Fino a venti giorni fa era un ciclista. Ma un meccanico ciclista, non un corridore ciclista. E – perdipiù - stringeva viti e bilanciava raggi nella bottega del suo storico e fiero avversario di sempre.
Settimana internazionale Coppi e Bartali. Dorsale 141. Elia Favilli, ventisette anni, azzurro fra i dilettanti, professionista dal 2011 al 2015, i primi due anni nella Farnese Vini, poi altri due nella Lampre, quindi nella Southeast. Cinque anni, vittorie zero, ma gregariato tanto, al Giro, al Tour, alla Vuelta, nelle classiche del nord. Alla fine del 2015, arrivederci e grazie. Favilli cerca ma non trova. E – come si dice in gergo – rimane a spasso. E siccome tiene famiglia, va a lavorare.
A offrirgli un posto, e una possibilità, è lo zio di Diego Ulissi. Il bello è che Ulissi e Favilli, fin dalla prima corsa, quando erano bambini, sono sempre stati rivali, avversari, addirittura – ma solo in corsa - nemici: a Donoratico, erano come Coppi e Bartali, come Gimondi e Merckx, come Moser e Saronni, così come a San Baronto il popolo del ciclismo si schiera ancora dalla parte di Vincenzo Nibali o da quella di Giovanni Visconti. Club, clan, comunità. Quel carnevale che anima e, più che dividere, moltiplica il ciclismo.
Favilli lavora la mattina nel negozio-officina dello zio di Ulissi, a Donoratico, a pochi metri dal traguardo del Gran premio Costa degli Etruschi. Bici da corsa e da passeggio, bici per tutti. Dalla sostituzione delle camere d’aria alla riparazione dei freni, dalla regolazione dei cambi alla perfezione della posizione. Poi, all’ora di pranzo, si cambia, sale in bici e si allena. Per non perdere il giro, per non perdere il Giro, per non perdere la speranza. Gli altri cominciano a correre, lui continua a lavorare. Finché in famiglia si organizza una riunione. E genitori e moglie, che lo vedono così giù, gli si stringono intorno e gli danno un’altra opportunità. Dai, vediamo se ce la fai. Favilli ottiene un posto nella Meridiana Kamen Team, squadra Continental, e un dorsale alla Coppi e Bartali.
Prima semitappa, volata, dove ci vuole anche abitudine, diciannovesimo. Seconda semitappa, cronosquadre, trentanovesimo. Seconda tappa, arrivo in salita, che non è il suo forte, quarantanovesimo. Terza tappa, altra volata, quindicesimo. Oggi, quarta e ultima tappa, più che una tappa, un tappone.
Elia – il nome, in greco, significa sole – s’illumina di ciclismo.
Dai, Elia, vediamo se ce la fai.
Marco Pastonesi