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NINO DANIELE A BLABLABIKE. «TORNARE A CORRERE? SERVONO ESAMI, RITIRI E UN NUOVO MODO DI LAVORARE»
di Giulia De Maio | 12/05/2020 | 07:57

Nell’ultima puntata di Bla Bla Bike abbiamo parlato della ripresa dell’attività per gli atleti professionisti dal punto di vista sanitario con Gaetano “Nino” Daniele, responsabile dello staff medico della Trek Segafredo. Il dottore romano, che in questi mesi sta lavorando in prima linea come medico di famiglia, vanta una lunga esperienza nel mondo del ciclismo e ci svela le linee guida che l’Unione Ciclistica Internazionale ha stilato per la ripartenza dopo l’emergenza coronavirus.
 
Dottore, so che è in costante contatto con i suoi colleghi delle altre squadre.
«Sì, da quando è scoppiata la pandemia, ed eravamo alla Parigi-Nizza, il direttore medico dell’UCI Xavier Bigard ha raccolto in una mailing list tutti i contatti dei responsabili medici dei singoli team. Ne è scaturito un confronto proficuo, a volte acceso per le tante opinioni contrastanti, ma che è servito per raccogliere le idee e lavorare a un protocollo operativo che dovrebbe essere approvato nel corso della prossima riunione dell’UCI. Questo “medical plan” per il ritorno all’attività prevede delle linee di indirizzo obbligatorie e altre fortemente raccomandate. In questa proposta, che personalmente trovo condivisibile, ci viene richiesto di sottoporre gli atleti ad una serie di controlli, ampliando la batteria di esami che già svolgiamo da regolamento per il controllo della salute quattro volte nel corso della stagione».
 
Nello specifico, che esami vengono richiesti prima che ripartano le gare?
«Una visita medica generale, una serie di esami del sangue per valutare le condizioni dei vari organi e apparati, un elettrocardiogramma a riposo. Inoltre dovremo proporre ai ragazzi due questionari, uno a indirizzo cardiovascolare e uno specifico per il discorso Covid-19. Per quanto riguarda l’ECG noi italiani siamo abituati a svolgerlo annualmente, è uno dei cardini della nostra visita di idoneità, ma in molti altri paesi, specialmente quelli anglosassoni, non è invece così comune e infatti molti colleghi stanno facendo qualche resistenza sulla obbligatorietà di questo esame in questo momento. Il razionale di questo esame sarebbe quello di evidenziare la presenza di aritmie o altre anomalie dell'ECG che potrebbero essere giustificate da una delle complicanze più temibili delle malattie virali: la miocardite». 
«Il programma medico che la Commissione Medica dell’UCI suggerisce ha due obiettivi fondamentali: ridurre il rischio individuale alla ripresa degli allenamenti dopo un così lungo periodo di inattività e ridurre il rischio di diffusione della malattia tra gli atleti e lo staff. A tal fine, prima di riprendere gli allenamenti e organizzare eventuali training camp viene suggerito di eseguire tamponi e test sierologici, in modo da valutare se il soggetto, sia esso un atleta o un componente dello staff tecnico, abbia contratto il Covid-19 o si sia trovato a contatto con pazienti Covid e capire come ha reagito il suo fisico a livello di immunità. Ovviamente se dal questionario emerge che l’atleta è in una condizione di rischio oppure si evidenziano anomalie o segni clinici sospetti per una infezione da Covid-19, è previsto un pacchetto di esami più approfonditi per meglio indagare l'apparato cardiovascolare e l'apparato respiratorio. Tutti questi esami dovranno essere effettuati nel periodo che va tra il 1 giugno e il 31 luglio, quindi prima di iniziare a correre ad agosto».
 
I tamponi però ora non ci sono nemmeno per le persone malate, figuriamoci per ragazzi e ragazze giovani e in salute. Soprattutto se non si tratta di calciatori… Mi permetta la provocazione.
«La accetto e, anzi, la condivido. A questo proposito per gli atleti italiani è attualmente prevista un'altra complicazione. Infatti le linee guida pubblicate il 4 maggio dall’ufficio per lo sport del nostro governo in seguito alle indicazioni dalla Federazione Medico Sportiva Italiana ci obbligherebbero ad una serie di controlli clinici e di laboratorio che, allo stato attuale delle cose, sono praticamente inapplicabili. Le strutture private non sono autorizzate a svolgere tamponi e gli esami sanguigni per il Covid-19 non sono stati ancora validati a livello internazionale. Se uno sportivo risultasse negativo al tampone obbligatorio e negativo alla ricerca degli anticorpi specifici, dovrebbe essere sottoposto ad un tampone ogni 4 giorni, cosa che tutti sanno che attualmente in Italia è praticamente impossibile. Comunque attendiamo il 18 maggio, sperando che gli assembramenti di questi giorni non ci facciano fare passi indietro».
 
Alla Trek-Segafredo come vi state attrezzando?
«Con il team manager Luca Guercilena e il responsabile delle performance Josu Larrazabal è già da un po’ che ci stiamo confrontando sul da farsi. Per fortuna c’è tempo, ma sarà necessario farsi trovare pronti. Non appena sarà possibile, vorrei fare un tampone, un test sierologico validato e un elettrocardiogramma a tutti, atleti e staff, prima di ricominciare effettivamente l’attività. Quando saranno riaperte le frontiere cercheremo probabilmente di organizzare uno o più ritiri collegiali, in cui raggruppare i corridori e fare tutti gli esami necessari. Nel caso permanessero blocchi alle frontiere dovremmo valutare l'ipotesi di dividerci in tre gruppi che faranno vita e attività a sé. Il primo con atleti e personale impegnati nel calendario italiano, il secondo in Francia e in Belgio e il terzo in Spagna, in cui confluirebbero oltre a spagnoli e portoghesi i ragazzi di altre nazionalità che fanno base a Girona e ad Andorra. Gli atleti ormai si sono fatti una cultura al riguardo, finora non abbiamo avuto problemi e sono certo saranno tutti iperattenti. Ricordo che già a febbraio, nella nostra newsletter interna mensile avevo presentato una ricerca che spiegava quali posti era meglio scegliere in aereo per ridurre il rischio di contagio da malattie infettive e i primi rudimenti sull'uso dei dispositivi di protezione individuale e sulle misure di igiene da ricordare sempre. L’attività così compressa sarà impegnativa per tutti, per noi che dovremo gestire da 2 a 4 competizioni contemporaneamente, tra uomini e donne, e per gli organizzatori che dovranno garantire la salute di squadre e addetti ai lavori».
 
Per pensare alle gare è presto, ma di idee ne avete già partorite numerose. 
«Sì. Siamo ancora in una fase prematura, ma stiamo lavorando, ci stiamo preparando ad affrontare i diversi possibili scenari, così che quando arriverà il momento delle decisioni avremo la via già ben delineata. Il principio di massima è di ridurre i contatti inter-personali, quindi il primo step sarà di suddividerci in gruppetti con staff dedicati, che svolgeranno allenamenti diversi e mangeranno in tavoli separati. Ci siamo fatti fare dei preventivi per dei grossi motorhome, tipo quelli usati nella Formula 1 per muoverci e usarli anche per dormire, evitando di andare in hotel. Le idee sono tante, ma per ora scriviamo tutto a matita e incrociamo le dita»
 
Avete corridori e staff provenienti da ogni angolo del mondo. Per il 1° agosto ci si potrà spostare da un Paese all’altro? Realisticamente, a Siena potremo ritrovarci serenamente per disputare la Strade Bianche maschile e femminile?
«Questo è lo scoglio più importante, lo sviluppo della pandemia è globale ma non uniforme, c’è uno squilibrio tra una Nazione e l’altra. Al momento nessuno dei governi ha riaperto le porte, quando ciò accadrà saranno molto probabilmente richieste nuove quarantene. A oggi, sinceramente, sono molto preoccupato, ma voglio continuare a pensare positivo e spero tanto che, pur avendo come obiettivo primario la salvaguardia della salute di tutti noi, si torni a correre e si riesca a partecipare alle competizioni previste dal nuovo calendario dell'UCI. La situazione evolve in modo graduale e non sempre completamente prevedibile. Sicuramente se ognuno di noi rispetterà le regole che ci sono state imposte per la salute pubblica è più facile che la nostra vita ritorni alla normalità in tempi ragionevoli».
 
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