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DIECI FACCE DA FIANDRE
di Angelo Costa | 03/04/2021 | 14:21

Pur non abbracciato da un Paese intero, che tradizionalmente riversava in strada un milione di appassionati, il giro delle Fiandre anche in tempo di covid è vissuto dai belgi come la Pasqua. Per la data in cui si celebra, per il fascino del grande evento che mantiene intatto anche da blindato, con le strade chiuse al pubblico e le squadre chiuse in albergo fino all’ora della gara. Corsa ultracentenaria, unica grande classica a non fermarsi neanche con la guerra, per scenario e difficoltà è forse la più bella: lungo i 254 chilometri da Anversa a Oudenaarde, propone 19 muri e 17 tratti in pavé, un viaggio dove la fatica resta per tutti il primo avversario. Come da tradizione, il meglio arriva alla fine, con sette strappi nei cinquanta chilometri finali a scegliere il degno successore di grandi vincitori: fra questi anche nove italiani, con Fiorenzo Magni unico dei nostri a conquistarne tre, peraltro in fila. Anche qui, come già a Sanremo, si balla soprattutto su tre nomi (Alaphilippe, Van Aert e Van der Poel), con la consapevolezza che, come già a Sanremo, fantasia e coraggio sono la ricetta per ribaltare l’ovvio. Ecco le dieci facce che più o meno se la giocheranno.    

Julian Alaphilippe. Vince perché dopo Sanremo si è risparmiato solo per questa classica, perché quando si mette in testa una corsa difficilmente la sbaglia, perché vuol cancellare l’amaro debutto dello scorso anno quando si schiantò contro una moto di giuria che non doveva esser lì. Non vince perché vincere è dura, con la maglia iridata di più.

Wout Van Aert. Vince perché da quando ha ricominciato a correre su strada è sempre stato davanti, perché è il più atteso dai suoi connazionali belgi, perché un anno fa ha perso di poco e due gare in file non le sbaglia. Non vince perché correre sempre da protagonista prima o poi il conto lo presenta.

Mathieu Van der Poel. Vince perché è una corsa che gli piace, perché alla prima apparizione ha fatto quarto e alla seconda centro, perché se in marzo ha fatto bene in aprile può fare ancora meglio. Non vince perché i suoi avversari spesso riescono a correre per farlo perdere.

Kasper Asgreen. Vince perché scoppia di salute, perché al primo colpo ha subito sfiorato la vittoria, perché è di quelli che quando su un muro in pavé saluta la compagnia difficilmente lo rivedi. Non vince perché con Alaphilippe là davanti deve sottostare ai compiti di squadra, come del resto il suo compagno Lampaert.

Jasper Stuyven. Vince perché le corse sulle pietre sono le sue preferite, perché anche grazie a lui è il momento della Trek Segafredo, perché vincendo la Sanremo è scattata la molla per farlo restare fisso al vertice. Non vince perché una Sanremo si può conquistare con un colpo a sorpresa, qui serve molto di più.

Peter Sagan. Vince perché in nove partecipazioni una volta ha vinto e altre quattro ha chiuso nei dieci, perché dopo il covid ha ritrovato prima il morale (alla Sanremo) e poi la vittoria (in Catalogna), perché quando non parte favorito diventa pericolosissimo. Non vince perchè ne ha troppi da tener marcati stretti.

Giacomo Nizzolo. Vince perché con Colbrelli è l’italiano cresciuto di più nell’ultimo mese, perché sa regger bene sugli strappi, perché ha un’intera squadra che può proteggerlo quando serve. Non vince perché ha poca esperienza nelle corse al Nord e alla fine conta anche questo.  

Matteo Trentin. Vince perché è un altro che col passare delle settimane ha trovato la forma giusta, perché in corse del genere può giocarsela in più modi, perché può fare gioco di squadra col suo compagno Kristoff e avere l’ultima parola. Non vince perché correre all’altezza dei migliori non significa sempre essere il migliore.

Dylan Van Baarle. Vince perché è il più adatto alle classiche del Nord nella corazzata Ineos, perché questa gara l’ha già chiusa tre volte nei primi dieci, perché vincere la Attraverso le Fiandre dopo 50 km di fuga è un segnale di salute. Non vince perché dovrà dividersi i compiti di prima punta col talentino Pidcock.

Greg Van Avermaet. Vince perché dopo tre podi e otto piazzamenti è pronto per farlo, perché dopo due anni senza vittoria è ora di interrompere il digiuno, perché quelli come lui prima o poi la corsa che amano la conquistano anche. Non vince perché rispetto alla giovane concorrenza gli manca sempre un pelo.

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