La bici è passione. Idrio Bui, l’altro giorno, all’Eroica di Montalcino: “Prima quella della mamma. Per non farla sembrare da donna, le misi un’assicella di legno fra manubrio e sella. E con quella gareggiavo con i miei amici. E con quella li battevo. Mi bastava una salitella per lasciarli alle mie spalle”.
La corsa è coincidenze. Marcello Osler, l’altro giorno, all’Eroica di Montalcino: “Quando si incontrava un funerale, ero contento. Sapevo che avrei vinto. Succedeva sempre così”.
La corsa è anche astuzia. Pietro Campagnari, l’altro giorno, all’Eroica di Montalcino: “Tappa del Giro di Puglia 1973. Fuga a due, io e Osler, ma io quattro anni – di esperienza e professionismo - più di Osler. Quando gli andavo davanti, bevevo, e quando gli andavo dietro, mangiavo. Lui mi copiava, però mi vedeva soltanto bere, beveva, e andò in crisi di fame. Vinsi per distacco”.
Il ciclismo è sfida, lotta, battaglia. Marzio Bruseghin, l’altro giorno, all’Eroica di Montalcino: “C’è un punto in cui si arriva al confine con le proprie forze, energie, possibilità, e poi, a volte, si superano, e si entra in un nuovo territorio, spazio, corpo”.
Il ciclismo è anche sofferenza. Marzio Bruseghin, l’altro giorno, all’Eroica di Montalcino: “Esiste la fatica, e il mal di gambe, e quelli ci sono, più o meno, sempre. Poi esiste la sofferenza, e il dolore, e quelli ci sono soltanto qualche volta. Ma si assommano, si accumulano, si stratificano. E raggiunto un certo peso, oltre quel certo peso, non si può più, non se ne può più. Ed è lì che comincia il declino di un atleta”.
Il Giro d’Italia è memoria. Idrio Bui, l’altro giorno, all’Eroica di Montalcino: “Il Giro del 1961. Correvo nella Fides, la seconda squadra del patron Giovanni Borghi, che aveva già l’Ignis. Facevo il gregario per Arnaldo Pambianco. In salita stavo dietro di lui: un po’ perché, se avesse avuto bisogno di una ruota, gli avrei dato la mia, e un po’ per spingerlo, anche se non si poteva”.
Il Giro d’Italia è scuola. Franco Mori, l’altro giorno, all’Eroica di Montalcino: “Gregario. Fra tanti capitani, quello con cui mi trovavo meglio era Michele Dancelli. Mi piaceva il suo modo di correre, all’attacco. Faceva tutto da solo, non aveva bisogno di niente”.
Il Giro d’Italia è gratitudine. Pietro Campagnari, l’altro giorno, all’Eroica di Montalcino: “Gregario di Eddy Merckx. Erano dieci anni che non lo sentivo. Lo invitai a una corsa che organizzo per gli under 23. Mi disse di sì e venne”.
Il Giro d’Italia è emozioni, sensazioni. Ercole Gualazzini, l’altro giorno, all’Eroica di Montalcino: “C’erano momenti in cui andavo così forte che correvo anche dietro le moto”.
E la vita, la vita del corridore è privilegio, tesoro, fortuna. Paolo Fornaciari, l’altro giorno, all’Eroica di Montalcino: “La fortuna di incontrare e conoscere persone, la fortuna di esplorare e scoprire luoghi, la fortuna di costruirsi storie e racconti, la fortuna di vivere anche a forza e ritmo di pedali”.
Marco Pastonesi