole puntare a una medaglia nell’Omnium a Los Angeles 2028.

«Nelle occasioni che ha avuto si è sempre fatto trovare pronto, darò spazio ai giovani che lo meritano ma non ho mai pensato di “buttare via” i vecchi, con tutto il rispetto per i ragazzi che hanno vinto l’oro a Tokyo nel 2021. Mi fa piacere la voglia di Simone di andare a caccia di una quarta medaglia olimpica, anche perché un Consonni in squadra fino a Los Angeles darà tanto in termini d’esperienza ai giovani. Anche a La­mon conviene continuare con la disciplina che gli ha regalato i maggiori successi. Ormai è chiaro che per vincere l’oro ai Giochi bisogna stabilire il record del mondo, non è facile continuare a limare secondi, dovremo lavorare sodo, senza mai sentirci arrivati».

Stando alla carta d’identità Jonathan Milan nel 2028 sarà all’apice della carriera.

«Sono felice che sia cresciuto tanto e che vinca sempre di più sia su strada che in pista. All’ultimo campionato del mondo di Ballerup ho ringraziato l’inglese Josh Charlton che si è messo di mezzo tra Jonny e Pippo così quando il primo ha stabilito il nuovo record del mondo (in 3’59”153 alla supersonica media di 60,212 km/h, ndr) non ha battuto il tempo di Ganna ma di colui che aveva battuto Ganna ed io ho potuto gioire con più libertà. Avremo quattro anni per riorganizzare il quartetto, au­guro a chi verrà preso in considerazione di avere il “problema” di dover ge­stire la doppia attività, come hanno do­vuto fare finora coloro che hanno vinto in Giappone. È innegabile che questo impegno duplice li abbia fatti crescere sia su strada che in pista».

Anche in campo femminile l’età ci sorride.

«Le azzurre in gara a Parigi a Los An­geles vivranno la piena maturità atletica. Il percorso delle americane, con Kristen Faulkner che ha vinto il ti­to­lo olimpico su strada e poi con il quartetto, è un esempio in più che ci darà fiducia per proseguire con un multiobiettivo. Se il percorso su strada an­cora non lo conosciamo, la pista è sempre quella, e mi auguro potremo lavorare congiuntamente per poter avere uno o due uomini e altrettante donne in più in gara. Tra le nuove leve mi aspetto molto da Federica Venturelli, che anche all’ultimo mondiale ha dimostrato il suo grande talento. È finita quarta per poco, per via di un errore di gestione della fatica, che è normale visto che era abituata a uno sforzo di due chilometri, che con le Elite diventa di tre. Corre già specialità olimpiche come Madison e omnium, sarà una carta in più da aggiungere alle atlete altrettanto forti che hanno già maturato esperienza ai massimi livelli a Saint Quentin en Yvelines».

Altri nomi, oltre a Moro, che potranno regalarci soddisfazioni?

«Mi spiace non aver fatto correre Man­lio a Parigi, ma ho seguito alla lettera il regolamento. Vedendo come si so­no comportati gli inglesi (hanno so­stituito un loro atleta per un semplice affaticamento muscolare, ndr) avremmo potuto azzardare e schierarlo al primo tur­no e poi sostituirlo, ma il CIO ci ha sempre detto che i giudici sarebbero stati rigidi nell’accettare i certificati medici. Con il senno di poi avrei potuto fargli fare quest’esperienza e sarebbe cambiata la faccia del nostro quartetto, visto che andava davvero forte, però mi servivano atleti multidisciplinari come Consonni e Viviani da schierare poi per la Madison. Tra coppe del mondo, mondiali ed europei si sono messi in luce Giaimi, Favero, Sierra, Grimod e Costa, che oltre ad essere bravi nel quartetto sanno muoversi nel­le gare di gruppo, che per il programma olimpico servono, eccome».

Il settore velocità cresce e fa ben sperare.

«Sì. Parigi è arrivata troppo presto per i nostri sprinter, in primis Mattia Pre­do­mo, passato dal titolo mondiale junior direttamente alle coppe dei grandi in piena qualifica olimpica con atleti con una o due Olimpiadi alle spalle, ma ora loro sono più avanti rispetto ai coetanei specializzati nell’endurance. Vi­sto che i primi punti validi per la qualifica olimpica saranno messi in palio due anni prima dei Giochi abbiamo altri due anni per prendere le misure e al 2028 i ragazzi arriveranno con sei anni di lavoro che, ne sono certo, fa­ranno la differenza. Il ricambio c’è e i recenti mondiali giovanili di Luoyang in Cina ce lo hanno confermato con Fabio Del Medico che ha saputo vincere il torneo del Keirin. Come accaduto per il quartetto, avere un gruppo numeroso è un vantaggio, le sfide interne per accaparrarsi il posto sono positive e portano inequivocabilmente ad alzare il livello generale».

Al termine di un ciclo e all’inizio di uno nuovo cosa chiedi?

«Di poter lavorare come fatto in questi anni e se possibile anche meglio. Ab­biamo dimostrato che il sistema vincente è quello multidisciplinare. Non voglio piangere, ma riscontro ancora scetticismo da parte di tante squadre. Quando chiama Villa non sempre si risponde presente, è un fastidio, mentre i miei colleghi della strada ricevono maggiore attenzione. Per assurdo ho più problemi con le squadre giovanili che con i professionisti, ma basta guardare in faccia la realtà per avere la conferma che cimentarsi in più specialità porta alla migliore crescita dell’atleta. L’ultimo esempio sotto gli occhi di tutti è quello di Milan, che ha lavorato un mese e mezzo a Montichiari per le Olimpiadi, senza toccare la bici da strada, e dieci giorni dopo il bronzo nel quartetto ha vinto tre tappe al Giro di Germania. Anche senza bici da strada ne è uscito allenato e allenato bene. Mi piacerebbe continuare a lavorare con un gruppo multidisciplinare. Vi garantisco che quando i ragazzi e le ragazze italiane trionfano su strada provo un’emozione uguale a quando vincono in pista».
Emozione provata anche alla Notte degli Oscar tut­toBICI, dove alla fine del 2024 Villa a statuette batte 4-2 Milan.

da tuttoBICI di dicembre

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