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CASSANI. «SICUREZZA, BISOGNA RIFORMARE IL CODICE DELLA STRADA E INSEGNARE, EDUCARE»
di Angelo Costa | 02/12/2022 | 11:39

«Ridurre il numero di vittime della strada si può». Davide Cassani, già ciclista e ct della Nazionale, ha corso con Rebellin. Anche lui fa parte della categoria "mai senza bici": da ex, pedala regolarmente. Curiosamente, deve il suo ritiro dalle corse a un incidente stradale: in Francia, una vettura non lo vide e gli fracassò una spalla. Conosce i problemi di uno sport che si fa sulla strada e si batte per cercare di risolverli: partecipando a convegni, lanciando appelli, facendo proposte. Come quella di affrontare la questione in fretta, senza aspettare che la lista delle vittime si allunghi ancora.

Cassani, 103 ciclisti morti in incidenti nei primi otto mesi in Italia: un dato terribile.«Gliene sottopongo un altro: 2500 vittime nell’ultimo decennio. Dopo il calo negli anni del covid, il dato ricomincia a crescere: significa che sul fronte sicurezza non si sta facendo nulla».

Lei ha definito le auto un’arma.«Lo sono, perché causano la morte degli utenti più deboli, come ciclisti e pedoni. Se guidi in modo sbagliato, uccidi. Distrarsi al volante, con un telefono o altro, può avere conseguenze enormi».

Dove intervenire?«Servirebbe una visione a lungo raggio. Prendete l’Olanda: nel 1973 le vittime di incidenti stradali erano 3mila all’anno, quasi la metà ciclisti, dopo l’introduzione delle ciclabili i morti sono scesi a 600».

In Italia sarebbe già utile capire come farle, le ciclabili…«Se sono fatte bene, puoi fissare regole chiare, come obbligare i ciclisti a percorrere solo le strade riservate a loro. Abbassando il rischio, calano anche le cifre di questa tragedia».

Marco Scarponi, fratello di Michele, parla di Paese incivile e teme di non poter dare ai suoi figli una strada sicura: anche lei è così pessimista?«Io sono ottimista di natura, i mezzi per garantire la possibilità di spostarsi in bici ci sono».

Cosa propone?«Ogni amministrazione dovrebbe avere un ufficio che si occupi concretamente di questo aspetto: se nella mia Faenza ci sono tanti incidenti, devo studiare come farli calare. Siccome è un problema nazionale, partirei dal governo centrale a Roma e da lì a pioggia scenderei nelle realtà locali. Alcune città, come Bologna, hanno introdotto il limite dei 30 orari: già quello fa calare di un quarto gli incidenti».

Altri rimedi?«Dalle ciclabili protette alle bande sonore sulle strade extracomunali, fino all’obbligo del metro e mezzo di distanza quando si sorpassa un ciclista, le proposte sono tante. Servirebbe anche una forte campagna di sensibilizzazione nelle scuole, dalle elementari fino a quelle di guida, e sui giornali. E più controlli su chi guida, per fermare chi è sotto l’effetto di alcol o stupefacenti. Quando parliamo di sicurezza, parliamo dei nostri figli e di chi è vicino a noi».

Paradossale che si celebri la bici come mezzo ecologico per un futuro migliore e il ciclista sia il primo bersaglio.«E’ così. In Emilia stiamo cercando di copiare il Nord Europa sotto questo aspetto, ma vedo genitori che vietano ai figli di spostarsi in bici perché è pericoloso».

Ha citato altri Paesi: da chi prendere esempio?«La scelta è ampia. Nel Nord Europa, da tutti. Ad Amsterdam in 5 anni ridurranno i parcheggi e faranno percorsi cittadini per le bici. In Spagna hanno cambiato il codice, con l’obbligo del metro e mezzo per superare i ciclisti e forti multe per chi invade o parcheggia sulle ciclabili».

A proposito di codice, il nostro è fermo da decenni.«Non c’è la parola bici, si parla ancora di velocipede, come nell’Ottocento…».

A sentire gli automobilisti, anche i ciclisti non sempre sono corretti.«Sulla strada il rispetto deve essere reciproco. Serve educazione, servono strumenti ‘protettivi’, come le luci posteriori, che in alcuni modelli sono dotate di radar: per i più piccoli dovrebbero essere obbligatorie. Non costano tanto, in ogni caso è un investimento per la propria tranquillità».

Cassani, tutto ciò non le toglie la voglia di andare in bici?«Non posso rinunciare a un piacere che mi fa star bene e aiuta la mia salute. Dal giorno del mio incidente, prima che a me stesso penso sempre a ciò che possono fare gli altri, rallentando agli incroci e tenendo d’occhio gli automobilisti: è il mio modo di proteggermi».

da Il Resto del Carlino

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