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LE STORIE DEL FIGIO. BELLARIA, QUANDO SI DICE LA PASSIONE...
di Giuseppe Figini | 11/08/2019 | 07:49

Ha vissuto intensamente molti decenni di ciclismo Renzo Bellaria, giovanile “ragazzo del ‘46”, nato e sempre vissuto a Castano Primo, grosso centro in provincia di Milano, lambito dal Ticino e dal canale Villoresi, assai prossimo alla provincia di Novara e quindi al Piemonte.

E’ stata – e tuttora è – una sorta di doppia vita ciclistica quella di Renzo Bellaria che, al laboratorio di sartoria del padre, ha sempre contrapposto la passione per la bicicletta e, in linea con molti altri ragazzini della sua epoca, si applicava a pedalare con costanza e determinazione, senza comunque trascurare lo studio, mantenendo fede agli accordi e alle promesse in ambito familiare per non lasciare in secondo piano la scuola anche se il cuore batteva soprattutto per le due ruote.

E la carriera giovanile, tesserato con l’attiva società locale, il Pedale Castanese, lo vede conseguire, fra la categoria esordienti e allievi, una quarantina di vittorie, difendendosi bene sui differenti tipi di percorsi.

E’ passato poi nella categoria superiore vestendo la maglia della Vallese, società di Valle San Nicolao, comune del circondario di Biella, una società dove Renzo Bellaria aveva quali compagni di squadra Adriano Pella e Celestino Vercelli, poi buoni professionisti per varie stagioni e Renato Martinazzo, ottimo scalatore, più volte azzurro ma mai approdato al professionismo e che ritroverà poi alla Triplex di Ponzone dopo essere transitato per la Telewatt di Cinisello Balsamo, compagno di colori del lecchese Costantino Conti e del veronese Luciano Mischi, e la Bustese Olonia, longeva società, dove ha incontrato il veneto Emanuele Bergamo, fratello minore di Marcello, veneti d’origine ma trasferiti con la famiglia proprio a Castano Primo, nome noto nel ciclismo per meriti sportivi e quindi per rilevante attività imprenditoriale nel settore dell’abbigliamento delle due ruote con il marchio MB.

In questo girovagare Renzo Bellaria ha avuto modo di conoscere e stringere anche amicizia con molti che avrebbe poi, di lì a poco, ritrovati nel plotone dei professionisti quando lui, alla fine degli anni 1960, dopo il servizio militare, non essendosi concretizzato il suo passaggio al professionismo, scende dalla sella della bici quale agonista con un cospicuo bottino di una sessantina di vittorie, nelle varie categorie. E, senza soluzione di continuità, pure utilizzando sempre la bici per svago, sale sulla sella di una moto, il mitico Falcone della Guzzi, guidando al seguito delle corse della zona, con vari incarichi. Intanto, professionalmente, aveva iniziato l’attività commerciale collaborando con un’importante concessionaria Fiat di Castano Primo.

La passione lo porta a salire con la moto sullo Stelvio, sul sellino posteriore c'era la fidanzata Mariella, poi diventata sua moglie e madre dei due figli, Massimiliano, assiduo cicloamatore e Diego che, come il papà, si occupa della vendita di autovetture. L’occasione è il Giro d’Italia 1972 che, dopo l’arrivo e la partenza da Parabiago, a due passi da Castano Primo, propose il traguardo della frazione successiva a Livigno e quindi la breve ma tosta, tostissima, Livigno-Passo dello Stelvio. Il successo fu per il fiero scalatore spagnolo Josè Manuel Fuente davanti al connazionale Galdos e a Eddy Merckx, idolo ciclistico di Renzo Bellaria, che conservò comunque assai agevolmente la sua maglia rosa.

L’indomani, al ritrovo di partenza di Solda, Bellaria ebbe un primo, informale, contatto conoscitivo con Vincenzo Torriani e Giovanni Michelotti mentre s’intratteneva con Marcello Bergamo, Miro Panizza e altri suoi amici impegnati in corsa, per essere “arruolato”, lui e la sua moto, nel gruppo dei collaboratori del settore in moto de “La Gazzetta dello Sport-Organizzazioni”, l’attuale RCS Sport.

Passano pochi mesi e, all’inizio di settembre, è in programma il Giro del Piemonte, con partenza e arrivo allo stabilimento Siti di Marano Ticino, in provincia di Novara, e la scalata al Mottarone nel finale.

Renzo Bellaria con il suo Falcone Guzzi arriva poco prima della partenza e, con la praticità e determinazione che erano sue tipiche prerogative, Giovanni Michelotti lo invitò a ritirare il contrassegno di corsa per rendersi conto delle dinamiche di gara. Detto e fatto. Bellaria, dopo un breve inseguimento, con gli accrediti necessari, si accoda alla corsa e affianca la vettura Rai del torinese Sergio Gavosto, successore del suo concittadino Quaglia che aveva ricoperto a lungo la funzione, con il famoso, svettante, “tubo” sul tettuccio, che fungeva da antenna per ricevere e ritrasmettere le informazioni in corsa quale sorta di “ponte mobile”. Per la cronaca si impose Eddy Merckx, in un anno di particolare grazia, 2^ Felice Gimondi a 1’26” e, con lo stesso tempo, nell’ordine, Panizza, Enrico Maggioni e Van Springel.

Vive in prima persona, con la sua moto, il periodo di transizione del servizio di radionformazioni che per le gare Gazzetta era svolto dall’efficiente équipe francese della Klèber-Colombes fino alla fine del 1973 e del distacco della Rai dalla specifica attività di radio informazione ciclistica - in ottica contenimento costi - prima che, era il 1975, fosse messo in campo il nuovo servizio. Fu affidato all’ARI – Associazione Radioamatori Italiani – voluto da La Gazzetta dello Sport-Organizzazioni in coordinamento con la Lega Ciclismo Professionistico e la Federazione Ciclistica Italiana. Era il nucleo costitutivo del servizio di Radio Informazioni, quello che opera ancora oggi, e che ha in Enrico Fagnani (all’epoca giovanissimo studente di medicina poi affermato audiologo di livello internazionale nel settore), oggi come allora, il riferimento qualitativo di livello per competenza e passione condivisa con alcuni “storici” e validi collaboratori in quarantacinque anni e più d’attività in favore del ciclismo.

E fino al 2013 Renzo Bellaria, inscindibile il binomio con la sua moto, è sempre stato in testa alla corsa, pienamente accettato e favorito dal gruppo nel suo lavoro, per fornire, nomi, numeri, distacchi, distanze salvo qualche pausa che si concedeva, con delle “fughe in avanti” per fumare una sigaretta quando la corsa era calma. Altra sua caratteristica era di vincere sempre la speciale volata, immediatamente subito dopo l’arrivo, per giungere primo all’albergo, primatista assoluto in argomento. E Bellaria, al ricordo, sorride dicendo che lo faceva per favorire i colleghi fornendo loro le indicazioni “live”, in tempo reale, per facilitare loro l’individuazione della strada. Il suo lavoro l’aveva però compiuto con capacità e sensibilità intuitiva delle situazioni di corsa.

Ora continua ad andare in bicicletta con i molti amici pedalatori della sua zona e sovente, ritorna in sella alla moto, per dare una mano ad amici organizzatori di corse delle categorie giovanili. Quando si dice la passione...

 

 

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