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DIECI FACCE DA LOMBARDIA
di Angelo Costa | 11/10/2024 | 08:20

«Mi piace chiudere la stagione al Lombardia», racconta Tadej Pogacar e ha tutta l’aria di un avvertimento. Oltre che di record: dovesse far centro per la quarta volta in fila, eguaglierebbe Fausto Coppi, che ci riuscì fra il 1946 e il 1949 prima di aggiungere successivamente un quinto successo. Oltre al confronto con la storia, a stimolare lo sloveno è anche la maglia iridata, che in questa monumentale classica non trionfa dal 2006, anno in cui Paolo Bettini firmò il suo personale bis. Inevitabile pensare a Pogacar parlando di Lombardia: è la sua corsa, ammesso che le altre lo siano un po’ meno. E’ lunga (255 chilometri) e dura (oltre 4800 metri di dislivello) e abbina le salite da scattisti a quelle più logoranti. Nell’alternanza dei percorsi, stavolta si va da Bergamo a Como, con un finale che propone Ghisallo e Colma di Sormano prima del tradizionale trampolino del San Fermo della Battaglia. Ricordato che l’Italia non fa festa dal 2017 (bis di Vincenzo Nibali, e chi se no?), di facce da ritrovare in cima al podio ne basterebbe una: le altre nove come contorno.

Tadej Pogacar. Vince perché in questa stagione non ha sbagliato un obiettivo, perché il trionfo mondiale gli ha dato ancora più motivazione, perché su percorsi come questo ha un passo che nessuno riesce a tenere. Non vince perché anche ai marziani come lui può capitare che un giorno l’astronave non funzioni.

Remco Evenepoel. Vince perché il confronto con Pogacar è uno stimolo irresistibile, perché vuol chiudere alla grande una stagione superba, perché con questa classica ha il conto aperto di un incidente dove ha rischiato la carriera. Non vince perché le fatiche dei Giochi e del Mondiale stanno cominciando a presentare il conto.

Marc Hirschi. Vince perché negli ultimi due mesi c’è riuscito quasi sempre, perché è abbastanza maturo per lasciare il segno nelle grandi classiche, perché in caso di giornata no di Pogacar c’è spazio anche per lui. Non vince perché le occasioni per riuscirci le ha quando non c’è Pogacar e qui deve tornare a fare il gregario.

Wilco Kelderman. Vince perché sta chiudendo la stagione in crescendo, perché i percorsi con tanta salita sono quelli che lo stuzzicano di più, perché in caso di giornata no di Pogacar c’è spazio anche per lui. Non vince perché non è mai stato un uomo da classiche e in questa non è sufficiente andare bene, ma bisogna andare benissimo.

Romain Bardet. Vince perché con questa classica ha un feeling speciale, perché è l’ultima volta che la corre prima di lasciare il ciclismo, perché in caso di giornata no di Pogacar c’è spazio anche per lui. Non vince perché arrivare spesso nei primi dieci nelle classiche più dure non significa anche  essere in grado di conquistarle.

Enric Mas. Vince perché questa è la classica in cui è andato più vicino a farlo, perché dalla Vuelta è uscito in ottime condizioni, perché in caso di giornata no di Pogacar c’è spazio anche per lui. Non vince perché rispetto agli uomini da corse in linea gli manca sempre qualcosa per lottare fino all’ultimo.

Michael Woods. Vince perché è perfetto per le corse più dure, perché se trova la giornata giusta è difficile lasciarlo indietro, perché in caso di giornata no di Pogacar c’è spazio anche per lui. Non vince perché a 37 anni può contare sulla forza dell’esperienza, ma contro i fenomeni in circolazione anche quella può far poco.

Davide Piganzoli. Vince perché in questa stagione è cresciuto corsa dopo corsa, perché il podio al giro dell’Emilia a 22 anni è una bella spinta sul morale, perché in caso di giornata no di Pogacar c’è spazio anche per lui. Non vince perché di gare in linea ne ha già disputate parecchie, ma questa non è come le altre.

Bauke Mollema. Vince perché è quello che meglio di tutti conosce questa classica e l’ha anche vinta, perché nelle corse dure è sempre difficile toglierselo di ruota, perché in caso di giornata no di Pogacar c’è spazio anche per lui. Non vince perché nelle ultime tre stagioni si è imposto solo in una crono e a 37 anni fatica a stare al passo dei più giovani.

Alexander Vlasov. Vince perché è la classica che gli riesce meglio, perché ha le caratteristiche giuste per reggere la corsa dura, perché in caso di giornata no di Pogacar c’è spazio anche per lui. Non vince perché non va a segno da marzo e per tutta la stagione non ha mai dato l’impressione di potersi avvicinare ai fenomeni del momento.

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